Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29820 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29820 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
AMARIEI MARIUS, nato a Slobozia Ialomita (Romania) il C=Niai

2.3

Avverso la sentenza pronunciata nei suoi confronti il 20.5.2015 dalla Corte d’Appello di
Catanzaro;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Stefano Mogini;
udite le conclusioni del sostituto procuratore generale Paolo Canevelli, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
udito l’Avv. Paola Chiovelli, difensore d’ufficio del ricorrente, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Catanzaro ha ritenuto sussistenti le
condizioni per la consegna alla Repubblica di Romania di Amariei Marius, richiesto con mandato

Data Udienza: 09/07/2015

di arresto europeo emesso il 3.4.2015 dall’a.g. rumena per l’esecuzione della sentenza n.
536/2014 pronunciata il 11.12.2014 dal Tribunale di Panciu e divenuta irrevocabile il
30.12.2014, con cui l’Arnariei è stato condannato, previo cumulo con precedente condanna in
forza di mandato di esecuzione della pena detentiva n. 482/2014 del 23.1.2015 emesso pure
dal Tribunale di Panciu, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione per il reato di truffa
(artt. 37, lett. a) e 244, commi 1 e 2 c.p.rumeno).

2.

cassazione.

per

ricorso

presentato

ha

Amariei

Marius

2005 per il mancato rispetto delle regole sull’equo processo svoltosi in Romania, poiché egli è
rimasto contumace nel procedimento a suo carico non avendone mai avuto conoscenza.
Con il secondo motivo assume che la Corte territoriale avrebbe dovuto rifiutare la consegna
con riferimento alla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. h) sussistendo il concreto
pericolo che, una volta consegnato, egli sia sottoposto a trattamenti degradanti nell’esecuzione
della pena, tenuto conto che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Romania
per le condizioni delle sue carceri e l’assenza di assistenza medica intramuraria. Inoltre,
sottolinea che la stessa Amministrazione Nazionale dei Penitenziari rumena ha riferito nel 2005
delle carenze del sistema carcerario rumeno, con accertate violazioni dei diritti umani in
relazione

al

sovraffollamento,

alle

condizioni

igieniche

e

di

lavoro

improprie.

Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 18. comma 1. lett. r) cit. L., sostenendo che la
Corte d’appello avrebbe dovuto rifiutare la consegna in ossequio alla sentenza n. 227/2010
della Corte costituzionale, risultando egli effettivamente dimorante e di fatto residente in Italia
dal

24.10.2014,

ove

in

Bisignano

lavora

e

convive

con

la

compagna.

Con l’ultimo motivo viene impugnata la sentenza per violazione dell’art. 8 L. 69/2005, non
sussistendo nel caso di specie ipotesi di consegna obbligatoria, avendo questa Corte affermato
in passato che la consegna alla Romania deve essere rifiutata per mancanza del requisito della
doppia incriminabilità del fatto contestato in un caso nel quale la condotta, qualificata come
truffa in diritto rumeno, era consistita nella semplice emissione di assegni a vuoto, non
sanzionata penalmente in Italia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
3.1. Il primo motivo è privo di pregio. Il mandato d’arresto europeo di cui viene chiesta
l’esecuzione precisa che il ricorrente è stato chiamato a comparire di persona ed è stato
informato della data e del luogo dell’udienza che ha portato alla sentenza di condanna nei suoi
confronti. Inoltre, questa Corte ha avuto modo di accertare, in altri processi, che la legge
rumena prevede che la persona estradata per essere sottoposta ad una pena derivante da una

Con il primo motivo deduce la violazione degli artt. 18, comma 1, lett. g) e 19 L. n. 69 del

condanna in absentia, può, su sua richiesta, essere nuovamente giudicata dalla stessa Corte
che ha emesso il giudizio nella precedente fase. Pertanto, deve escludersi la violazione della L.
n. 69 del 2005, art. 19, comma 1, lett. a) (ex multis, Sez. 6, n. 43537 del 15.10.2014, Florin,
rv. 260448).
3.2. Infondato è pure il motivo relativo alla presunta violazione dell’art. 18, comma 1, lett. h)
Legge cit. Perché possa essere rifiutata la consegna è necessario che sussista un “serio
pericolo” che la persona sia sottoposta alla tortura o a pene e trattamenti inumani o
degradanti, mentre nella specie è stata solo prospettata una condizione di sovraffollamento
delle carceri e di una possibile mancanza di assistenza medica adeguata, senza alcuna

D’altra parte, le sentenze della Corte europea citate dal ricorrente hanno riguardato la
condizione specifica di singole persone, ma senza muovere alcuna critica generale al sistema
penitenziario rumeno (Sez. 6, n.43537 del 15.10.2014, Florin).
3.3. Con riferimento al terzo motivo, con cui si sostiene la illegittimità della consegna in
presenza del radicamento in Italia del ricorrente, si osserva che la L. n. 69 del 2005, art. 18,
comma 1, lett. r) così come interpretato dopo l’intervento della Corte costituzionale (sent. n.
227/2010), richiede “l’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero
nello Stato, tra i cui indici concorrenti vanno indicati la legalità della sua presenza In Italia,
l’apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra
quest’ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all’estero, la fissazione in
Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi lavorativi,
familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali. Da tali indici è
possibile prescindere solo per il cittadino comunitario che abbia acquisito il diritto di soggiorno
permanente in conseguenza di un soggiorno in Italia per un periodo ininterrotto di cinque anni”
(tra le molte, Sez. 6, n. 43537 del 15.10.2014, Florin, rv. 260448; Sez. 6, 6 novembre 2012,
n. 43011, Vaduva; Sez. 6, 26 febbraio 2014, n. 9767, Echim).
Peraltro, questi elementi minimi di stabile relazione richiesti tra il cittadino non italiano ed il
territorio nazionale non mutano qualora dovesse farsi riferimento alla nozione di “dimora”. Nel
caso di specie, i caratteri del radicamento non risultano dimostrati, come correttamente ha
ritenuto la Corte d’appello, dal fatto che, come da lui riferito, il ricorrente abita in Italia da
pochi mesi (ottobre 2014) ed ha un contratto di lavoro con decorrenza 16.5.2015 e un
rapporto di convivenza risalente al mese di marzo 2015, avendo egli, in assenza di documenti
italiani, chiesto l’iscrizione anagrafica al Comune di Bisignano solo in data 19.5.2015.
In conclusione, non ricorrono i presupposti di cui all’art. 18, comma 1, lett. r) L. cit..
3.4. Quanto all’ultimo motivo, si rileva che il ricorso è, per un verso, del tutto aspecifico, non
riferendosi in alcun modo al fatto oggetto della sentenza di condanna posta dall’autorità
giudiziaria rumena a fondamento del MAE emesso nei confronti del ricorrente, e, per altro
verso, manifestamente infondato, risultando agli atti che quel fatto, lungi dal concretarsi
nell’emissione di assegni a vuoto, è caratterizzato dalla realizzazione di artifici e raggiri e dal
conseguimento di un ingiusto profitto con altrui danno, sicché sussiste nel caso di specie il

3

dimostrazione del livello di pericolo che una tale situazione può rappresentare.

requisito della doppia punibilità.
4. In conclusione, l’infondatezza dei motivi proposti comporta il rigetto del ricorso con la
condanna del ricorrente al pagamenti delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 2, comma 5.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22 comma 5.

Il Relatore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2015

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