Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29827 del 13/03/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 29827 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello
di Catanzaro avverso la sentenza pronunciata dal giudice del
tribunale di Catrovillari il 18.6.2013, nei confronti di Petrusic Pedro
Juan, nato a Buenos Aires (Argentina) il 3.12.1951;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Mario Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;

FATTO E DIRITTO

Data Udienza: 13/03/2015

1.

Con sentenza pronunciata il 18.6.2013 il tribunale di

Castrovillari, in composizione monocratica, in qualità di giudice di
appello, in riforma della sentenza con cui il giudice di pace di
Spezzano Albanese, in data 14.7.2011, aveva condannato

risarcimento dei danni derivanti da reato in ordine ai delitti di cui
agli artt. 594 e 612, c.p., consumati, attraverso la condotta
specificamente indicata nel capo d’imputazione, in danno di Apa
Luigi, assolveva l’imputato da entrambi i reati, con la formula
perché il fatto non sussiste.
2.

Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha

proposto tempestivo ricorso per cassazione il procuratore
generale della Repubblica presso la corte di appello di Catanzaro,
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione,
evidenziando, in particolare, da un lato, come le circostanze
indicate nella sentenza impugnata per pervenire all’assoluzione
dell’imputato, siano inidonee a scardinare il quadro accusatorio
costituito dalle dichiarazioni della persona offesa e del teste
Biscardì, dall’altro come il tribunale non potesse pronunciare
sentenza di assoluzione senza procedere a riassumere
personalmente i testimoni ed a valutarne l’attendibilità,
integrando tale omissione da parte del giudice di appello la
violazione degli artt. 192, c.p.p.; 6, Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo, e 117, Cost.
3. Il ricorso non può essere accolto.
4. Ed invero, non può non rilevarsi l’inammissibilità del primo
motivo di ricorso, sotto un duplice profilo.
Esso, infatti, caratterizzandosi per assoluta genericità, integra la
violazione dell’art. 581, lett.

c),

2

c.p.p., che nel dettare, in

Petrusic Pedro Juan alla pena ritenuta di giustizia ed al

,

generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui
bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel
relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri,

“i

motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli

sensi dell’art. 591, co. 1, lett. c), c.p.p., determina, per l’appunto,
l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Cass., sez. VI,
30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Cass., sez. VI, 21.12.2000, n.
8596, rv. 219087).
Il pubblico ministero ricorrente, inoltre, nell’articolare il suddetto
motivo di impugnazione, non ha rispettato il consolidato principio
della cd. autosufficienza del ricorso per cassazione, secondo cui,
come è noto, anche in sede penale, allorché venga lamentata
l’omessa o travisata valutazione di specifici atti processuali, è
onere del ricorrente suffragare la validità del proprio assunto
mediante la completa allegazione ovvero la trascrizione
dell’integrale contenuto di tali atti, dovendosi ritenere precluso al
giudice di legittimità il loro esame diretto, salvo che il “fumus” del
vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione
del ricorso (cfr. Cass., sez. I, 17/01/2011, n. 5833,).
Onere che il ricorrente non ha adempiuto, né con riferimento alle
dichiarazioni della persona offesa, né in relazione a quella del
teste Biscardi.
5. Infondato appare, invece, il secondo motivo di ricorso.
Come affermato, infatti, da un recente arresto della Suprema
Corte, condiviso dal Collegio, in tema di valutazione della prova
testimoniale da parte del giudice d’appello, l’obbligo di rinnovare
l’istruzione e di escutere nuovamente i dichiaranti, gravante su
detto giudice qualora valuti diversamente la loro attendibilità

3

elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai

rispetto a quanto ritenuto in primo grado (obbligo sancito dall’art.
6 Cedu, come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei
diritti dell’uomo del 5 luglio 2011, nel caso Dan c/Moldavia), trova
applicazione solo qualora il giudice d’appello intenda riformare “in

cui la nuova assunzione della prova dichiarativa venga sollecitata
dall’accusa, al fine di ottenere il ribaltamento della decisione
assolutoria (cfr. Cass., sez. VI, 23/09/2014, n. 44084, rv.
260623).
Il principio che, alla luce della menzionata interpretazione della
Corte Europea, impone di procedere alla nuova audizione dei
testimoni già escussi in primo grado, invero, riguarda lo specifico
caso in cui il giudice dell’impugnazione intenda riformare in peius
una sentenza di assoluzione dell’imputato e non anche l’ipotesi
opposta, in cui la rinnovazione della prova dichiarativa sia
finalizzata, nella prospettiva dell’organo inquirente, ad ottenere il
ribaltamento della decisione assolutoria.
L’art. 6 della CEDU, infatti, su cui si fonda il principio di diritto
innanzi indicato, sancisce il diritto al processo equo ed esemplifica
i diritti e le facoltà facenti capo a ciascun accusato ed, in
particolare, al comma 3, lett. d), riconosce il diritto dell’imputato
di “interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la
citazione e l’interrogatorio dei testimoni a discarico a pari
condizioni con i testimoni a carico”.
Il riconoscimento del pieno diritto dell’imputato ad una nuova
audizione del teste a carico già escusso in primo grado – con
conseguente sottoposizione ad esame e controesame – nell’ipotesi
in cui il giudice d’appello ritenga di poter addivenire ad un
ribaltamento del giudizio assolutorio proprio sulla base della prova

4

peius” una sentenza di assoluzione, ma non anche nell’ipotesi in

da rinnovare, costituisce un corollario della regola della necessaria
formazione della prova nel contraddittorio delle parti e del pieno
esercizio del diritto alla prova contraria, riconosciuti dal citato art.
6 CEDU nonché dall’art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili

esclusiva ottica difensiva, rispetto alla quale risulta del tutto
estranea, dunque, la pretesa del pubblico ministero di vedersi
riconosciuto lo stesso diritto, in un’ottica accusatoria.
Né può tacersi che, secondo un condivisibile orientamento della
giurisprudenza di legittimità, non sussiste alcuna violazione dei
principi posti dalla Corte EDU, con la sentenza del 5 luglio 2011,
nel caso Dan contro Moldavia, quando il giudice di appello, in
riforma della pronuncia assolutoria di primo grado, condanni
l’imputato non limitandosi ad una valutazione fattuale alternativa
delle dichiarazioni esaminate dal primo giudice, ma prendendo in
considerazione prove non considerate (cfr. Cass., sez.
17/07/2013, n. 32368, rv 255984).
Tale approdo interpretativo, per ragioni di coerenza logica, non
può non trovare applicazione anche nel caso in cui il giudice di
appello, in riforma della sentenza di condanna di primo grado,
assolva l’imputato.
Se ciò è vero, come è vero, appare evidente che, ove anche si
volessero ritenere i principi affermati nella sentenza della Corte
Europea nel caso Dan contro Moldavia applicabili al caso in
esame, la sentenza oggetto di ricorso supererebbe, comunque,
indenne lo scrutinio di legittimità.
La pronuncia assolutoria, infatti, si fonda su di un giudizio
negativo in termini di credibilità personale, formulato dal tribunale
nei confronti sia della persona offesa Apa, che del teste Biscardi,

5

e politici e dall’art. 111 della Costituzione in una chiara ed

ritenuti non immuni da possibili intenti calunniatori, sorretto da
motivazione approfondita ed immune da vizi logici, imperniata su
elementi di fatto non considerati nel loro valore sintomatico di un
contrasto tra le parti dal giudice di primo grado, rappresentati

dalla circostanza che a carico del Biscardi è sorto un procedimento
penale per avere minacciato, secondo l’assunto accusatorio, il
Petrusic, proprio in ragione della causa di lavoro da quest’ultimo
intentata contro l’Apa.
6. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso del pubblico
ministero va, pertanto, rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
Così deciso in Roma il 13.3.2015

dall’esistenza di una causa di lavoro tra il Petrusic e l’Apa, nonché

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA