Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29825 del 07/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29825 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:
Follo Nicola, nato a Benevento il 27/04/1980,
Stabile Antonio, nato a Napoli il 12/11/1991,
avverso la sentenza del 22/10/2015 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli, confermava la
sentenza del Tribunale di Avellino che aveva condannato gli imputati per il reato
di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti di cui al capo
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Data Udienza: 07/06/2016

A) e per alcuni reati-fine di furto aggravato, come rispettivamente ascritti ai capi
C), D), E), F) ed H) ed, inoltre, il solo Follo anche per il reato di ricettazione di
una autovettura di cui al capo G).
La Corte riteneva provato, principalmente sulla base di intercettazioni telefoniche
ed ambientali affiancate ad attività di polizia giudiziaria, che gli imputati, insieme
ad altri soggetti separatamente giudicati, avessero preso parte, con ruoli ben
determinati, ad una organizzazione malavitosa operante in Avellino fino al marzo
del 2012, avente come scopo la commissione di reati contro il patrimonio, alcuni

beni sottratti ad esercizi commerciali in orario di chiusura.
In particolare, il Follo aveva messo a disposizione come base logistica del
sodalizio il suo appartamento ed aveva materialmente partecipato alla
commissione di alcuni furti aggravati, come quelli di cui ai capi C), D),F) ed H);
lo Stabile era stato esecutore materiale dei furti di cui ai capi D) ed E).
2. Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro difensori e con distinti
atti.
– Nicola Follo deduce:
1) violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi
del reato di associazione per delinquere sub capo A) della rubrica, in quanto la
Corte avrebbe adottato una motivazione apparente e meramente per relationem
al contenuto delle intercettazioni, senza considerare l’occasionalità delle condotte
commesse dal ricorrente, in un brevissimo arco temporale di appena dieci giorni;
circostanze che avrebbero dovuto indurre ad escludere la sua partecipazione al
sodalizio capeggiato dai coimputati separatamente giudicati Volzone e Capolupo
– la cui esistenza il Follo non ha contestato – facendo propendere per un concorso
nei singoli reati di furto, anche tenuto conto del fatto che il ricorrente non aveva
preso parte a tutti i furti commessi dagli associati e neanche ai delitti in materia
di droga, rientranti anch’essi nel programma dell’organizzazione criminosa in
discorso;
2) vizio della motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione del ricorrente alla
perpetrazione del reato di furto aggravato di cui al capo H) della rubrica, essendo
illogico il rilievo della Corte secondo cui che egli aveva messo a disposizione dei
complici un auto rubata e, dunque, facilmente controllabile. Inoltre, la
motivazione sarebbe viziata per il fatto di avere qualificato la condotta del
ricorrente come ricettazione dell’autovettura anziché come furto, tenendo conto
del solo arco temporale intercorso tra il furto e l’accertamento del possesso del
mezzo in capo al Follo;
3) vizio della motivazione e nullità della sentenza con riguardo alle ragioni che la
Corte poneva a base del diniego delle circostanze attenuanti generiche.
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dei quali contestati nei capi di imputazione prima indicati e consistenti in furti di

- Antonio Stabile deduce violazione di legge e nullità del decreto di giudizio
immediato cosiddetto custodiale, per essere stato emesso detto decreto prima
che fosse definito il procedimento di cui all’art. 309 cod. proc. pen., attraverso il
deposito delle motivazioni del provvedimento emesso in sede di riesame,
secondo quanto previsto dall’art. 453, comma 1 ter, cod. proc. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Quanto al primo motivo dedotto dal Follo, il ricorrente si limita a criticare
genericamente il contenuto della sentenza impugnata, che contiene ampia
motivazione, peraltro conforme a quella di primo grado, in ordine alle ragioni
poste a sostegno della ritenuta partecipazione dell’imputato all’associazione per
delinquere di cui al capo A) della rubrica, la cui esistenza egli non ha contestato.
Rinvenendola, con il richiamo alle intercettazioni trasfuse nella sentenza di primo
grado – il cui contenuto la difesa non ha sindacato in maniera specifica – nel
fatto che egli avesse ripetutamente commesso una serie di furti, che gli
organizzatori lo individuassero nei loro dialoghi come esecutore materiale e
“soprattutto, nel compito affidatogli di custodire nella sua abitazione la refurtiva
e gli strumenti necessari per operare, essendo ad esso sotteso un forte rapporto
di fiducia” (fg. 5 della sentenza impugnata).
Tale ultimo rilievo contrasta e supera quello difensivo relativo al breve lasso
temporale intercorso nella commissione dei singoli furti, poiché estende la
condotta del ricorrente ad un ambito di disponibilità che prescinde dalla
esecuzione dei singoli delitti ed è tipica di chi presta la propria opera in vista di
un programma indeterminato delittuoso specifico del reato associativo.
Ad ulteriore conforto del suo assunto, la Corte ha posto anche un altro elemento
significativo, costituito dal fatto che il ricorrente partecipava alla spartizione dei
profitti dei furti anche indipendentemente dalla materiale partecipazione ad essi.
Si tratta di puntualizzazioni decisive in punto di logicità e tenuta della
motivazione della sentenza, che rendono insignificanti, oltre che di mero fatto, le
contrarie deduzioni difensive.
Peraltro, la Corte ha specificamente confutato il rilievo della mancata
partecipazione del ricorrente a tutti i reati ed a quelli in materia di droga,
sottolineando, con congrue argomentazioni, che la partecipazione a tutti i reatifine non è necessaria ai fini della prova della partecipazione all’associazione ed,
inoltre, che in funzione della spartizione dei ruoli e dei settori di competenza, era
logico che il Follo non partecipasse ai fatti di droga ed alla spartizione di quanto
da essi ricavato.
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I ricorsi sono infondati.

2. Anche il secondo motivo di ricorso si rivela infondato oltre che generico.
Infatti, l’unico elemento di illogicità evidenziato dal ricorrente con riguardo al
furto di cui al capo H), è stato superato dalla Corte di Appello con la motivazione
approntata a fg. 6 della sentenza, allorquando si è puntualizzato che il ricorrente
avesse messo a disposizione dei complici un’auto rubata, in quanto tale non
riferibile alla sua persona ed ai complici ed, in questo senso, “fuori controllo”.
Che proprio tale caratteristica fosse stata d’interesse degli autori del reato, è
circostanza evincibile dal dettagliato resoconto in fatto offerto dalla Corte di

luogo del delitto con l’auto rubata anziché con la propria, sostituendo la prima
alla seconda in seguito all’incontro con il ricorrente poco prima del furto.
Inoltre, la Corte ha riconnesso la responsabilità del ricorrente per la ricettazione
del mezzo all’unico dato certo emerso al processo, che neanche la difesa ha
confutato, costituito dal possesso dell’automobile da parte del ricorrente tre
giorni dopo il furto della medesima, lasso temporale che non poteva far dedurre,
in assenza di altri elementi, che egli fosse stato l’autore del reato presupposto.
Rispetto a tali specificazioni, le asserzioni difensive si rivelano generiche e
meramente assertive.
3. Infine, quanto al motivo inerente la mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche, la motivazione della Corte di Appello sul punto è
ampiamente esauriente, perché richiama, con considerazioni esenti da censure
valutabili in questa sede, la gravità del reato, dedotta dalle modalità ripetitive e,
dunque, socialmente allarmanti, di commissione dei furti in un tempo
ravvicinato; con espresso riferimento, quindi, ad alcuni parametri di cui all’art.
133 cod. pen., dovendosi rammentare che ai fini della concessione o del diniego
delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito
prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che
ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed
anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del
reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o
concedere le attenuanti medesime (Cass. Sez. 2^ sent. n. 4790 del 16.1.1996
dep. 10.5.1996 rv 204768).
4. Quanto al ricorso dello Stabile, l’esame dei motivi di appello rivela che il
ricorrente non aveva dedotto in secondo grado l’invocata nullità del decreto di
giudizio immediato cosiddetto custodiale.
La quale, secondo la giurisprudenza di legittimità che il Collegio condivide, è a
regime intermedio, riguardando “l’intervento dell’imputato” ex art. 178, comma
1, lett.c), cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 22549 del 04/02/2015, Gagliardi, Rv.
263742; Sez. 6, n. 14039 del 15/01/2015, De Salvo, Rv. 262952); sicché
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Appello, allorquando ha sottolineato che il correo Capolupo aveva raggiunto il

rispetto ad essa il ricorrente ha mostrato di prestare acquiescenza ai sensi
dell’art. 183 cod. proc. pen..
In ogni caso, essa è infondata poiché la definizione del procedimento di riesame
doveva intendersi collegata al deposito del dispositivo del provvedimento e non
delle sue motivazioni (Sez. 5, n. 13914 del 26/02/2015, Sesta, Rv. 262897).
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 7.06.2016.

P.Q.M.

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