Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29826 del 07/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29826 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:
Stricagnoli Vincenzo, nato a Crotone il 30/09/1990,
Rimedio Salvatore, nato a Crotone il 07/01/1988,
avverso la sentenza del 22/09/2015 della Corte di Appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore, avv. Carmine D’Onofrio, per Salvatore Rimedio, che ha
concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento;

1

Data Udienza: 07/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Catanzaro, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Crotone, riteneva gli imputati responsabili
dei reati di rapina aggravata di cui ai capi A) e C) della rubrica e, ritenute le
circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, li
condannava, tenuto conto della continuazione, alle pene di giustizia, assolvendoli
dai reati di cui ai capi B) e D) in materia di armi.

Entrambi censurano la sentenza impugnata per mancanza di motivazione in
ordine all’aumento di un anno di reclusione inflitto per la continuazione.
Il solo Rimedio, inoltre, si duole del trattamento sanzionatorio ricevuto, tenuto
conto che la Corte di Appello sarebbe incorsa nella violazione di legge
concernente il divieto di reformatio in peius, avendo ritenuto l’equivalenza tra le
circostanze attenuanti generiche e le aggravanti quando in primo grado le stesse
attenuanti erano state ritenute prevalenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono manifestamente infondati.
1.Quanto al motivo dedotto dal ricorrente Rimedio, in ordine alla violazione del
divieto di reformatio in peius, la sentenza impugnata ha chiarito che il Tribunale
di Crotone, pur riconoscendo la sussistenza delle circostanze attenuanti
generiche, aveva erroneamente omesso di effettuare il bilanciamento con le
circostanze aggravanti contestate al capo C) ritenuto più grave (uso di arma,
travisamento, più persone riunite), partendo dalla pena base di anni cinque di
reclusione e riducendola ad anni tre e mesi quattro di reclusione.
Di tale errore si era lamentato il ricorrente nei motivi di appello, auspicando che
la pena base dovesse essere rapportata al reato di cui all’art. 628, comma 1,
cod. pen..
E tanto la Corte aveva fatto, ritenendo le generiche equivalenti alle aggravanti e
partendo dalla pena base di anni tre di reclusione.
Dunque, non si è violato il divieto della reformatio in peius, come oggi sostiene il
ricorrente, ma si è più semplicemente emendato un errore tecnico compiuto dal
Tribunale e correttamente messo a fuoco nei motivi di appello; con effetti
favorevoli all’imputato, perché la pena base stabilita in secondo grado è stata
inferiore a quella determinata dal Tribunale.
2. Quanto alle censure, comuni ad entrambi i ricorrenti, relative all’aumento per
continuazione – anch’esso ridotto ad anno uno di reclusione rispetto a quello
2

Ricorrono per cassazione gli imputati, con distinti atti.

determinato dal Tribunale e pari ad anno uno e mesi due di reclusione ciascuno esse sono infondate perché la Corte lo ha giustificato in relazione alla gravità
delle modalità esecutive della seconda rapina sub capo A).
Dovendosi, peraltro, rammentare che la Corte di cassazione ritiene, con
argomenti condivisi dal Collegio, che in tema di determinazione della pena nel
reato continuato, non sussiste l’obbligo di specifica motivazione per gli aumenti
relativi ai reati satelliti, valendo a questi fini le ragioni a sostegno della
quantificazione della pena base (Sez.5 n.25751 de105/02/2015, Bornice; Sez.2,

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro millecinquecento/00
ciascuno alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa
degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 7.06.2016.
Il Consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

Il Preside te
Anton

ti ino

n.49007 del 16/09/2014, lussi).

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