Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29818 del 18/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29818 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 18/06/2014

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MURA ADUA N. IL 06/08/1987
avverso la sentenza n. 3210/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di TRANI, del 18/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

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Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Mura Adua avverso la sentenza
emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 18.12.2012 dal G.i.p. Tribunale taer di
Trani che applicava alla predetta la pena concordata di anni uno di reclusione ed €
400,00 di multa per il delitto di furto aggravato in abitazione.
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui
all’art. 61 n. 5 c.p. e all’art. 625 n. 4 c.p..

sede di legittimità.
Invero, “in caso di patteggiannento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto
esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce
l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta
descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della
correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per
escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della
congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.” (Cass. pen.,
Sez. IV, 13.7. 2006, n. 34494, Rv. 234824): e a tanto il giudice a quo ha pienamente
ottemperato.
Del resto, in tema di patteggiamento, tutte le statuizioni non illegittime, concordate
dalle parti e recepite in sentenza (tra esse soprattutto quella principale
dell’affermazione di responsabilità, la misura della pena nonché le circostanze
aggravanti e attenuanti, come quelle invocate dal ricorrente), in quanto
manifestazione di un generale potere dispositivo che la legge riconosce alle parti e
che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse parti rimesse in discussione
con il ricorso per cassazione (ex plurimis: Cass. pen. Sez. VI, 19.2.2004 n. 18385,
Rv. 228047).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in € 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA LA RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE
AMMENDE.

Così •eciso in Roma, il 18.6.

Il ricorso è inammissibile non essendo le censure mosse consentite nella presente

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