Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29822 del 07/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29822 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Rotilio Saverio, nato a Mento di Porto Salvo il 18/07/1973;
avverso la sentenza del 02/10/2015 della Corte di Appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Mario Santambrogio, che ha concluso riportandosi ai
motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Torino confermava in punto
di responsabilità la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Verbania che aveva
1

Data Udienza: 07/06/2016

condannato l’imputato in ordine al reato di estorsione consumata di cui al capo
4) ed ai reati di usura di cui ai capi 1), 2), 3), 5), 6), 7) e 8) della rubrica.
La Corte riteneva provati tutti i reati contestati anche in considerazione
dell’intervenuta ammissione degli addebiti da parte del Rotilio, che lo rendeva
meritevole di un migliore trattamento sanzionatorio.
2. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo,
sotto un primo profilo, violazione di legge e vizio della motivazione per non avere
la Corte di Appello ritenuto assorbito il reato di usura di cui al capo 3) della

ricorrente avrebbe dovuto essere considerata unica non avendo implicato alcuna
variazione nel tempo rispetto all’originaria pattuizione.
Sotto un secondo profilo, il ricorrente deduce che l’estorsione di cui al capo 4) si
sarebbe arrestata allo stadio del tentativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.In ordine alla prima questione, la Corte di Appello, a fg. 7 della sentenza,
espressamente confutava l’assunto del ricorrente, pedissequamente riproposto
con il ricorso, secondo cui la condotta costituente il reato di usura sub capo 3)
dovesse ritenersi assorbita in quelle contestate ai capi 1) e 2).
Sottolineando, con motivazione immune da censure logico-giuridiche rilevabili in
questa sede, che nel marzo del 2013, dopo che la persona offesa Gandini Giorgio
era già stata sottoposta ad usura da parte dell’imputato (secondo quanto
enucleato nei capi 1) e 2) della rubrica), vi era stata una riunione tra
quest’ultimo, lo stesso Gandini e tale Belotti; nella quale, tenuto conto che il
Gandiní aveva manifestato la sua impossibilità a pagare le ulteriori rate del
negozio illecito intercorso con il ricorrente, il Belotti si era dimostrato disponibile
ad accollarsi il debito del Gandini, continuando a pagare le ulteriori rate del
prestito corredate da interessi usurari.
Si era, pertanto, verificata, quella che la Corte, richiamando una sentenza di
legittimità, ha ritenuto essere una novazione soggettiva del rapporto
sinallagmatico e non una semplice rinnovazione della primitiva pattuizione, la
quale, al contrario, avrebbe dovuto presupporre l’identità dei contraenti.
Per il che, correttamente la Corte di Appello ha considerato tale condotta come
integrativa di un diverso reato di usura (posto in essere contro un nuovo
soggetto passivo), da porre in continuazione con i precedenti.

rubrica in quelli contestati ai capi 1) e 2), dal momento che la condotta del

Rispetto a tale assunto, il ricorrente si è limitato, senza offrire alcuna valida
ragione giuridica, a ribadire che tale novazione non avrebbe comportato alcuna
variazione dell’originaria pattuizione intervenuta con Gandini Giorgio.
2. Anche la seconda questione posta con il ricorso, riguardo alla qualificazione
giuridica del reato estorsivo come tentato anziché consumato, è stata
specificamente affrontata e risolta dalla Corte di Appello con ineccepibile
motivazione.
Essendosi sottolineato come l’intervento di un terzo soggetto per mediare i

che la persona offesa aveva manifestato in quel torno di tempo le sue difficoltà a
pagare la rata mensile del prestito ad usura – avesse sortito il solo effetto di
differire il pagamento della rata di agosto 2013; ma la vittima, subendo le
minacce del ricorrente siccome indicate nella sentenza, aveva ripreso
regolarmente a pagare nel mese di settembre successivo; con il che, l’estorsione
finalizzata all’ottenimento dei pagamenti a tassi usurari aveva raggiunto il suo
scopo, come la stessa difesa ha ammesso facendo essa stessa riferimento alla
ripresa dei pagamenti nel settembre del 2013.
Ne consegue che il reato sub capo 4) – contestato in forma continuata fino al
marzo del 2014, proprio in ragione dei pagamenti avvenuti da settembre 2013 in
poi – era stato portato a consumazione.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro rnillecinquecento/00
alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 7.06.2016.
Il Consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

Il Pre•cle te
tipino

rapporti tra la vittima Gandini e l’imputato, nel mese di luglio del 2013 – stante

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