Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29846 del 30/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29846 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IENO DOMENICO N. IL 08/06/1967
avverso la sentenza n. 2614/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del
27/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/04/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr.ssa Di Nardo Marilia, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Chiavari, all’esito di giudizio
abbreviato, aveva ritenuto Ieno Domenico responsabile di Bancarotta fraudolenta

srl (capo A), nonché di sostituzione di persona (capo B), sostituzione di persona
e falso (capo C) e falso in scrittura privata (capo D); ritenuta la continuazione tra
i reati suddetti e quelli giudicati con sentenza del Tribunale di Chiavari del
22/5/2008, esecutiva il 15/3/2011, lo aveva condannato alla pena complessiva
di anni nove di reclusione, così determinata:
– pena base per il reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo A), anni tre di
reclusione, aumentata ad anni sei di reclusione per continuazione con i reati di
cui ai capi B)-C)-D) della medesima sentenza, diminuita per il rito ad anni
quattro di reclusione, aumentata per la continuazione con i reati di cui alla sopra
indicata sentenza del 22/5/2008 ad anni nove.

2. Contro la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare aveva interposto
appello il solo imputato lamentando: a) la mancata concessione delle attenuanti
generiche; b) l’eccessività della pena applicata per i reati di cui al presente
procedimento; c) l’eccessività dell’aumento, per continuazione, della pena
relativa ai reati giudicati con sentenza del Tribunale di Chiavari del 22/5/2008.

3. La Corte d’appello, investita dall’impugnazione dell’imputato, ha – con la
sentenza impugnata – rigettato la richiesta di concessione delle attenuanti
generiche e, pur confermando nel risultato finale la pena da irrogare
all’imputato, ha rideterminato la pena nel modo seguente:
– anni cinque di reclusione per il reato di circonvenzione d’incapace giudicato con
sentenza del Tribunale di Chiavari del 22/5/2008, aumentata di anni due di
reclusione per i reati giudicati dallo stesso Tribunale di Chiavari (mesi sette per il
reato di truffa aggravata, mesi tre per la sostituzione di persona, mesi due per
falso in scrittura privata, mesi sette per truffa aggravata, mesi due per
sostituzione di persona, mesi tre per falso in certificazione amministrativa),
ulteriormente aumentata di anni due di reclusione per i reati satellite di cui al
presente procedimento (un anno e due mesi di reclusione per la bancarotta,
quattro mesi per la sostituzione di persona, tre mesi per la sostituzione e il falso,
tre mesi per il falso in scrittura privata).
2

patrimoniale e documentale in relazione al fallimento della Tecno Edil Costruzioni

4. Contro la • sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato sia
personalmente che a mezzo del difensore, avv. Mario Iavicoli.
4.1. L’avv. Iavicoli lamenta, con unico motivo, la violazione dell’art. 81 cod. pen.,
perché, a suo giudizio, la Corte d’appello “è andata oltre al petitum richiesto in
sede di motivi di gravame”. Deduce di aver appellato la sentenza del Giudice
dell’udienza preliminare perché questi aveva errato nella determinazione della
pena, avendo applicato, per continuazione, una pena superiore a quella

e con una sostanziale reformatio in peius, ha rideterminato la pena: cosa che
non le era consentito, stante la mancanza di appello del Pubblico Ministero.
4.2. Ieno Domenico propone tre motivi di ricorso con atto del 20/2/2015.
Col primo lamenta l’erronea applicazione dell’art. 166 cod. proc. pen. e “la
manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 649 c.p.p.”. Deduce
che, essendo stato dichiarato interdetto in altri procedimenti, le notifiche relative
agli atti del procedimento andavano effettuate anche al tutore e agli altri “due
difensori”. Chiede, inoltre, che gli venga “applicato il bis in idem, ex art. 649
c.p.p.”, perché “il tale procedimento è già stato ampiamente discusso e descritto
dal Tribunale di Chiavari nel procedimento sentenziato in data 22.5.2008”.
Col secondo si duole del mancato riconoscimento dell’attenuante dell’art. 89 cod.
pen., riconosciutagli in altri procedimenti.
Col terzo lamenta la•violazione degli artt. 62/bis, 81 cpv, 132 e 133 del cod. pen.
e la mancanza o manifesta illogicità della motivazione esibita, al riguardo, dalla
Corte d’appello. Con lo stesso motivo chiede che gli “siano riconosciute le
attenuanti di cui all’art. 62 n. 4 c.p., atteso l’importo delle singole truffe”, e
dell’art. 89 c.p.
4.3. Con altro ricorso, depositato al Tribunale di La Spezia il 12 marzo 2015 e
pervenuto a questa Corte il 9/4/2015, l’imputato si duole “della mancanza di
logica con cui il giudice di secondo grado ha interpretato le prove acquisite
nell’ambito del procedimento de quo” e della incompletezza della sentenza ” in
riferimento alla ricostruzione di un discorso giustificativo in merito al mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche invocate”. Lamenta, inoltre, una
carenza di motivazione “in relazione alla necessità di valutare la congruità della
pena”, non essendosi tenuto conto dell’esistenza di “una perizia che accertava la
seminfermità dell’imputato e lo stato di detenzione che impediva allo Ieno di
essere presente al momento della pronuncia di condanna”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3

C-A

determinata per la pena base. La Corte d’appello, invece, andando ultra petitum,

Tutti i motivi di ricorso – sia quello proposto dal difensore che quelli
proposti personalmente dall’imputato – sono manifestamente infondati.

1. Il primo ed unico motivo compiutamente argomentato – anche se infondato è quello proposto dal difensore di Ieno. In merito, va detto che il giudice
di appello, nel limite della pena complessivamente inflitta dal giudice di primo
grado, può, anche in assenza di impugnazione del pubblico ministero, senza
incorrere nel divieto di “reformatio in peius”, proporzionare meglio

attenuanti o per la continuazione, in considerazione di una diversa valutazione
della gravità dei fatti ovvero di una diversa qualificazione dei medesimi (Cass., n.
2224 del 4/5/1990; Cass., n. 804 del 6/12/1993; Sez. 3, n. 25606 del
24/03/2010; Cass. .n. 12136 del 2/12/2011; Cass., n. 32050 del 31-1-2013).
Come è stato precisato da lunga data, il divieto della “reformatio in peius” fissato dall’art. 515 cod. proc. pen. del 1930 e, successivamente, dall’art. 597
cod. proc. pen. del nuovo codice di rito – non può condizionare i poteri di
cognizione e di decisione del giudice del gravame che è legittimato a dare al
reato una definizione giuridica diversa ed anche più grave di quella attribuitagli
dal giudice che ha pronunciato la impugnata sentenza e, nel caso in cui sia stato
richiesto dall’appellante il riconoscimento del vincolo della continuazione, ad
individuare, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., la violazione più grave, con l’unico
limite, fissato dalla stessa norma, di non irrogare, nel primo caso, una pena di
maggiore entità o gravità rispetto a quella già inflitta e, nell’altro, di
determinarla, conformemente alla finalità dell’istituto, in misura
complessivamente inferiore alla quantità che risulterebbe, in applicazione della
regola del cumulo materiale, dalla sommatoria delle singole pene inflitte per i
singoli reati (SU, n. 4460 del 19/1/1994). Tale principio, affermato con riguardo
all’ipotesi

in

cui la continuazione era stata negata dal primo giudice e

riconosciuta in appello, vale, a maggior ragione, nel caso in cui già il giudice di
primo grado abbia ravvisato il vincolo della continuazione tra i reati ed il giudice
d’appello sia stato chiamato a valutare la correttezza del procedimento di
determinazione della sanzione – sia sotto l’aspetto della individuazione del reato
più grave che della congruità degli aumenti di pena per i reati satellite – in
quanto il divieto di reformatio in peius concerne la parte dispositiva della
sentenza e non si estende alla motivazione della stessa, nella cui formulazione il
giudice non può subire condizionamenti a seguito del dedotto gravame (o, nel
caso di giudizio di rinvio, del disposto annullamento). Né risulta contraddetta la
regola, pure fissata dalla Sezioni Unite della Corte, per la quale, nel giudizio di
appello, il divieto in argomento non riguarda solo l’entità complessiva della pena,
ma anche tutti gli elementi che concorrono alla sua determinazione, in quanto
4

la pena base e gli aumenti o diminuzioni per le circostanze aggravanti o

tale principio è stato enunciato con riferimento alla particolare ipotesi nella quale
il giudice di secondo grado, escludendo una circostanza aggravante e, per
l’effetto, rideterminando una sanzione inferiore a quella applicata in precedenza,
non può fissare la pena base del calcolo in misura superiore rispetto a quella
determinata in primo grado (v. Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, William
Morales, Rv. 232066): situazione evidentemente diversa da quella considerata
nel caso oggi in esame nel quale, come si è anticipato, non è stata operata la
esclusione di alcuna circostanza aggravante, ma la pena per il reato continuato è

erroneamente ritenuto più grave dal giudice di prime cure, aumentata per la
continuazione con altri, meno gravi reati “satellite”.

2. I motivi di ricorso proposti personalmente da Ieno Domenico con atto del
20/2/2015 sono inammissibili per mancanza di specificità e di autosufficienza e
per intervenuta preclusione, in quanto:
– è assertiva la dedotta “interdizione” e la necessità di procedere alle notificazioni
presso il tutore;
– è assertiva la nomina di “altri due difensori”, di cui non sono nemmeno indicate
le generalità;
– la sentenza del Tribunale di Chiavari del 22.5.2008 ha avuto ad oggetto reati
diversi da quelli giudicati con la sentenza impugnata, tant’è che è stata ravvisata
la continuazione tra i reati;
– il vizio parziale di mente va valutato in relazione ai singoli reati per cui
l’imputato viene giudicato. Pertanto, nessun rilievo avrebbe – se dimostrata – la
circostanza che quel vizio è stato riconosciuto sussistente – in capo a Ieno – in
altri procedimenti e in relazione ad altri reati;
– assolutamente generiche sono le doglianze concernenti la commisurazione della
pena e la negazione delle attenuanti, posto che non sono minimamente
evidenziati gli aspetti di illogicità che affliggerebbero – secondo il ricorrente l’impugnata sentenza;
– parimenti generiche sono le doglianze contenute nel ricorso del 12 marzo 2015,
relative alla valutazione delle prove (oltre, che, ancora una volta, alla negazione
delle attenuanti generiche e della diminuente della seminfermità), nonché allo
“stato di detenzione che impediva allo Ieno di essere presente al momento della
pronuncia di condanna”, posto che nessuna critica congruente è mossa
all’apparato motivazionale della sentenza che concerne l’affermazione di
responsabilità, mentre l’assenza dell’imputato alla pronuncia della condanna non
è ricollegata ad alcuna situazione che abbia giuridica rilevanza.

5

stata ricalcolata partendo da una pena base per un reato diverso da quello

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, ravvisandosi profili di colpa nella
proposizione del ricorso, al versamento di una somma a favore della Cassa delle
ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si stima equo determinare in Euro
1.000.

P.Q.M.

spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/4/2015

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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