Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29850 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29850 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da

KOSTIC Slavoljub nato in Serbia il 13/05/1970

KOSTIC Nadeza nata in Serbia il 17/01/1973

SENTENZA AMOTIVAZIONE
SEMPLIFICATA

avverso la sentenza del 20/01/2015 della Corte di Appello di Milano;
PARTE CIVILE: SCACCHI Ermanno
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchìo;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorso.

FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 20/01/2015 la Corte di Appello di Milano confermava la
decisione del Tribunale di Vigevano del 05/06/2012 di condanna di Kostic
Slavoljub e Kostic Nadezda alla pena – il primo – di tre anni, sei mesi ed C
1.800,00 di multa e – la seconda – di tre anni, mesi due di reclusione ed C
1.600,00 di multa perché ritenuti responsabili dei reati di cui ai capi A) circonvenzione di persona incapace, consumata e tentata – e B) – violenza
privata aggravata – unificati dal vincolo della continuazione: con la stessa
sentenza gli imputati erano stati condannati al risarcimento dei danni in favore
della vittima dei reati, Sacchi Ermanno, costituitasi parte civile.

Data Udienza: 23/06/2016

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi i Kostic,
tramite il comune difensore di fiducia, eccependo la violazione dei criteri previsti
dall’art. 192, comma 3 cod. proc. pen. in tema di valutazione del compendio
probatorio e l’immotivato diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Con il primo motivo i ricorrenti, sotto il profilo del vizio di motivazione, tentano
di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito anche dopo la

febbraio 2006 n.46 che ha lasciato inalterata la natura del controllo demandato
alla corte di Cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi
ad una valutazione di merito.
Nel caso di specie va anche ricordato che con riguardo alla decisione in ordine ai
ricorrenti ci si trova dinanzi ad una c.d. “doppia conforme” per cui non può
superarsi il limite del “devolutum”. Il giudice di appello ha infatti esaminato lo
stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo aver preso atto
delle censure degli appellanti, è giunto alla medesima conclusione della sentenza
di primo grado, giustificando il giudizio di responsabilità con argomentazioni
immuni da vizi logici ed evidenziando a tal fine le fonti di prova (pag. 7 della
sentenza impugnata), i principi di diritto che disciplinano la fattispecie – e, in
particolare, il delitto di circonvenzione di incapace – (pag. 8), gli elementi
materiali della condotta (pagg. 8 e 9).
Anche per le attenuanti generiche la motivazione è esente da censure, avendo
correttamente i giudici di merito fatto riferimento alla gravità della condotta ed
all’intensità del dolo nonché alla mancanza di elementi positivi apprezzabili ai fini
della riduzione di pena.
Il ricorso è pertanto inammissibile e, come tale, inidoneo a instaurare un
regolare rapporto processuale di impugnazione, con la conseguenza che la
sentenza impugnata passa automaticamente in cosa giudicata e resta precluso
qualsiasi accertamento di sopravvenute cause di non punibilità quali l’eventuale
prescrizione del reato successiva alla sentenza di secondo grado (a tale data non
era comunque maturato il termine massimo di prescrizione per i periodi di
sospensione determinati dai rinvii di udienza per malattia del difensore).
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento e ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle

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modifica normativa dell’articolo 606 cod. proc. pen. lett. e) di cui alla legge 20

Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il giorno 23 giugno 2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Sentenza a motivazione semplificata

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