Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29838 del 08/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29838 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Montanari Giordano, nato a Lugo il 07/01/1941,
avverso la sentenza del 09/09/2015 della Corte di Appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Bologna, dichiarava non doversi procedere nei
confronti dell’imputato in ordine al reato di truffa aggravata ascrittogli,
confermando le statuizioni civili di cui alla sentenza di primo grado.
1

Data Udienza: 08/06/2016

La Corte, ai soli fini della conferma delle statuizioni civili, riteneva provato che
l’imputato avesse concorso con Pavesi Paolo alla perpetrazione di una truffa
aggravata dal rilevante danno, pari ad almeno 360 mila euro, nei confronti della
società di leasing Emil Ro Factor s.p.a., inducendola ad effettuare un
finanziamento in favore della società del Pavesi per l’acquisto di cinque carrelli
elevatori di grosse dimensioni fabbricati dalla ditta del ricorrente ma, in realtà,
mai esistiti né consegnati al Pavesi.
2. Ricorre per cassazione l’imputato, nel suo stesso interesse, deducendo:

Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare la tardività della querela una volta
esclusa l’aggravante contestata di cui all’art. 61 n. 7 cod.pen.;
2) vizio della motivazione perché la Corte di Appello sarebbe pervenuta a
ritenere l’imputato responsabile del reato con motivazione apodittica e costruita
con generico riferimento alla sentenza di primo grado, immotivatamente
rigettando la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale inerente
l’escussione di due testimoni che avrebbero potuto fornire circostanze decisive ai
fini di provare l’innocenza dell’imputato, vale a dire il fatto che i carrelli erano
stati regolarmente costruiti dalla sua ditta e consegnati al Pavesi.
Si dà atto che è stata depositata memoria integrativa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato e generico.
1.Quanto al primo motivo, il ricorrente, con argomentazioni assolutamente
pretestuose, pretenderebbe di ritenere escludibile l’aggravante del rilevante
danno nonostante la sua quantificazione superiore ai 360.000,00 euro, sulla base
del livello di possidenza della società di leasing, rimasto del tutto indimostrato.
La sussistenza di tale aggravante rende il reato procedibile d’ufficio, privando di
rilevanza la censura dedotta.
2. Quanto alle ulteriori censure, la Corte di Appello ha fornito ampia ed
autonoma motivazione, immune da vizi logico-giuridici rilevabili in questa sede,
in ordine alle ragioni che l’avevano indotta, da un lato, a ritenere il concorso del
ricorrente nella truffa perpetrata dal Pavesi e, dall’altro, a non reputare
necessaria ai fini della decisione la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale.
Avuto riguardo al fatto che quest’ultima – relativa all’audizione di autista e
segretaria della ditta dell’imputato – si rivelava del tutto inutile a fronte di un
nugolo di significativi elementi d’accusa; che dimostravano come la ditta
dell’imputato, di modesta entità, non avesse i mezzi per costruire carrelli
2

1) violazione di legge con riguardo all’esercizio dell’azione penale, posto che la

elevatori di dimensioni assai elevate come quelli oggetto del finanziamento, che
l’imputato non aveva mai prodotto alcuna documentazione riguardo alla
costruzione dei carrelli (ivi comprese le dovute licenze), asserendo
inverosimilmente di averla consegnata al maresciallo di polizia giudiziaria che
svolgeva le indagini. Inoltre, la Corte rilevava che la ditta del ricorrente non era
neanche in possesso di un mezzo idoneo al trasporto di carrelli di dimensioni di
17-18 tonnellate ciascuno.
E’ pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che in tema di ricorso per

dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza nell’apparato
motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste
illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di
decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate
provvedendosi all’assunzione di determinate prove in appello (da ultimo, Sez, 6,
n.1440 del 22/10/2014, dep.2015, PR).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro millecinquecento/00
alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 08.06.2016.
Il Consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

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Il Presidente
Antonio

cassazione può essere censurata la mancata rinnovazione in appello

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