Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29841 del 08/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29841 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:
1) Colorisi Demetrio, nato a Cinquefrondi il 10/03/1983,
2) Pratticò Pietro, nato a Gioia Tauro il 14/07/1982,
3) Strangio Angela, nata a Locri il 19/02/1980,
4) Strangio Teresa, nata a Locri il 21/12/1976
avverso la sentenza del 13/10/2015 della Corte di Appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
uditi i difensori:
avv.Sisto Giovanni Vecchio per Pratticò Pietro;
avv. Curatola Antonino per Colorisi Demetrio;
avv. Renato Fortunato Russo per Strangio Teresa;
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Data Udienza: 08/06/2016

avv. Paolo Carnuccio per Strangio Angela;
che hanno concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone
l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Reggio Calabria, in parziale

la pena inflitta a Colorisi Demetrio e Strangio Teresa, in ordine ai capi A) ed E)
della rubrica loro ascritti, in anni sette e mesi quattro di reclusione ciascuno, la
pena inflitta a Strangio Angela, in ordine ai reati di cui ai capi A) E), F) e G) in
anni otto di reclusione e quella inflitta a Pratticò Pietro, in ordine ai capi A), H)
ed I) in anni sei e mesi otto di reclusione.
La sentenza impugnata è stata pronunciata in seguito ad annullamento con
rinvio della Corte di Cassazione in ordine alla rideterminazione della pena quanto
al reato di partecipazione all’associazione di tipo mafioso denominata
‘ndrangheta di cui al capo A) della rubrica, contestato a tutti e quattro i ricorrenti
e ritenuto più grave; la prima sentenza di appello, oggetto di controllo di
legittimità, aveva escluso, con riguardo a tale reato, l’aggravante della
cosiddetta transnazionalità, di cui all’art. 4 legge n. 146 del 2006.
La Corte di Appello perveniva a determinare le sanzioni nei confronti degli
imputati ponendo come base del calcolo la pena di anni nove di reclusione
prevista per il reato di associazione mafiosa aggravato dall’art. 416 bis, comma
4, cod. proc. pen., sulla quale calcolava, per ogni imputato, gli aumenti per
continuazione e la riduzione per il rito abbreviato.
2. Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro difensori e con distinti
atti, dal contenuto pressoché sovrapponibile.
Lamentano violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al calcolo della
pena, dal momento che la Corte di Appello avrebbe dovuto fissarla senza tenere
conto dell’aumento di cui al comma 4 dell’art. 416 bis cod. pen., che sarebbe
stato invece considerato attraverso una indebita “integrazione di motivazione”,
nonostante la sentenza di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione
avesse imposto di ridurre di un terzo l’originaria pena base di anni dieci di
reclusione calcolata in primo grado, per effetto della esclusione dell’aggravante
della transnazionalità. Per il che, la Corte di Appello avrebbe violato il divieto di
reformatio in peius.
La ricorrente Strangio Angela lamenta anche violazione di legge sostenendo che
a seguito dell’annullamento con rinvio della Corte di cassazione, la Corte

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riforma della sentenza del G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria, rideterminava

territoriale avrebbe dovuto rivalutare anche gli aumenti per la continuazione
relativi ai reati satelliti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono infondati.
1.E’, in primo luogo, da escludere che alla Corte di Appello, secondo quanto
sostenuto da Strangio Angela, sia stato devoluto in sede di giudizio di rinvio

posti in continuazione con quello di cui al capo A) della rubrica.
Nelle pagine della sentenza della Suprema Corte dedicate all’argomento (fgg. 1416, 26, 31,32 e 37), si fa esplicito ed esclusivo riferimento alla necessità di una
rideterminazione della pena con riguardo al solo reato base di associazione
mafiosa sub capo A), riveniente dall’esclusione dell’aggravante cosiddetta della
transnazionalità intervenuta con la decisione di secondo grado oggetto di
annullamento.
2. Fatta questa precisazione, la sentenza della Corte di Appello conclude il suo
percorso argomentativo con un calcolo della pena corretto per ciascun ricorrente,
dal quale consegue il rigetto dei ricorsi proposti nel loro interesse.
2.1 Nel primo grado di giudizio, la pena base per il reato di cui al capo A) della
rubrica era stata fissata in dieci anni di reclusione per ciascun imputato.
Tale pena, come era stato precisato dal G.U.P., teneva conto del fatto che era
stata provata sia la circostanza aggravante dell’essere l’associazione armata (art.
416 bis, comma 4, cod. proc. pen.,) sia quella della transnazionalità, come si
rileva all’inizio dei singoli specifici paragrafi della sentenza di primo grado relativi
al calcolo della pena per ciascun ricorrente.
Entrambe dette circostanze sono ad effetto speciale; per il che, doveva farsi
applicazione della regola di cui all’art. 63, comma 4, cod. proc. pen., secondo cui
se concorrono più circostanze aggravanti ad effetto speciale, “si applica la pena
stabilita per la circostanza più grave; ma il giudice può aumentarla”.
La sentenza di primo grado non aveva effettuato una dettagliata illustrazione di
tutti i passaggi relativi al calcolo della pena.
Tali passaggi, tuttavia, a seguito della esclusione in grado di appello di una delle
due circostanze aggravanti ad effetto speciale (quella della transnazionalità),
sono stati chiariti ed interpretati nella parte motiva della sentenza di
annullamento con rinvio della Corte di cassazione, attraverso un giudizio non più
discutibile in questa sede.
Laddove, a fg. 16, par. 6.6 di tale decisione, la Suprema Corte, dopo aver
ricordato che l’aggravante della transnazionalità prevede un aumento di pena da
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anche la rideterminazione della pena con riguardo ai reati satelliti meno gravi e

un terzo alla metà, ha precisato: “la pena base determinata dal primo giudice
(anni dieci) aveva quindi necessariamente applicato tale aumento nei termini da
un terzo alla metà”.
Ciò significa che la Corte di cassazione ha ritenuto che il G.U.P., considerando
più grave l’aggravante della transnazionalità rispetto a quella di cui al comma 4
dell’art. 416 bis cod.pen., avesse posto a base del calcolo la pena di anni sette di
reclusione fissata dal comma 1 dell’art. 416 bis cod.pen..

sottolineato dal primo giudice e ricordato dalla ricorrente Strangio Angela.
E tale pena — comunque non superiore ad anni sette e mesi sei di reclusione,
stante il calcolo finale ad anni dieci con l’aumento minimo di un terzo – era stata
aumentata per l’appunto di un terzo (o poco più nel caso di fissazione di pena tra
i sette anni ed i sette anni e sei mesi) per effetto della circostanza della
transnazionalità, fino ad anni dieci di reclusione.
Tale calcolo risulta corretto rispetto alla regola applicabile in caso di concorso di
circostanze aggravanti ad effetto speciale, che prevede un aumento di pena per
la seconda circostanza aggravante, possibile ma non obbligatorio (il giudice “può
aumentarla”).
Ne consegue che, proprio in virtù di questa doppia opportunità offerta al giudice
ed al fine di definirne l’estensione non chiarita dalle sentenze di merito, la Corte
di cassazione, una volta caduta l’aggravante della transnazionalità e non potendo
autonomamente determinare la pena in sede di legittimità, ha disposto
l’annullamento con rinvio.
Orbene, in virtù dell’eliminazione dal calcolo della pena di tale aggravante (della
transnazionalità), la Corte di Appello, con la sentenza impugnata, ha
correttamente tenuto in considerazione l’altra aggravante ad effetto speciale
(quella dell’associazione mafiosa armata), originariamente subvalente, in primo
grado, rispetto a quella della transnazionalità, ma mai esclusa nei giudizi di
merito ed in quello di legittimità.
Tale aggravante, all’epoca di commissione dei fatti, innalzava la pena base di cui
all’art. 416 bis, comma 1 cod.pen., ad anni nove di reclusione; e proprio tale
pena (minima) era stata considerata nel calcolo operato dalla Corte di Appello,
che in tal modo ha esercitato legittimamente il proprio potere di intervento
rispetto alla pena base fissata in primo grado e non più modificabile in peius, pari
a dieci anni di reclusione.
Su tale pena di anni nove di reclusione, la Corte ha poi correttamente applicato
gli aumenti per continuazione e la riduzione per il rito, come si deduce
chiaramente a fg. 4 della sentenza, che contiene solo qualche evidente refuso nei

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bt

Più in particolare, una pena superiore a tale minimo edittale, così come più volte

passaggi intermedi del calcolo relativo alle Strangio ed al Colorisi, senza nessun
effetto concreto sul calcolo iniziale e finale e sul dispositivo.
Giungendo al calcolo finale, esente da rilievi, di cui in premessa.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 08.06.2016.
Il consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

Il Preside te
Anton .

ino

P.Q.M.

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