Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29844 del 30/04/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 29844 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA GIOVANNA N. IL 07/10/1968
avverso la sentenza n. 3622/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
10/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/04/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr.ssa Di Nardo Marilia, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Udito, per la ricorrente, l’avv. Fabio Foci, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Venezia, ha condannato Bevilacqua Giovanna per bancarotta semplice impropria
per avere, quale co-amministratrice fino all’1/10/2007 della Rogra s.r.I.,
dichiarata fallita 1’11/6/2009, concorso ad aggravare il dissesto della società
omettendo di porla in liquidazione nonostante l’intervenuta perdita del capitale
sociale fin dall’esercizio chiuso al 31/12/2004.

2.

Contro la sentenza suddetta ha proposto personalmente ricorso per

Cassazione l’imputata lamentando: a) l’erronea applicazione degli artt. 43 cod.
pen., 217 e 224 L.F.; b) la mancata assunzione di una prova decisiva (la
testimonianza della dott.ssa Rebustello, che avrebbe dovuto deporre sulla
situazione effettiva della Rogra srl, sia in ordine ai ruoli effettivi degli
amministratori che “in ordine alla volontà della signora Bevilacqua di uscire dalla
società a fronte della negazione del Pin di voler affrontare i problemi economicopatrimoniali esistenti e in più occasione rappresentati”); c) l’illogicità della
motivazione con cui è stata affermata la sussistenza dell’elemento soggettivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non può essere accolto.
1. Il giudice di primo grado ha espressamente ritenuto la superfluità della prova
dedotta dall’imputata (la testimonianza della dott.ssa Rebustello) ed ha revocato
la relativa ordinanza di ammissione, anche se in modo anomalo (“non ammette
l’altra prova della difesa”, laddove la prova era già stata ammessa). Il motivo in
rito è, pertanto, infondato, dacché il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare
espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di
suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne
implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad
affermare o negare la responsabilità del reo (Cass., n. 11907 del 13/12/2013. In
senso conforme: N. 8891 del 2000 Rv. 217209, N. 40496 del 2009 Rv.
245009, N. 47095 del 2009 Rv. 245996, N. 24294 del 2010 Rv. 247872, N.
30774 del 2013 Rv. 257741). Nella specie, la Corte d’appello ha motivato il
2

1. Il Tribunale di Treviso, con sentenza confermata dalla Corte di appello di

diniego di escussione del teste in considerazione della ritenuta completezza
dell’istruttoria dibattimentale e della ritenuta sussistenza degli elementi
necessari alla formulazione del giudizio di sua competenza, per cui – ferma la
legittimità del provvedimento relativo alla prova – la doglianza della parte va
esaminata – come di seguito verrà fatto – avendo mente alla sufficienza
argomentativa del giudizio di responsabilità.

2. La ricorrente non svolge considerazioni in ordine all’elemento oggettivo della

sentenza, laddove è detto che “essendosi verificata nell’esercizio 31/12/2004 e
nei due esercizi successivi la diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo a
causa di perdite, la Bevilacqua non aveva, come la legge le imponeva di fare,
posto in liquidazione la società, ovvero provveduto alla sua ricapitalizzazione”
(pag. 3). Il punto, pertanto, non è in discussione.
In realtà, Bevilacqua, ripropone in questa sede la tesi della mancanza
dell’elemento soggettivo, escluso, a suo giudizio, dallo stato di “sottomissione
psicologica” in cui si trovava rispetto al co-amministratore (Pin Corrado) e
ravvisa, nella pronuncia impugnata, con riguardo alla ritenuta irrilevanza dello
stato suddetto, una violazione di legge e un vizio di motivazione. Non è dato
comprendere, però, né la ricorrente spiega, quale sia la norma di legge violata,
né dove risieda l’illogicità della motivazione, posto che non contesta di essere
stata amministratrice della società nel periodo in cui questa proseguiva l’attività
nonostante l’intervenuta perdita del capitale sociale, né contesta – anzi,
esplicitamente ammette – di essere stata a conoscenza della condizione di
sottocapitalizzazione in cui versava la Rogra srl, tant’è che sollecitò in più
occasioni – sostiene – il co-amministratore ad adottare gli opportuni
provvedimenti. Senonché, tali “sollecitazioni” non la esimono da responsabilità,
dal momento che gravava su di lei, amministratrice di diritto, l’obbligo di agire
per risolvere la situazione antigiuridica in cui versava la società ed evitare che
dalla prosecuzione dell’attività derivassero alla società – e ai diritti dei creditori altri rilevanti danni. L’elemento soggettivo della bancarotta semplice
patrimoniale prevista dall’art. 217, comma 1, n. 4, L.F., è dato, infatti, dal dolo o
dalla “colpa grave” che deve investire lo stato di dissesto (rectius, la sua
conoscenza) e l’attitudine degli atti omissivi o commissivi – posti in essere nelle
condizioni sopradette – ad aggravare la condizione economica della società:
consapevolezze che sono state logicamente ritenute sussistenti per Bevilacqua,
posto che la prosecuzione dell’attività sociale in una condizione di prolungata
sottocapitalizzazione, aggravata nel corso di tre esercizi, rendeva evidente anche
all’amministratore meno attento che la garanzia patrimoniale dei creditori rappresentata dai beni sociali – ne sarebbe rimasta pregiudicata.

3

bancarotta semplice, astenendosi dall’aggredire, sul punto, la motivazione della

Né esclude l’elemento soggettivo la situazione di “sottomissione psicologica” in
cui – a suo dire – versava, posto che, a parte la fumosità dell’espressione, solo
una situazione di forza maggiore avrebbe avuto – nella specie – efficacia
scriminante: situazione nemmeno invocata dalla ricorrente.
Il ricorso va pertanto rigettato e la ricorrente condannata al pagamento
delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30/4/2015

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA