Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29849 del 16/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29849 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Ferri Berardo, nato a Teramo, il 13/03/1972,
avverso la sentenza n. 2438/2013 della Corte d’appello di L’Aquila, sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Oscar Cedrangolo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Francesco Iadecola, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 11/07/2014, la Corte di appello di L’Aquila,

confermava la sentenza del Tribunale di Teramo, in data 10/05/2013, che
aveva condannato Ferri Berardo alla pena di anni 3 mesi 6 di reclusione ed
C. 600,00 di multa per il reato di estorsione continuata, nonché al
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Data Udienza: 16/06/2016

risarcimento dei danni risentiti dalla costituita parte civile da liquidarsi in
separato giudizio e al rimborso delle spese di costituzione e difesa che
liquidava nella complessiva somma di euro 1.647 per onorari oltre accessori
come per legge.

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale

pagamento delle ulteriori spese ed al rimborso delle spese di patrocinio del
grado in favore della parte civile, che liquidava in euro 1.800 oltre al
rimborso delle spese generali;

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo dei suoi
difensori di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:

1) violazione dell’art. 606, lettera c), c.p.p. in relazione all’art. 179 c.p.p.
Al riguardo si duole della irregolarità della notifica del decreto di citazione
in appello all’udienza del 11/7/2014 eseguita nei confronti dell’imputato.
Tale notifica non si è perfezionata per mancata consegna del plico a
domicilio dovuta ad irreperibilità del destinatario e non risultano eseguiti
altri adempimenti previsti “qualora l’ufficio postale restituisca il piego per
irreperibilità del destinatario”. Nonostante ciò il giudizio di secondo grado è
stato egualmente celebrato. Si verserebbe quindi nell’ipotesi di nullità
assoluta ex art. 179, primo comma, c.p.p.
2) vizio di motivazione sulla valutazione delle dichiarazioni del teste
Candria Stefano ed alle dichiarazioni spontanee dell’imputato.
In particolare, deduce che non si è valutato quanto affermato dal teste in
merito al fatto che la scrittura fosse stata concordata e voluta da entrambi
gli amanti e alla totale assenza di una condotta estorsiva.
3) vizio di motivazione in riferimento al giudizio di credibilità della parte
offesa. Al riguardo deduce che apparirebbe incoerente ed inverosimile il
racconto nella parte in cui la Lattanzi aveva affermato che decise di
andare via da casa per accompagnarsi con il prevenuto perché aveva
paura di lui e per proteggere i suoi congiunti.
4.

La parte civile Lattanzi Wilma ha depositato memoria con

contestuali conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma
delle statuizioni civili.

2

responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti e lo condannava al

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti

nel gíoudizio per cassazione o, comunque, manifestamente infondati.
2.

Per quanto riguarda il primo motivo, la censura è inammissibile. Dal

verbale di causa risulta che all’udienza dell’Il luglio 2014 l’imputato
risultava libero presente. Pertanto l’eventuale nullità della notifica

dell’art. 184, 1° comma, cod. proc. pen. Va comunque precisato che anche
la prima notifica risultava regolare in quanto con l’atto d’appello è stata
allegata una dichiarazione dell’imputato il quale elegge domicilio in Roseto
degli Abruzzi, via Fosse Ardeatine, 26, ma nello stesso foglio compare
anche l’indirizzo di Castelnuovo Vomano dove l’avviso è stato notificato a
mani della madre convivente.
3.

Ugualmente inammissibili sono le censure sollevate con il secondo e

terzo motivo di ricorso. Secondo il costante insegnamento di questa
Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una
‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che
possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa,
e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per
tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le più
recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
Nel caso di specie le questioni sollevate dal ricorrente attengono alla
valutazione delle prove e si risolvono in censure in fatto perché tendono a
provocare un intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa
rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dai giudici del merito. In
particolare, la Corte, rispondendo alle critiche dell’appellante in merito
all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, ha rilevato che nelle
dichiarazioni della Lattanzi non si ravvisano quelle contraddizioni ed
incongruenze che ne dimostrerebbero l’inattendibilità, osservando che: «il
racconto della donna appare logico e coerente e non si ravvisano concreti
elementi che possano far pensare ad un ordito calunnioso, che ancor meno
sarebbe plausibile se fosse vero che la predetta era liberamente
determinata a lasciare il marito per accompagnarsi definitivamente con il
prevenuto”. La Corte territoriale ha richiamato il percorso psicologico che ha

portato la Lattanzí a rivelare al marito la sua relazione extraconiugale e le
3

dell’avviso della nuova udienza fissata per 1’11 luglio, risulta sanata ai sensi

pretese estorsive del Ferri, osservando che:”non si è quindi trattato di una
iniziativa di denuncia ritorsiva o dovuta a ragioni sospette, ma di un
racconto liberatorio fatto al marito con spontaneità e sofferenza, indice di
assoluta veridicità». Né argomenti contraddittori alle conclusioni assunte
possono rinvenirsi dalla deposizione del teste Candria Stefano, il quale ha
riferito la versione confidatagli dall’imputato circa la formazione della falsa
ricognizione di debito sottoscritta dalla Lattanzi.

dell’imputato in punto di credibilità del narrato della persona offesa, con
motivazione congrua e priva di vizi logico giuridici, come tale incensurabile
in questa sede.
4.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento alla Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 16 giugno 2016

Il Consigliere estensore

La Corte d’appello, pertanto, ha legittimamente respinto le obiezioni

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