Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29821 del 18/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29821 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANCELLIERI CLAUDIO N. IL 27/06/1970
avverso la sentenza n. 1008/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 11/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 18/06/2014

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Cancellieri Claudio avverso la sentenza
emessa in data 11.12.2012 dalla Corte di Appello di Bologna che, in parziale riforma
di quella del Tribunale di Rimini in data 15.1.2010, assolto l’imputato dai un reato,
rideterminava la pena per il residuo reato di cui all’art. 187 C.d.S. in mesi tre e giorni
dieci di arresto ed C 1.667,00 di ammenda.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al diniego delle
circostanze attenuanti generiche.

aspecifica oltre che non consentita nella presente sede.
Premesso che le attenuanti generiche non hanno formato oggetto di specifica
doglianza in sede di appello, sicchè il giudice a quo non era obbligato ad alcuna
motivazione sul punto, in ogni caso la censura è sfornita dell’indicazione delle
concrete ragioni poste a suo sostegno ed è stata resa congrua motivazione in ordine
alla corretta commisurazione della pena inflitta.
Del resto, la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto
lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, tanto che
“ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice
può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.,
quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del
beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o
all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal
senso” (Cass. pen. Sez. II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163).
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro
1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così • -ciso in Roma, il 18.6.2014

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Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata ed

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