Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29835 del 08/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29835 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Brai Oronzo, nato a Collepasso il 26/08/1966,
avverso la sentenza del 06/05/2015 della Corte di Appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Antonella Torna, che ha concluso riportandosi ai motivi di
ricorso e chiedendone l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Lecce confermava la
sentenza del Tribunale di Brindisi che aveva condannato l’imputato per i reati di
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Data Udienza: 08/06/2016

truffa, falsità materiale e mancata presentazione al corpo militare di
appartenenza senza giustificato motivo.
La Corte riteneva provato, anche attraverso le ammissioni del Brai, che
quest’ultimo avesse falsificato quattro certificati medici nella data e nel numero
dei giorni di malattia, per ottenere indebitamente un numero di giorni di congedo
retribuiti superiori al dovuto, commettendo anche gli specifici reati previsti dagli
artt. 47 n. 2 e 148 n. 2 Codice Penale Militare di Pace.

unico articolato motivo, manifesta illogicità della motivazione per non avere la
Corte ritenuto la falsità grossolana della contraffazione dei quattro certificati
medici corretti dall’imputato in alcune parti.
In secondo luogo, la Corte avrebbe dovuto rilevare l’incapacità di intendere e di
volere del ricorrente al momento in cui aveva commesso i fatti, essendo questi
affetto da uno stato ansioso-depressivo con disturbi da somatizzazione e con
turbe comportamentali derivanti da problematiche familiari, così come aveva
attestato il consulente tecnico di parte.
Infine, il ricorrente lamenta che la Corte di Appello non avrebbe valutato gli
elementi offerti dalla difesa a giustificazione di una riduzione della pena inflitta.
Si dà atto che è stata depositata una memoria a chiarimento di alcuni passaggi
del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
1.Quanto al primo argomento, la Corte di Appello, citando copiosa
giurisprudenza di legittimità, ha stabilito, con insindacabile giudizio di merito
immune da censure logico-giuridiche rilevabili in questa sede, che la
falsificazione dei certificati medici, ammessa dall’imputato, non poteva dirsi
grossolana, dal momento che era avvenuta effettuando delle correzioni a penna
su un documento compilato a sua volta a penna dal vero autore; sicché per
scoprire che si trattava di un falso, sarebbe occorsa una particolare cura,
potendo riconnettersi quelle correzioni alla mano dello stesso redattore del
documento.
L’assunto difensivo volto a valorizzare la ripetitività del comportamento in un
breve lasso temporale, presupporrebbe la prova, non addotta, che i certificati
medici fossero stati controllati dalla stessa persona fisica e nello stesso identico
momento.
Inoltre, sembra opportuno rilevare che la falsificazione operata dall’imputato
aveva raggiunto lo scopo di realizzare il reato di truffa di cui al capo A) cui era
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2. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con

finalizzata; ad evidente dimostrazione che la falsificazione non era così
grossolana da determinare un reato impossibile.
2. In ordine al secondo argomento, la Corte di Appello ha espressamente
superato la questione della incapacità di intendere e di volere dell’imputato al
momento dei fatti, ritenendo, conformemente alle risultanze di causa, che egli
era affetto da una sindrome ansioso-depressiva, di natura transitoria e senza
alterazioni patologiche, come tale non in grado di interferire, neanche

aveva commesso i fatti, superando ogni contrario giudizio e non ritenendo
necessario un accertamento peritale.
Tale motivazione risulta insindacabile in questa sede, anche perché, trattandosi
di un disturbo della personalità, non si apprezza il nesso eziologico con la
specifica condotta criminosa commessa, che costituisce fattore decisivo per
attribuire a tal genere di disturbi un carattere tale (di “infermità”) da poter
incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere.
E’ noto, infatti, che ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente,
i “disturbi della personalità” possono rientrare nel concetto di “infermità”, purché
siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla
capacità di intendere e di volere, escludendola o scemandola grandemente e a
condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa,
per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal
disturbo mentale (Sez. U, n. 9163 del 2005, Raso; Sez. 1, n. 52951 del
25/06/2014, Guidi, Rv. 261339).
3.Quanto all’ultima censura inerente il trattamento sanzionatorio, deve rilevarsi
che la Corte ha ritenuto la pena inflitta in primo grado e pari ad anno uno di
reclusione (compreso l’aumento per continuazione) come “congrua”, tenuto
conto della concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro
massima estensione.
Tale motivazione risulta sufficiente, dal momento che è stata inflitta per il reato
base di truffa una pena di poco superiore al minimo edittale di mesi sei di
reclusione.
Infatti, il collegio condivide la giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di
determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto
della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da
parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della
pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod.pen. (Sez. 4, n.
46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, RV.265283; Sez. 2, n. 28852 del
08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464).

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parzialmente, sulla capacità di intendere e di volere al momento in cui l’imputato

Siffatti argomenti superano le censure difensive volte a valorizzare elementi non
presi in esame dalla Corte.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 08.06.2016.
Il Consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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