Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29819 del 26/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29819 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: AIELLI LUCIA

Data Udienza: 26/05/2016

Medori Annibale nato a Lucca il 9/2/1941;
avverso la sentenza n. 3403 della Corte d’appello di Firenze del 24/10/2014;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere Lucia Aielli;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Fulvio Baldi che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 24/10/2014 la Corte d’Appello di Firenze, confermava
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sostanzialmente la sentenza del Tribunale di Monsummano Terme del 8/11/2012 che
aveva condannato Annibale Medori per più delitti di cui all’art. 643 c.p., riducendo la
pena avuto riguardo all'( errato) calcolo per !a recidiva.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione Annibale Medori a mezzo del
suo difensore il quale deduce il vizio di mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione (art. 606 lett. e) cod. proc. pen. ) avuto riguardo alla
carenza dell’elemento oggettivo del reato ovvero dell’induzione del Medori nei confronti
della p.o.: Guido Rossetti, a compiere atti di disposizione patrimoniale, ritenuta

testimoni non avevano mai riferito di comportamenti induttivi del ricorrente e che,
viceversa, le risultanze processuali, deponevano per l’insussistenza di un deficit
cognitivo in capo alla persona offesa .

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per essere il motivo manifestamente infondato .
2. Le censure attengono a valutazioni di merito che sono insindacabili nel giudizio di legittimità,
quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e
l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999,
Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del
24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Inoltre le doglianze riproducono pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai
quali la Corte d’appello, attraverso una lettura critica delle risultanze dell’istruttoria
dibattimentale per come interpretate dal giudice di prime cure, ha dato adeguate e
argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera e si
limita a censurare genericamente.
3. Deve infine evidenziarsi che nel caso di specie ci si trova , sostanzialmente , dinanzi ad una
“doppia conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno (nel nostro caso, di condanna) per
cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in
cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio
asseritamente travisato, è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella
motivazione del provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di
Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n.
46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella
motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si
omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui
l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d.
doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il
caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia

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sussistente dalla Corte di merito, sulla base di ” mere supposizioni”, posto che i

richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass., n. 5223/07, ric.
Medina, rv. 236130).
4. Nel caso esaminato, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale
probatorio già sottoposto al giudice di prime cure e, dopo avere preso atto delle censure
dell’imputato in ordine alla asserita carenza di prova in ordine al comportamento induttivo del
Medori, ha evidenziato come gli atti di disposizione patrimoniale della p.o., in quanto
consistenti in “una vera e propria emorragia di denaro posta in essere tramite assegni anche
consistenti, tratti anche a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, in assenza di giustificazione” ,

giurisprudenziale di questa Corte che in tema di circonvenzione di incapaci, ha affermato che
quando la persona offesa si trovi nella situazione di poter essere inabilitata a causa di
condizioni psichiche così precarie da privarla gravemente della capacità di discernimento e di
autodeterminazione, la prova dell’induzione può essere desunta in via presuntiva, potendo
consistere in un qualsiasi comportamento dell’agente cui la vittima non sia in grado di opporsi
e che la porti a compiere in favore dell’autore del reato atti per sé pregiudizievoli e privi di
causale alcuna, che in condizioni normali non avrebbe compiuto ( Sez. 2, n. 4816 del
15/01/2010,Rv. 246279).
5. A ciò si aggiunga che l’asserita insussistenza del deficit psichico che affliggeva il Rossetti, e
la sua non riconoscibilità da parte di terzi, prospettata dal ricorrente quale argomento per
ritenere che il soggetto avesse compiuto gli atti di elargizione, “compos sui”, è stata dalla
Corte superata ritenendo da un lato che la minorata capacità psichica della persona offesa,
avesse subito un’accelerazione da un certo momento in poi, sicché essa si palesava come
perfettamente riconoscibile da chi lo frequentava e lo conosceva da tempo, a nulla rilevando le
deposizioni di chi solo sporadicamente e per atti semplici, ne aveva avuto contatto, dall’altro,
non avendo la pregressa capacità cognitiva del Rossetti, ferma al più all’anno 2005, rilevanza
per ritenere perdurante tale condizione che invece nel corso del tempo, sulla base di quanto
riferito dai testi , aveva avuto una rapida evoluzione in peius.
6. Occorre ribadire che in tema di circonvenzione di persone incapaci, qualora venga
dimostrato che l’agente abbia indotto la vittima al compimento di atti per lei dannosi,
abusando del suo stato di infermità o di deficienza psichica, il reato sussiste anche se la
persona offesa si era comportata in modo analogo quando era ancora “compos sui”, essendo
impossibile stabilire, a causa del sopravvenuto stato di privazione della capacità di
discernimento, se la vittima avrebbe continuato a tenere la stessa condotta ( Sez. 2, n.1923
del 18/12/2015, rv. 265787).
7. Per quanto complessivamente esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
8. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc.
pen., la condanna dell’imputato che lo ha proposto, al pagamento delle spese del
procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla

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deponessero presuntivamente per la sussistenza dell’induzione, in conformità all’indirizzo

luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di
colpa, si stima equo determinare in C 1.500,00 .

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Il consigliere estensore
Lucia Aielli

COSI’ DECISO IL 26.5.2016

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