Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2983 del 10/12/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2983 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. D’Andrea Paolo, nato a Potenza il 24/07/1987
2. Di Domenico Sonia, nata a Potenza il 13/11/1974
3. Prete Rocco Teodoro, nato a Potenza il 05/09/1987

avverso la sentenza del 08/05/2014 della Corte d’appello di Potenza

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza dell’8 maggio 2014, la Corte d’appello di Potenza, in parziale
riforma della sentenza del G.U.P. del Tribunale di Potenza del 22/10/2012 con la
quale i ricorrenti erano stati condannati per reato di cui all’art. 73, T.U. Stup. (in
particolare per aver trasportato sostanza stupefacente del tipo “hashish” per un
peso di kg 1,983 acquistata a Milano e trasportata in Balvano il 3/2/2010),
rideterminava la pena inflitta a D’Andrea Paolo, Di Domenico Sonia e Prete Rocco

Data Udienza: 10/12/2015

Teodoro, nella misura di anni uno e mesi quattro di reclusione ed C 14.000,00 di
multa ciascuno, applicando la pena edittale del comma quarto dell’art. 73 citato
nella “vecchia” formulazione della legge stupefacenti per effetto della sentenza
della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 e confermava nel resto l’impugnata
sentenza.
In particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato che il compendio probatorio
era fondato sul sequestro dello stupefacente, in data 3/02/2010 in Balvano,
sulle risultanze delle investigazioni dei Carabinieri della Compagnia di Senise,

venivano individuati – tra gli altri – i tre ricorrenti che, in corso con altri,
avevano partecipato all’acquisito e poi al trasporto della sostanza stupefacente,
il Prete e D’Andrea, quali partecipi al trasporto, a bordo di un’autovettura con
funzione di “staffetta”, e la Di Domenico quale partecipe all’acquisito.
2. Avverso la sentenza hanno presentato ricorso l’Avv. Carlo Alberto Zaina,
difensore di fiducia di Di Domenico Sonia, l’Avv. Donatello Cimadoro difensore di
fiducia di D’Andrea Paolo e Prete Rosso Teodoro e ne hanno chiesto
l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari
per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc.
pen.:
2.1. L’avv. Zaia per la ricorrente Di Domenico, deduce:
a) la violazione di legge penale e il vizio di motivazione di cui all’art. 606,
comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione alla corretta applicazione
dell’artt. 110 cod.pen., l’illogicità della motivazione con riguardo al ruolo di
concorrente della Di Domenico, per non avere la corte motivato sull’apporto
riconosciuto nella perpetrazione del reato concorsuale anche con riferimento
all’esclusione, quale ipotesi alternativa, di una situazione riconducibile alla mera
connivenza; travisamento della prova con riguardo all’interpretazione del
contenuto delle conversazioni intercettate;
b) la violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., in
relazione alla corretta applicazione dell’art. 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre, n. 309
con riguardo all’erronea esclusione della detenzione per uso personale.
2.2. I ricorrenti D’Andrea e Prete, con un unico motivo, deducono:
a) la violazione di legge e il vizio di motivazione di cui all’art. 606, comma 1 lett.
b) ed e), cod. proc. pen., in relazione alla corretta applicazione dell’artt. 110

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sulle risultante delle intercettazioni telefoniche e ambientali, all’esito delle quali

cod.pen., illogicità della motivazione con riguardo alla partecipazione nel reato
concorsuale, per aver la corte erroneamente ritenuto il concorso dei ricorrenti,
con il ruolo di “staffetta”, in assenza di prove non ricavabili dal contenuto delle
conversazioni intercettate, illogicità della motivazione anche con riferimento
all’elemento soggettivo potendosi ravvisare, al più, una situazione di mera
connivenza. In particolare la corte avrebbe enfatizzato il contenuto di una
conversazione ambientale, registrata sull’autovettura su cui viaggiavano i
ricorrenti, n. 292 del 3.2.2010 “in quanto aperta a varie possibili interpretazioni”,
da cui non si potrebbe inferire la partecipazione consapevole al trasporto,

illogicità, poi, per aver fondato il giudizio di responsabilità su “mere congetture”
della “condivisione di un percorso stradale coincidente con quello dell’autovettura
che trasportata droga”.
3. Il procuratore generale in udienza ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono manifestamente infondati e, pertanto, vanno dichiarati
inammissibili.
1.1 Quanto al primo motivo del ricorso Di Domenico, emerge dalla lettura
della sentenza impugnata che la corte territoriale ha ritenuto il concorso nel
reato della Di Domenico sulla scorta delle risultanze delle intercettazioni
telefoniche, da cui era emerso il ruolo che si era concretizzato nell’ordinare
l’acquisito della droga e nell’interessamento fattivo nelle fasi successive ivi
compreso il suo trasporto. In particolare la corte d’appello enuclea, come
particolarmente ed esaustivamente significative, le conversazioni n. 211 del 1
febbraio 2010, due giorni prima dell’arresto e sequestro del carico trasportato,
tra le medesima e il coimputato Vannini Alberto ( che ha preso parte al trasporto
della droga a bordo dell’autovettura, su cui era occultata, con Magno Fabiano), il
cui contenuto era riferito all’acquisto di droga, poi trasportata e sequestrata, con
il rammarico di non avene potuta acquistare di più, poiché la donna aveva
ricevuto un assegno dall’INPS di € 1050; la n. 223, sempre in data 1 febbraio
2010, in cui la donna chiede al Vannini se ha già parlato con il Magno, persona
che ha partecipato al trasporto, in cui si parla dell’acquisito della droga (terzo
pacco) e la n. 301 in cui la Di Domenico si preoccupa dell’organizzazione del
viaggio “ma aveva già passato tutti i problemi quelli rischiosi” . La valutazione
complessiva, motiva, la corte d’appello, delle intercettazioni telefoniche, in uno
con la collocazione temporale dei fatti costituisce prova della partecipazione
consapevole nel reato della ricorrente così che è esclusa, come logica

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conseguenza, l’ipotesi alternativa della mera connivenza. Correttamente la corte
ha escluso la detenzione per uso personale e il fatto di lieve entità sulla base del
quantitativo di sostanza stupefacente sequestrato pari a Kg 1,9 di hashish ( n.
3696 dosi medie giornaliere), in assenza, oltre tutto, di una prova di uso
personale non allegata dalla ricorrente.
La motivazione della corte d’appello appare del tutto logica e coerente,
avendo fatto corretta applicazione, i giudici territoriali, dei principi in tema di
concorso nel reato i cui elementi qualificanti sono stati correttamente individuati

Non può ritenersi che la sentenza sia affetta dal denunciato vizio, atteso
che, come più volte affermato da questa Corte, il vizio di motivazione per
superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a censurare
genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad
individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla
Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della
motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa;
quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti
difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti
oggettive e soggettive del reato contestato. Nel caso in esame il ricorso della Di
Domenico non è volto a censurare mancanze argomentative ovvero illogicità ictu
°culi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte
valutative compiutamente giustificate dal giudice di appello anche con specifico
riferimento alle argomentazioni difensive svolte in appello. Neppure può
ravvisarsi il citato vizio con riguardo al prospettato travisamento della prova con
riguardo all’interpretazione del contenuto delle conversazioni telefoniche poiché,
con giurisprudenza consolidata, in tema di intercettazioni di conversazioni o
comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti
intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto,
rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in
relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di
legittimità ( da ultimo Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715) e
tenuto conto altresì che la difesa non ha allegato, a sostegno del prospettato
vizio, neppure l’atto che assume travisato, né ha riportato il contenuto delle
conversazioni nel ricorso.
1.2 Anche i motivi di ricorso di Prete e D’Andrea sono manifestamente
infondati.
La corte territoriale ha ritenuto il coinvolgimento dei ricorrenti nell’illecito
trasporto, materialmente effettuato da Magno Fabiano e Vannini Alberto poi
arrestati, con il compito di staffetta, sulla base di una pluralità di conversazioni in
cui veniva organizzato il viaggio, la condivisione del percorso di viaggio di notte

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nel contenuto delle conversazioni sopra indicate.

t
(n. 318, 333 e 340 del 3/02/2010), unitamente alla conversazione ambientale
captata sull’autovettura occupata dai ricorrenti ( n. 292), subito dopo l’arresto
degli occupanti dell’auto in cui viaggiava la droga, indicativa

dell’affectio

esistente tra costoro e gli occupanti l’altra vettura, circostanza che rende,
all’evidenza, infondata la tesi difensiva volta ad escludere la partecipazione sul
fatto che l’autovettura seguiva il veicolo a bordo del quale era trasportata la
droga e non la precedeva. La motivazione della corte d’appello, anche per la
posizione dei ricorrenti D’Andrea e Prete, appare del tutto logica e coerente,

concorso nel reato i cui elementi qualificanti sono stati correttamente individuati
nel contenuto delle conversazioni sopra indicate, a fronte della quale i ricorrenti
deducono un’interpretazione alternativa ( ” varie possibili interpretazioni”) del
contenuto della conversazione ambientale che si risolve nell’inammissibilità del
motivo ( Sez. 2, n. 31811 del 08/05/2012 Rv. 254329).
3. I ricorsi devono essere, pertanto, dichiarati inammissibili. All’inammissibilità
dei ricorsi segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrent$ al
pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero,
al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione
pecuniaria, di somma che si stima equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00) per
ciascuno.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.

Così deciso il 10/12/2015

avendo fatto corretta applicazione, i giudici territoriali, dei principi in tema di

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