Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29794 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29794 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BLANCO FILIPPO MARIO N. IL 18/07/1982
avverso la sentenza n. 3313/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
29/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per A
11 o 04
6,9-•.,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/06/2015

Ritenuto in fatto

La Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado,
dichiarava la penale responsabilità di BLANCO Filippo Mario, per il reato
di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa
antinfortunistica in danno del lavoratore LO Pathe, il quale, dipendente
da appena due giorni della ditta,della quale l’imputato era il legale

condotto di bancali di vasche da bagno, ognuna del peso di una
tonnellata, veniva investito, con la dinamica di seguito descritta, dal
carico, subendo così uno schiacciamento cranio-toracico che ne
determinava il decesso.

All’imputato era stato contestato di non aver provveduto a fornire al Lo
Pathe la dovuta formazione in ordine alle operazioni di scarico che
doveva effettuare né adeguata attrezzatura per l’espletamento delle sue
mansioni.

Il reato era contestato in concorso anche al legale rappresentante della
società committente il trasporto, al quale era stato addebitato di non
aver prescritto istruzioni per le operazioni di scarico e consegna della
merce all’interno del piazzale dell’azienda e di aver fornito al lavoratore
un trans pallet ( carrello elevatore) manuale ( a due ruote) e non
elettrico (a quattro ruote), ritenuto inidoneo alla movimentazione dei
bancali di vasche di ghisa.

La sentenza di primo grado aveva assolto gli imputati con la formula per
non aver commesso il fatto e, comunque, perché il fatto non costituisce
reato.

In via preliminare il giudicante procedeva, alla luce delle dichiarazioni
testimoniali del carrellista in servizio presso la società committente, ad
una dettagliata ricostruzione della dinamica dell’infortunio nei seguenti
termini: il Lo Pathe, al quale era stato fornito dalla società committente
un muletto manuale ( della portata di due tonnellate) per movimentare
il carico, aveva inforcato correttamente in modo longitudinale uno dei

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rappresentante, durante le operazioni di scarico dal camion da lui

bancali quando, resosi conto che lo stesso stava pericolosamente
inclinandosi verso la sua destra, si era prodigato per evitarne la caduta,
portandovisi davanti con il proprio corpo nel disperato tentativo di
sorreggerlo con le braccia, rimanendone travolto.
Alla luce di tale ricostruzione, con riferimento alla posizione dell’odierno
ricorrente, il giudicante affermava che l’infortunio era stato determinato
dal «comportamento istintivo» del lavoratore, il quale aveva tentato di

l’evento. La condotta istintiva del lavoratore costituiva dunque
comportamento eccezionale idoneo ad interrompere il nesso di causalità
tra omissione del datore ed evento lesivo.

La Corte di appello, su ricorso del P.G. e delle parti civili, non
condivideva tale impostazione ed affermava la responsabilità del Bianco
per il delitto di omicidio colposo condannandolo alla pena di anni due di
reclusione ( solo per completezza espositiva si rileva che è stato accolto
il ricorso che le parti civili avevano proposto nei confronti del titolare
della ditta committente, che è stato dichiarato responsabile agli effetti
civili e condannato in solido al risarcimento dei danni).
La sentenza impugnata dava, innanzitutto, rilievo alla condotta omissiva
dell’imputato che non aveva provveduto a fornire al Lo Pathe la dovuta
formazione, come emergeva dalla circostanza che la relativa
attestazione non risultava sottoscritta dal lavoratore; veniva, altresì,
ritenuta scarsamente credibile la tesi difensiva secondo la quale il
lavoratore avrebbe partecipato ad un corso di formazione, che, peraltro,
avrebbe avuto la durata di un’ora e che allo stesso era stato vietato di
occuparsi dello scarico della merce.
I giudici di appello accoglievano i motivi di impugnazione sul rilievo che
la condotta istintiva del lavoratore, che si era spostato volontariamente
nella posizione più rischiosa nel tentativo inane di contrastare con le
mani la caduta del carico, pure imprudente, non era certamente avulsa
dall’attività lavorativa, nella quale era pienamente inserita, potendo anzi
essere messa in stretta relazione proprio con la mancanza di formazione
del lavoratore, così come la scelta di effettuare lo scarico dei bancali dal
retro del semirimorchio e non dalle sponde laterali a mezzo di un

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reggere un carico del peso di una tonnellata, determinando così

carrello operante direttamente da terra e l’avere comunque utilizzato un
trans pallet inidoneo a causa della superficie sconnessa del cassone.

Ricorre per cassazione il Bianco proponendo due motivi.

Con il primo lamenta l’erronea applicazione della legge penale laddove
la Corte di appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva

ìnterruttiva del nesso causale.
Si sostiene che la sentenza si pone in contrasto con l’art. 5 d.Lvo
626/1994, secondo il quale grava sul lavoratore il dovere di prendersi
cura della propria salute e sicurezza nonché anche di quella delle altre
persone presenti sui luoghi di lavoro nonché con l’art. 6, lettera c)
d.P.R. 547/55, che dispone l’obbligo del lavoratore di segnalare le
situazioni di pericolo di cui venga a conoscenza.

Si propone la tesi, fatta propria dal giudice di primo grado, della
configurabilità di una condotta abnorme del lavoratore, il quale aveva
reagito in maniera istintiva ed impulsiva ad un inconveniente che si
verificava al momento dell’atto di sollevare la merce con il trans pallet,
violando la regola di diligenza imposta dall’art. 1176 c.c.

Si ribadisce che la vittima non era stata assunta al fine di caricare o
scaricare la merce bensì esclusivamente per lo svolgimento del ruolo di
autista.

Con il secondo motivo si duole della manifesta illogicità della
motivazione con riferimento all’affermata carenza di formazione del
lavoratore, giacchè quest’ultimo aveva partecipato al corso in data
29.5.2007. In ogni caso, tale eventuale profilo non avrebbe avuto alcun
rilievo visto che il Lo Pathe aveva perso la vita per una imprudenza non
attinente alle mansioni per cui era stato assunto.

Con lo stesso motivo si lamenta la manifesta illogicità della motivazione
anche con riferimento alla ricostruzione della dinamica del sinistro che
non avrebbe tenuto in debito conto le dichiarazioni testimoniale rese dai
lavoratori presenti al momento del fatto.

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escluso la configurabilità della condotta abnorme del lavoratore,

Considerato in diritto

Il ricorso non merita accoglimento, siccome infondato.

La sentenza impugnata è corretta nell’applicazione dei principi di
diritto, non presenta vuoti motivazionali né è caratterizzata dalle

asserite illogicità.

In proposito, giova preliminarmente evidenziare che la Corte di appello
ha tenuto conto degli elementi acquisiti e, pure confermando la
ricostruzione della dinamica del sinistro in conformità a quella operata
dal giudice di primo grado, è pervenuta a conclusioni difformi,
condivise da questa Corte.

A fondamento del giudizio di responsabilità del datore di lavoro della
vittima sono state poste due circostanze di fatto: l’omessa formazione
del lavoratore, dimostrata dal fatto che la relativa attestazione non
risultava sottoscritta dal lavoratore e dalla ritenuta scarsa credibilità
della versione difensiva sul punto; la imprudente ma non abnorme
condotta del Lo Pathe, in quanto pienamente inserita nell’attività
lavorativa ed in stretta relazione proprio con la mancanza di
formazione dello stesso.

Tale argomentazione appare concludente, ancorata ad emergenze
obiettive ed immune da vizi logici.

Nessuna delle specifiche censure di legittimità mosse alla decisione
impugnata coglie nel segno.

Quanto all’asserita abnormità della condotta del lavoratore, l’ipotesi
tipica di comportamento “abnorme” è quella del lavoratore che provochi
l’infortunio ponendo in essere, colposamente, un’attività del tutto
estranee al processo produttivo o alle mansioni attribuite, realizzando in
tal modo un comportamento “esorbitante” rispetto al lavoro che gli è
proprio, assolutamente imprevedibile (ed evitabile) per il datore di
lavoro (come, ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi ad

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un’altra macchina o ad un altro lavoro, magari esorbitando nelle
competenze attribuite in esclusiva ad altro lavoratore).

Con la sentenza della Sezione IV, 10 novembre 2009, parte civile Iglina
ed altro in proc. Brignone ed altri,si è esteso il concetto di “abnormità”,
ammettendo che questo possa ravvisarsi anche in situazioni e in
comportamenti “connessi” con lo svolgimento delle mansioni lavorative.
In tale occasione, la Corte di legittimità, riprendendo alcuni spunti

Sezione IV, 27 novembre 1996, Maestrini), ha puntualmente precisato
che il carattere dell’abnormità può essere attribuito non solo alla
condotta tenuta in “un ambito estraneo alle mansioni” affidate al
lavoratore e, pertanto, concettualmente al di fuori di ogni prevedibilità
per il datore di lavoro, ma anche a quella che pur “rientrando nelle
mansioni proprie” del lavoratore sia consistita in qualcosa di
radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi,
prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.

Ciò che

conta,

in

sostanza,

è

la

considerazione della

prevedibilità/imprevedibilità della condotta del lavoratore, che può
presentarsi negli stessi termini anche quando si discuta di attività
strettamente connesse con lo svolgimento dell’attività lavorativa.

In questa prospettiva, il comportamento istintivo ( come è stato definito
dal giudice di primo grado) del lavoratore di cercare di contrastare con
le mani la caduta del carico di circa una tonnellata è appunto istintivo e
dunque ampiamente prevedibile, essendo frutto di una reazione che
sfugge ai meccanismi di controllo razionale ( v. in questo senso, Sezione
IV, 26 giugno 2007, n. 24869, Corsi).

Di condotte del genere occorre quindi tener conto nella previsione delle
procedure di sicurezza del lavoro.

Nè, d’altra parte, per quanto sopra esposto, tale situazione può
integrare un comportamento talmente abnorme ed esorbitante
rispetto alla procedura di lavoro da determinare l’interruzione del

nesso causale.

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giurisprudenziali (cfr. Sezione IV, 3 giugno 2004, Giustiniani; nonché,

E’ vero, infatti, come sostenuto in ricorso che il lavoratore, pur
essendo il soggetto primariamente tutelato dalla normativa
prevenzionale, è anch’egli titolare di una posizione di garanzia nella
materia del lavoro.
Si potrebbe dire che la posizione del lavoratore è una situazione
bifronte: il lavoratore come soggetto destinatario di responsabilità e
come soggetto destinatario di protezione.

Importante, in proposito, è la disposizione che dettaglia in maniera
ancora più puntuale rispetto alla previgente disciplina (cfr., in
particolare, l’ articolo 6 del dpr n. 547 del 1955), gli obblighi
comportamentali del lavoratore (articolo 20 del decreto legislativo n.
81 del 2008). Di rilievo, in particolare, è l’obbligo imposto dal comma
1 del citato articolo al lavoratore di prendersi cura non solo della
propria salute e sicurezza, ma anche di quella delle altre persone
presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue
azioni od omissioni.
Si tratta di un obbligo cautelare “specifico”, la cui violazione può
integrare un addebito a titolo di “colpa specifica”, con gli effetti, in
caso di danno alle persone, di cui agli articoli 589, comma 2, e 590,
comma 3, c.p..

Ma tale disposizione va letta unitamente quella ( art. 18, comma 3

bis) che cristallizza, con apposita previsione normativa, l’obbligo di
vigilanza del datore di lavoro e del dirigente sull’adempimento degli
obblighi previsti a carico di lavoratori, preposti, progettisti, fabbricanti,
fornitori, installatori, medici competenti, come peraltro già ritenuto
dalla giurisprudenza consolidata; la violazione di tale obbligo di
vigilanza è stata autonomamente sanzionata ai sensi del successivo
art. 55 del D.Igs. n.81/2008, a seguito delle modifiche introdotte con il
decreto legislativo n. 106 del 2009.

La responsabilità del datore di lavoro non è, pertanto, esclusa dai
comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che
abbiano contribuito alla verificazione dell’infortunio.
Ciò in quanto al datore di lavoro è imposto (anche) di esigere il
rispetto delle regole di cautela da parte del lavoratore: cosicchè il

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datore di lavoro è “garante” anche della correttezza dell’agire del
lavoratore (cfr. articolo 18, comma 1, lettera f), del decreto legislativo
n. 81 del 2008, che impone al datore di lavoro di richiedere
l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché
delle disposizioni aziendali in tema di sicurezza del lavoro e di uso dei
mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali
messi a loro disposizione).

richiamabile l’art. 1176 c.c., giacchè, anche a fronte di un
comportamento del lavoratore in violazione delle regole di diligenza- e
pertanto imprudente- non vale, per quanto sopraesposto, l’esonero di
responsabilità del datore di lavoro.

Priva di qualunque sostegno è la tesi che il Bianco non aveva assunto
la vittima al fine di caricare o scaricare la merce bensì solo ed
esclusivamente per lo svolgimento del ruolo di autista.

Parimenti è stato escluso in fatto dalla Corte di merito che l’imputato
abbia fornito al Lo Pathe la dovuta formazione e, a fronte di un
apparato argorrentativo esente da violazioni di legge e logicamente
sviluppato, il dissenso “di merito” espresso in ricorso non può, dunque,
trovare accoglimento.

Trattasi di ricostruzione qui incensurabile.

Per le i -agioni che precedono il ricorso va rigettato, con condanna del
ricorrente ex art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M. da
rigetta ii ricorso e condanna il ricorrent
Così deciso in data 17 giugno 2015

Il Consigliere estensore

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spese processuali.

A fronte di questo specifico quadro normativo non è utilmente

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