Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29810 del 20/01/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29810 Anno 2015
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

Spataro Rosanna, nata a Palermo il 27/08/r559~ .

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia del 21/02/2014

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere Guglielmo Leo;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto dott.
Eugenio Selvaggi, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata la sentenza del 21/02/2014 con la quale la Corte d’appello di
Brescia ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal locale
Tribunale, in data 23/05/2013, nei confronti di Rosanna Spataro.
Le imputazioni comprendono un delitto di simulazione di reato (art. 367 cod.
pen.) finalizzato ad una frode in assicurazione (art. 642, comma 1, cod. pen.).
La Spataro aveva denunciato,’ l’11/11/2007, d’aver subito il furto di una sua

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Data Udienza: 20/01/2015

vettura Mercedes, che, nel corso di successivi accertamenti condotti per conto
della società assicuratrice, è risultata oggetto esportazione in Marocco in data
di poco antecedente, cioè il 4/11/2007, ed è poi risultata ancora presente in
territorio marocchino nel successivo mese di dicembre. Si è anche accertato
che, all’atto di chiedere il risarcimento del danno per il furto asseritamente
subito, la ricorrente aveva restituito solo una delle chiavi originali del veicolo
assicurato, avendo denunciato il furto dell’altra chiave durante l’agosto del
2007.

territoriale ha ritenuto compatibile con l’ipotesi accusatoria il fatto che in data
2/11/2007 il veicolo ancora si trovasse nella disponibilità dell’interessata e nel
territorio provinciale di Bergamo, ove era stato sottoposto ad un casuale
controllo dei Carabinieri. Ha escluso, per altro verso, che il veicolo fosse stato
oggetto di «clonazione», affermando dunque che il mezzo esportato in Marocco
fosse proprio quello del quale, successivamente, l’imputata avrebbe denunciato
il furto.

2. Propone personalmente ricorso la Spataro, muovendo varie censure al
provvedimento impugnato.
2.1. In primo luogo – a norma dell’art. 606, comma 1, lettere b), c), d) ed
e), cod. proc. pen. – vengono dedotte violazioni di legge (in rapporto all’art.
195, commi 1 e 3) e vizi di motivazione, avuto riguardo alle ordinanze con le
quali tanto il Tribunale che la Corte di appello hanno respinto la richiesta
difensiva di assumere la testimonianza di Sebastiano Donina, l’investigatore
privato che aveva effettivamente svolto accertamenti richiesti dalla società
assicuratrice interessata. Nel dibattimento è stato sentito Silvano Ripa (o Riva,
come indicato nella sentenza impugnata), funzionario della compagnia di
assicurazioni, ma le sue dichiarazioni sarebbero inutilizzabili, avendo
l’interessato riferito unicamente di circostanze apprese dal teste di riferimento,
del quale è stata negata l’escussione.
Irrilevante sarebbe la circostanza invece valorizzata dalla Corte territoriale, e
cioè che la Difesa aveva a suo tempo consentito alla acquisizione di tutta la
documentazione raccolta dall’investigatore.
2.2. Ancora si deducono i vizi sopra citati, poiché la Corte bresciana avrebbe
violato lo standard probatorio del ragionevole dubbio. Si sarebbe trascurato che
il conducente il quale aveva introdotto l’auto in Marocco non aveva esibito una
procura del proprietario, come sarebbe stato invece necessario, il che
lascerebbe desumere che l’auto viaggiasse con documenti contraffatti, e
costituisse dunque oggetto di «clonazione». Sarebbe stata arbitrariamente
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(o,

Valutando gli argomenti difensivi proposti con l’atto di appello, la Corte

disattesa la spiegazione fornita dalla Spataro per l’indisponibilità di una seconda
chiave del veicolo, che del resto non risulta comprovatannente utilizzata dal
conducente del medesimo all’atto dell’esportazione. Ancora, si sarebbero
compiute presunzioni sfavorevoli sugli orari del controllo dei Carabinieri e del
passaggio di frontiera del veicolo, al fine di affermare la fattibilità, comunque
problematica, di un trasferimento di oltre 2.000 chilometri in poche decine di
ore. Si lamenta, infine, l’assenza di accertamenti sulla persona che avrebbe
condotto il veicolo in Marocco.

legge, in rapporto agli artt. 539, comma 2, e 540 cod. proc. pen. , nonché agli
artt. 163 e 165 cod. pen., avuto riguardo alla statuizione di una provvisionale in
favore della parte civile ed alla subordinazione della disposta sospensione
condizionale della pena al relativo pagamento. I Giudici territoriali non
avrebbero dato alcuna valida giustificazione dei provvedimenti, tra l’altro
fissando l’importo in base alle sole allegazioni, non documentate, della parte
civile.
2.4. Da ultimo, ed in breve, si deduce la violazione delle norme in materia di
prescrizione del reato, e comunque si chiede riconoscere detta prescrizione per
entrambi i reati ascritti, sebbene la stessa ricorrente indichi al 4 ed all’il.
maggio 2015 le date di scadenza dei relativi termini.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è proposto in base ad argomenti privi di fondamento, quando
non inammissibili (perché risolti in motivi diversi da quelli consentiti), cosicché
deve adottarsi una decisione di rigetto. Da tale decisione consegue la
necessaria condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

2. Non sussiste, in primo luogo, la dedotta violazione dei commi 1 e 3
dell’art. 195 cod. proc. pen., in relazione al rifiuto dei Giudici territoriali di
procedere all’escussione dell’investigatore privato che, per conto della
compagnia assicuratrice, aveva raccolto il materiale documentale concernente
l’esportazione della vettura che qui interessa.
La base cognitiva utilizzata dalla Corte territoriale per affermare come e
quando il veicolo era stato imbarcato per il Marocco si fonda essenzialmente su
documenti, e su quella base si fondava la stessa cognizione del teste Riva e del
(mancato) teste Donina. Il quale ultimo, quindi, non aveva dei fatti una
conoscenza più diretta di quella del proprio committente, che, dal canto

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2.3. Con un terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazioni di

proprio, ha tratto le informazioni dai documenti, prima e meglio che dalle
spiegazioni di colui che li aveva semplicemente raccolti.
È vero che, per eludere le implicazioni del semplice rilievo appena svolto, la
ricorrente allude a non meglio precisate necessità difensive di appurare come e
dove l’investigatore avesse acquisito i documenti. Ma l’indagine, in questi
termini, è stata considerata irrilevante dai Giudici territoriali, con un motivato
giudizio di fatto qui non direttamente sindacabile, e comunque del tutto
ragionevole, nella perdurante assenza di minime spiegazioni concrete della

prospettazione di dubbi sull’autenticità dei documenti e certificati di
provenienza pubblica (tanto che la difesa si è poi decisamente orientata, come
in molti casi analoghi, sulla tesi che un veicolo clonato avesse effettivamente
passato la frontiera con le modalità indicate nei documenti acquisiti).
Resta solo da aggiungere come il materiale documentale fosse stato
acquisito al fascicolo dibattimentale con il consenso di tutte le parti, e come la
Corte territoriale ne abbia specificamente vagliato la genuinità e l’attendibilità,
apprezzando tra l’altro la formale autenticazione d’ambasciata della traduzione
e della sottoscrizione.

3. Le osservazioni della ricorrente in merito alla presunta violazione delle
norme penali sostanziali, ed ai correlativi vizi di motivazione, come riassunte al
§ 2.2. del Ritenuto in fatto, mirano inammissibilmente ad ottenere, ad opera di
questa Corte di legittimità, un nuovo e diverso giudizio sul fatto cui si
riferiscono le imputazioni.
Le censure difensive attaccano direttamente le valutazioni che la sentenza
impugnata esprime sulla valenza dimostrativa di singoli elementi di prova.
Atomizzando la sequenza degli avvenimenti, vengono proposte spiegazioni
“alternative” sul preteso furto delle chiavi dell’auto, sul passaggio di questa alla
frontiera, sulla denuncia solo successiva del presunto furto del veicolo (una
sequenza invero piuttosto tipica). Si ribadisce che il primo furto era stato
effettivo, si obietta che poche decine di ore separano il traghettamento
dell’auto dal momento in cui la stessa ancora si trovava in Lombardia (tanto da
essere assoggettata ad un casuale controllo). Queste obiezioni, di dubbia
consistenza (è noto fra l’altro che occorre far trascorrere il minor tempo
possibile tra la consegna dell’auto ad un corriere e la denuncia del furto, che
deve essere sporta successivamente all’esportazione), sono state comunque
prese in considerazione dai Giudici territoriali, che le hanno ritenute inidonee a
contrastare il senso delle circostanze acquisite.

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pretesa utilità investigativa, ed altresì in mancanza della stessa (mera)

La ricorrente afferma di non aver compreso, o comunque di non condividere,
i rilievi con i quali la Corte d’appello ha puntualmente valutato l’argomento
dell’omessa documentazione della procura che sarebbe stata necessaria al
conducente dell’auto per trasportare all’estero la medesima. I rilievi sono in
realtà comprensibilissimi: non si è considerato provato che fosse necessaria
una procura, in generale e comunque nel caso concreto (cioè con riguardo alla
effettiva severità dei controlli); comunque, si è ritenuto che la procura avrebbe
ben potuto essere esibita senza che di ciò restasse traccia nella

argomenti della Corte, ma non ne ha dimostrata (e, per vero, neppure
compiutamente enunciata) né l’irrazionalità né l’inconcludenza.
Insomma, la Corte bresciana ha compiutamente elaborato una tipica
valutazione di merito, cui la ricorrente ne contrappone un’altra (estesa fino a
lamentare il mancato accertamento di questioni collaterali), senza che dalla
contrapposizione emergano reali contraddizioni o carenze della motivazione del
provvedimento impugnato, e men che meno applicazioni inesatte delle norme
di diritto penale sostanziale.

4. Inammissibili ed infondate sono le censure difensive riguardo alla
provvisionale disposta in favore della parte civile ed alla condizione apposta per
la sospensione condizionale della pena inflitta alla Spataro.
Per risalente giurisprudenza, il «provvedimento con il quale il giudice di
merito nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno assegna
alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è
impugnabile per Cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare
in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione
dell’integrale risarcimento» (Sez. U, Sentenza n. 2246 del 19/12/1990, Capelli,
Rv. 186722; in seguito, nello stesso senso, Sez. 5, Sentenza n. 5001 del
17/01/2007, Rv. 236068; Sez. 5, Sentenza n. 32899 del 25/05/2011, Rv.
250934; Sez. 6, Sentenza n. 50746 del 14/10/2014 Rv. 261536; Sez. 2,
Sentenza n. 49016 del 06/11/2014, Rv. 261054; Sez. 3, Sentenza n. 18663
del 27/01/2015, Rv. 263486).
Limiti analoghi segnano anche il sindacato sulla quantificazione della somma
da versare a titolo di provvisionale, e sulla relativa motivazione. Tale sindacato
viene talvolta escluso (Sez. 4, Sentenza n. 34791 del 23/06/2010, Rv.
248348), e talvolta viene limitato ai casi di manifesta irragionevolezza della
liquidazione (Sez. 6, Sentenza n. 49877 del 11/11/2009, Rv. 245701). Anche
nell’ottica delineata da ultimo, però, il ricorso proposto dalla Spataro si rivela
platealmente infondato. La somma liquidata dal Tribunale è relativamente

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documentazione acquisita. La Difesa, evidentemente, non condivide gli

contenuta (3.000,00 euro) e senz’altro proporzionata alla spese sostenute dalla
società assicuratrice per la scoperta ed il perseguimento della frode, oltreché
per la gestione “interna” della vicenda processuale. Né d’altra parte risulta in
alcun modo denunciata una presunta incapacità economica dell’interessata,
contro la quale depone se non altro la disponibilità all’acquisto di una vettura
assai costosa, di talché i riferimenti difensivi alla «prigione per debiti» risultano
davvero inappropriati.
A questo proposito, e per concludere, non ha fondamento la denunciata

sospensivo rispetto al versamento dell’indicata provvisionale. Sia pure in
termini assai sintetici, la Corte territoriale ha rilevato per un verso
l’inconferenza dei correlativi motivi di appello, e per altro verso ha valorizzato
l’inadempimento della Spataro, in ordine al provvedimento immediatamente
esecutivo assunto dal primo Giudice, nell’intero periodo tra la relativa sentenza
ed il giudizio impugnatorio.
In assenza della fissazione di un termine antecedente al passaggio in
giudicato della sentenza, il versamento restava ed è rimasto utile
all’inveramento della condizione sospensiva (della sospensione), ma il ritardo
era certamente circostanza significativa sul piano degli elementi utili ad
orientare l’esercizio della discrezionalità del giudice in materia. Una motivazione
congrua, dunque, che rende insindacabile nella sede presente il relativo
provvedimento.

5. Non merita particolare commento, infine, la dedotta violazione delle
norme sostanziale e processuali in tema di prescrizione, in relazione ad un
termine la cui scadenza è fissata dalla stessa ricorrente riguardo ad una data di
molto successiva a quella nella quale è stata celebrata l’odierna udienza. È
pacifico, in particolare, che al momento della presente pronuncia nessuno dei
reati in contestazione si è estinto per la maturazione del termine prescrizionale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 20/01/2015.

carenza dì motivazione riguardo al condizionamento del provvedimento

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