Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29808 del 07/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29808 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIUFFEDRA GIANMICHELE N. IL 31/07/1987
avverso l’ordinanza n. 1318/2014 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
09/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
~sentite le conclusioni del PG Dott. itczika.)

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Data Udienza: 07/07/2015

Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Bari, investito dell’appello del P.M. presso il Tribunale di, Foggia
avverso l’ordinanza in data 18.9.2014 del G.i.p. del Tribunale di Foggia che yi9ettava
la richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti di Ciuffreda Gianmichele,
in parziale riforma dell’impugnata ordinanza, applicava la misura degli arresti
domiciliari al detto Giuffrida per il delitto di cui agli artt. 81, 110 e 73 dPR 309/1990
(illecita detenzione e plurime cessioni di cocaina) con ordinanza in data 9.3.2015.
2.

Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il predetto Ciuffreda,

2.1. la violazione di legge in ordine alla ritenuta utilizzabilità delle intercettazioni
ambientali e telefoniche su cui si fonda l’accusa per difetto di motivazione dei decreti
autorizzativi anche in ordine al requisito della ‘assoluta urgenza’ e della ‘necessità’;
2.2. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione all’art. 73 dPR
309/1990, attesa la carenza di riscontri oggettivi alle risultanze delle captazioni
(rilevata dal G.i.p. che aveva rigettato la richiesta cautelare), l’incensuratezza del
ricorrente e l’incertezza della sua identificazione nonché dell’ubicazione della sua
abitazione.
2.3. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al criterio di scelta
della misura adeguata e proporzionata alla fattispecie concreta.
3. Sono stati depositati in data 11.6.2015 motivi nuovi con i quali, oltre a ribadire le
doglianze già espresse in ricorso, si rappresentano la violazione di legge éd il vizio
motivazionale in relazione alla persistenza delle esigenze cautelari atteso il tempo
trascorso dai fatti delittuosi,

la personalità non pericolosa del ricorrente e la

cessazione di esigenze cautelari dichiarata dallo stesso P.M. procedente per i
coimputati del ricorrente.
Si evidenzia, infine, la mancanza di motivazione in ordine al divieto di applicazione di
misure custodiali previsto dall’art, 275, comma 2 bis c.p.p. connesso al trattamento
sanzionatorio che potrebbe essere applicato -in concreto- al ricorrente in caso di
condanna.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
5. In tema di misure cautelari personali, l’insussistenza (o meno) dei gravi indizi di
colpevolezza e delle esigenze cautelari è rilevabile in cassazione soltanto se . si traduce
nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità
della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di
legittimità, in particolare, non riguarda né la ricostruzione dei fatti, né
l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e
concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che, pur
formalmente investendo la motivazione, si risolvono in realtà nella prospetta. zione di

deducendo, in sintesi:

una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito. Da ciò
derivando che, ove venga denunciato, con ricorso per cassazione il ‘vizio di
motivazione del provvedimento cautelare in ordine alla consistenza dei gravi, indizi di
colpevolezza, alla Corte di legittimità spetta solo il compito di verificare se il giudice di
merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare
o negare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti

delle risultanze probatorie (ex ceteris: Cass. pen. Sez. I, 20.2.1998, n. 1083, Rv.
210019; Sez. IV, 17.8.1996, n. 2050, Rv.206104; Sez. I, 12.12.2007, Prisco; Sez. •
II, 17.9.2008, Fabbretti ed altri).
Al riguardo, si osserva che il contenuto di un’intercettazione, anche quando’si risolva
in una precisa accusa in danno di terza persona, indicata come concorrente in un
reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiari di aver partecipato,
non è equiparabile alla chiamata in correità e pertanto, se anch’esso deve essere
attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non è però
soggetto, in tale valutazione, ai canoni di cui all’art. 192, comma terzo, cod. proc.
pen. (Sez. V, n. 21878 del 26/03/2010 Rv. 247447 e succ. conformi).
Gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle quali
non abbia partecipato l’imputato, costituiscono fonte di prova diretta soggetta al
generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato, previsto
dall’art. 192 comma primo, cod. proc. pen., senza che sia necessario reperire dati di
riscontro esterno; qualora, tuttavia, tali elementi abbiano natura indiziaria, essi
dovranno possedere i requisiti di gravità, precisione e concordanza in conformità del
disposto dell’art. 192, comma secondo cod. proc. pen. (Cass. Pen. Sez. I, ‘n. 37588
del 18.6.2014, Rv. 260842).
Ciò premesso, l’interpretazione del linguaggio criptico da parte del tribunale si fonda
non già su mere congetture bensì talora su riscontri a posteriori del significato illecito
della conversazione intercettata (pag. 6), talora sulla logica disamina del discorso,
calato nelle realtà storiche ed usuali dei dialoganti (pagg. 9-10).
Inoltre, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è legittima la
motivazione “per relationem” dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia
richiamo alle richieste del P.M. ed alle relazioni di servizio della polizia giudiziaria,
ponendo così in evidenza, per il fatto d’averle prese in esame e fatte proprie, l'”iter”
cognitivo e valutativo seguito per giustificare l’adozione del particolare mezzo di
ricerca della prova. (Principio affermato in relazione ad intercettazioni disposte
nell’ambito di indagini in materia di criminalità organizzata e presupponenti il requisito
di “sufficienti indagini di reato”, ai sensi dell’art. 13 D.L. n. 152 del 1991, conv. in

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rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento

legge n. 203 del 1991). (Sez. V, n. 24661 del 11/12/2013, Rv. 259867; Sez. VI, n.
42688 del 24/09/2008, Rv. 242418).
7. Quanto alle esigenze cautelari, però, la revoca della misura cautelare nei confronti
dei coimputati intervenuta appena il giorno successivo a quello in cui è stata emessa
l’ordinanza impugnata, lascia decisamente perplessi: invero, le esigenze cautelari, alla
luce dell’epoca del commesso reato e delle suddette circostanze, del resto, non
appaiono sorrette da adeguata motivazione in ordine alla loro attualità.
Invero, non si spiega a sufficienza come possano ritenersi ancora sussistenti le

a fronte di condotte esauritesi circa due anni prima dell’ordinanza impugnata e
dell’incensuratezza dell’indagato.
Peraltro, la Legge n. 47 del 16.4.2015, che ha modificato, tra gli altri, anche lyt. 274
comma 1, lett. c) c.p.p. inserendo (all’art. 2, comma 1 lett. a) dopo la parola “Pericolo
concreto” anche quelle “e attuale”, ha preteso che il pericolo di reiterazione di reati
della stessa specie sia attuale e che di tanto il G.i.p. e poi il Tribunale del riesame
diano motivato conto nelle rispettive ordinanze.
Tale novella legislativa deve ritenersi applicabile, benché l’ordinanza impugnata sia di
poco anteriore alla sua entrata in vigore, anche al caso in esame, alla luce della
pronuncia della Corte Costituzionale n. 231 del 2011 il cui insegnamento, appunto, è
stato sostanzialmente trasfuso nella norma positiva sopra richiamata.
Ma, come sopra anticipato, dell’attualità del pericolo di reiterazione l’ordinanza
impugnata non tratta con il dovuto approfondimento non apparendo tale giudizio
esser fondato su dati concreti attuali e non essendo stata analizzata in alcun modo la
condotta di vita familiare e sociale tenuta dall’indagato negli ultimi tempi.
Ed anzi, a ben vedere, non risulta nemmeno valutata la concretezza del pericolo di
reiterazione predetto, richiamato dall’art. 274, comma primo, lett. c), cod. proc. pen.,
che non si identifica con quello di “attualità” derivante dalla riconosciuta esistenza di
occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, dovendo, al contrario,
essere riconosciuto alla sola condizione, necessaria e sufficiente, che esistano
elementi “concreti” (cioè non meramente congetturali) sulla base dei quali possa
affermarsi che l’imputato, verificandosi l’occasione, possa facilmente commettere reati
che offendono lo stesso bene giuridico di quello per cui si procede (Cass. pen. Sez. V,
n. 24051 del 15.5.2014, Rv. 260143).
Si deve riconoscere, pertanto, la sostanziale mancanza di adeguata motivazione sul
punto in questione.
Tanto è assorbente delle ulteriori censure.
8. Consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del
riesame di Bari per nuovo esame.
P.Q.M.

esigenze cautelari (segnatamente di quelle di cui all’art. 274 comma 1, lett., c c.p.p.)

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale( del riesame di Bari p’er
.. nuovo
44.
esame.

Così deciso in Roma, il 7.7.2015

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