Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29823 del 05/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29823 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIZZO STEFANIA N. IL 20/09/1961
avverso la sentenza n. 47/2013 TRIBUNALE di MESSINA, del
16/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E u
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che ha concluso per
A 1A:A OLU,Gui-

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 05/03/2015

Con sentenza 16.12.2013, il tribunale di Messina , a seguito dell’impugnazione della parte civile
della sentenza 21.1.2013 del giudice di pace di Messina, con la quale RIZZO STEFANIA era
stata assolta dal reato di ingiuria in danno della propria dipendente Morgante Barbara ,ha
condannato la Rizzo al risarcimento dei danni in favore della Morgante ,nonché alla rifusione delle
spese sostenute dalla parte civile.
Nell’interesse della Rizzo è stato presentato ricorso per vizio di motivazione :
1. vizio di motivazione : il giudice di appello ha fondato la sentenza di condanna sull’errato
presupposto che la deposizione della persona offesa è sufficiente a dimostrare la
responsabilità dell’imputata. .11 primo giudice ha invece correttamente assolto la Rizzo per
l’assenza all’incontro tra questa e la Morgante delle persone assunte come testimoni . La
sentenza di appello ha poi ritenuto che la Rizzo abbia proferito nei confronti della Morgante
la frase “sei una ladra”, la mattina del 15.10.2007, nel corso della quale erano presenti i
genitori della persona offesa, Morgante Letterio e Vadalà Caterina, assunti poi come testi
,che sono da ritenere inidonei a corroborare la veridicità di quanto riferito dalla propria
figlia. A ciò va aggiunto che i testi ,prima di essere escussi, erano presenti in udienza
durante la deposizione della figlia, come risulta dall’allegato processo verbale . . Anche la
teste Guarnera — impiegata nel medesimo esercizio commerciale che è stata presente solo il
pomeriggio di quel giorno- non è stata in grado di confermare che siano state pronunciate
dalla Rizzo parole offensive. Pertanto, il tribunale ha eluso il principio interpretativo,
secondo cui la testimonianza della sola persona offesa,costituita parte civile, essendo
riferibile a persona portatrice di interesse economico, non può supportare una sentenza di
colpevolezza, in assenza di riscontri.
In data 25.2.2015, è stata depositata memoria difensiva nell’interesse della Morgante, con la
quale sono stati chiesti la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso nonché la
condanna della Rizzo al rimborso delle spese di cui all’allegata nota.
Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
Correttamente il tribunale ha fondato la responsabilità della Rizzo sulle dichiarazioni della parte
civile Morgante, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale , secondo cui questa fonte
conoscitiva non presenta una affidabilità ridotta, bisognevole di conferme dei cosiddetti riscontri.
La testimonianza della persona offesa, al pari di tutte le testimonianze, deve essere sottoposta al
generale controllo sulle capacità percettive e mnemoniche del dichiarante, nonché sulla
corrispondenza al vero della sua rievocazione dei fatti, desunta dalla linearità logica della sua
esposizione e dall’assenza di risultanze processuali incompatibili,caratterizzate da pari o prevalente
spessore di credibilità.
Le dichiarazioni della persona offesa , costituita parte civile , sono ugualmente valutabili e
utilizzabili ai fini della tesi di accusa ,poiché , a differenza di quanto previsto nel processo civile,
circa l’incapacità a deporre del teste che abbia la veste di parte, il processo penale risponde
di accertare la responsabilità dell’imputato, e non può essere
all’interesse pubblicistico
condizionato dall’interesse individuale rispetto ai profili privatistici , connessi al risarcimento del
danno provocato dal reato, nonché da inconcepibili limiti al libero convincimento del giudice.
Nel caso di specie , il giudice di appello ha effettuato il dovuto controllo in maniera esaustiva, sulla
intrinseca credibilità della Morgante , in relazione all’offesa subita nella mattina del 15.10.2007. Il
tribunale ha dato inoltre razionale e insindacabile rilievo alla conferma di tale accusa derivata
dalle dichiarazioni dei genitori , la cui presenza nell’esercizio commerciale è stata
inequivocabilmente affermata dalla teste Guarnera. Costei ha precisato che nel pomeriggio del
suindicato giorno ha visto la presenza dei suddetti e ha udito Morgante Letterio pronunciare la
seguente frase “Mia figlia non è una ladra”. Il giudice di appello ha correttamente e razionalmente
rilevato che in tal modo l’accusa formulata dalla persona offesa ha ricevuto un’ulteriore —anche se

FATTO E DIRITTO

non indispensabile- conferma , in quanto la teste ha riferito di aver percepito la pronuncia, da parte
del teste, “proprio dello stesso epiteto che la persona offesa ha riferito…]”.
Va infine affermato , in relazione alla censura sulla credibilità e utilizzabilità delle dichiarazioni dei
genitori della Morgante , presenti durante l’escussione della figlia, che, secondo un consolidato e
condivisibile orientamento interpretativo , l’inosservanza del divieto per il testimone di assistere
all’esame delle parti e degli altri testimoni non determina alcuna nullità o inutilizzabilità della
testimonianza assunta, potendo semmai influire sulla valutazione di attendibilità di quest’ultima da
parte del giudice( cfr. sez.6,n.21784 del 10/03/2010, Rv. 247107) . Posto che;come già anticipato,
il giudice di appello ha effettuato una complessiva valutazione positiva sulla forza persuasiva di
tutte le prove dichiarative, le logiche conclusioni che ne ha tratto in merito alla responsabilità
dell’imputata non sono meritevoli di alcuna censura in sede di legittimità.
Il ricorso va quindi rigettato con condanna della Rizzo al pagamento delle spese processuali.
Va esclusa la condanna della ricorrente al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile nel
presente grado di giudizio , in quanto il difensore di quest’ultima non ha presenziato all’odierna
udienza : secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, dal coordinamento delle norme
che disciplinano la condanna dell’imputato soccombente alle spese in favore della parte civile(artt.
538 e 541 c.p.p.), estensibili al giudizio di cassazione in virtù del rinvio disposto dall’art. 168 disp.
att. cod. proc. pen., si desume che quando detta parte non intervenga nella discussione in pubblica
udienza, non può provvedersi alla liquidazione delle spese stesse( sez.5,n.1693 del 31/01/1995,
Rv.200664;conf Sez.5,n.43484 del 07/04/2014 Rv.261302).
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 5.3.2015

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