Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29793 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29793 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GABRIELLI ANNAMARIA N. IL 06/01/1951
avverso la sentenza n. 2557/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
30/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore GenArale in persona del Dott.(9-1 y 1,\Q
che ha concluso per i y
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.”

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv//

“,_,

Data Udienza: 17/06/2015

Ritenuto in fatto

GABRIELLI Annamaria

ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che,

confermando quella di primo grado, l’ha ritenuta responsabile delle violazioni di cui
all’articolo 189, commi 6 e 7, del codice della strada, condannandola, concesse le
attenuanti generiche, alla pena di mesi nove di reclusione, con la sospensione
della patente di guida per anni uno e mesi nove ( fatti del 5.6.2009).

l’imputata aveva cagionato un incidente con danno ad una persona e che si era
allontanata senza ottemperare all’obbligo di fermarsi e senza prestare assistenza
alla persona ferita. La sentenza sottolineava, altresì, il dolo dell’imputata che non
poteva non essersi accorta che il pedone era stato colpito tanto da cadere a terra,
lamentando dolore.

Con il ricorso si articolano cinque motivi.

Con il primo motivo si lamentano generiche censure in rito e violazione del diritto
alla prova per mancato accoglimento della richiesta di sentire come teste il
carabiniere che nella immediatezza del fatto aveva ricevuto l’esposto orale
dell’imputata.

Con il secondo e terzo motivo, strettamente connessi, si deduce la carenza di
motivazione prospettando una diversa ricostruzione del fatto.

Con il quarto motivo si lamenta la mancata concessione dell’attenuante speciale
per avere risarcito il danno.

Con il quinto motivo si deduce l’eccessività della sanzione amministrativa
accessoria della sospensione della patente di guida.

Considerato in diritto

Devesi preliminarmente ribadire, con riferimento alla istanza pervenuta a mezzo
fax in data 16 giugno 2015 dal difensore dell’imputata, che – come già rilevato con
separata ordinanza resa in udienza – la circostanza dedotta non può ritenersi
idonea a giustificare il chiesto differimento.

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La Corte di merito, disattendendo i motivi di appello, riteneva dimostrato che

Non si trae invero dalla certificazione medica allegata che il disturbo sofferto
(“lombosciatalgia acuta destra”) sia tale da impedire in modo assoluto la
partecipazione all’udienza da parte del difensore.
Inoltre, questi neppure ha allegato l’impossibilità di farsi sostituire.

E’ sufficiente qui ricordare che secondo la giurisprudenza consolidata di questa
Corte ( v. da ultimo, Sezione IV, 13 novembre 2014, Pezzetta, rv. 261182, alla
quale si rinvia per la completezza dei riferimenti e dei principi) l’impedimento

determinare l’assoluta impossibilità a comparire del difensore e che la richiesta di
rinvio deve essere corredata dalla indicazione della impossibilità di avvalersi di un
sostituto a sensi dell’art. 102 c.p.p. Situazioni, all’evidenza, non rinvenibili nel caso
in esame.

Ciò premesso, il ricorso è manifestamente infondato.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

E’, invero, prospettata una violazione di disposizioni processuali in cui sarebbe
incorso il giudice.
Non sono, però, offerte al giudice di legittimità le indicazioni essenziali per
apprezzarne la fondatezza.

Le censure sul giudizio di responsabilità, prospettate con il secondo e terzo motivo,

e realtà,

mirano a introdurre una censura di merito sull’apprezzamento

concordemente operato dai giudici di primo e secondo grado in ordine alla piena
consapevolezza in capo all’imputata, con particolare riferimento proprio
all’elemento soggettivo del dolo.

La decisione, invece, è giuridicamente corretta e motivata in modo satisfattivo.

Giova ricordare che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 189,
comma 6, del codice della strada, che punisce l’utente della strada che, in caso di
incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, il dolo
richiesto per la punibilità può essere integrato anche dal solo dolo eventuale, non
essendo necessario il dolo intenzionale (cfr. ex pluribus

Sezione IV, 10 dicembre

2009, Roman).

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rilevante, ai sensi dell’art. 420-ter, comma 5, c.p.p.,è solo quello in grado di

Sul punto, è satisfattivo il ragionamento dei giudici di merito, basato, come si è
accennato, sulle modalità dell’investimento, alla luce delle dichiarazioni della
persona offesa e dei testimoni oculari: mentre il pedone attraversava la strada
sulle strisce pedonali, la Gabrelli, alla guida dell’autovettura, lo colpiva alle gambe
facendolo cadere per terra. E stato altresì sottolineto dai giudici di merito che la
stessa aveva apprezzato di avere investito il pedone, che aveva riportato lesioni,
successivamente documentate al pronto soccorso: ergo, valorizzandosi situazioni
che rendevano probabile che si fosse verificato quel danno alla persona che fonda

Quanto detto a proposito del dolo richiesto per la punibilità del reato di cui
all’articolo 189, commi 1 e 6, del codice della strada, vale, a fortiori, per il reato di
cui al combinato disposto dell’articolo 189, commi 1 e 7, del codice strada, che
punisce la violazione dell’obbligo di fermarsi e di “prestare assistenza alle persone
ferite” da parte dell’ utente della strada, in caso di incidente con danno alle
persone comunque ricollegabile al suo comportamento.

Anche in questo caso è necessario

che ogni componente del fatto tipico

(segnatamente il danno alle persone e l’ esservi persone ferite, necessitanti di
assistenza) deve essere conosciuta e voluta dall’agente (per riferimenti v. ,
Sezione IV, 10 aprile 2006, n. 21445, Marangoni).

La sentenza si è mossa in ossequio a questi principi, attraverso una ricostruzione
della vicenda non rinnovabile in questa sede.

La ricostruzione dell’impugnante è inaccoglibile perché tipicamente volta a
sollecitare una diversa ricostruzione del fatto, non consentita in sede di legittimità.

Le argomentazioni, del tutto generiche, svolte dal ricorrente, in chiave di puro
merito, non valgono a scalfire la motivazione fornita dai giudici di merito, sopra
sinteticamente ricordata, in punto di responsabilità: ed invero il giudicante non ha
mancato di richiamare espressamente gli elementi acquisiti a carico dell’imputato ed in particolare le dichiarazioni testimoniali acquisite (non soltanto quelle della
parte lesa) – e di sottolineare le deduzioni logiche tutte univocamente riconducenti
alla sicura consapevolezza da parte dell’imputata di aver determinato un incidente,
nel corso del quale investiva il pedone Lionetti, violando l’obbligo di fermarsi e di
prestare assistenza alla persona ferita.

Anche il quarto motivo è manifestamente infondato.
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l’obbligo normativo di fermarsi.

L’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p.è stata negata, non sul rilievo che il
risarcimento era stato effettuato dalla compagnia assicuratrice ma su quello che lo
stesso è stato limitato esclusivamente alle lesioni riportate dal Lionetti
nell’incidente e non ai danni per i delitti qui contestati.

Anche l’ultimo motivo è manifestamente infondato

Come è noto, nel caso di applicazione della sospensione della patente di guida in

per ciascun reato, con conseguente applicazione della sanzione in maniera
autonoma e per l’intero

Vale rilevare che, qualora il giudice penale debba applicare la sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida prevista in
relazione ad una pluralità di reati non solo non potrà contenere la durata della
sanzione al di sotto dei minimi di legge previsti per ciascun addebito, ma dovrà
altresì “cumulare” i vari periodi previsti per ciascun reato, così da determinare poi
definitivamente la durata della sospensione della patente di guida. Infatti, al
cumulo delle sanzioni amministrative non possono applicarsi discipline tipicamente
penalistiche, finalizzate o a limitare l’inflizione di pene eccessive (articolo 81 c.p.) o
ad evitare restrizione troppo ampie della libertà personale (articolo 307, comma

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bis, c.p.p., che individua la possibilità di applicare cumulativamente le misure
cautelari previste dagli articoli 281, 282 e 283 c.p.p., dopo la scarcerazione per
decorrenza dei termini, solo se si proceda per taluno dei reati indicati dall’articolo
407, comma 2, lettera a), c.p.p.). Per converso, nessuna limitazione è prevista in
caso di cumulo di sanzioni amministrative, anche perché, diversamente opinando,
risulterebbe una palese disparità di trattamento tra chi ha commesso un solo reato
e chi ha commesso più reati, importanti tutti l’applicazione di sanzioni
amministrative accessorie (cfr., in senso conforme, Sezione IV, 24 marzo 2009,
Proc. gen. App. ancona ed altro in proc. Simoncioni, nonché, più di recente,
Sezione IV, 14 aprile 2010, Proc. gen. App. Ancona in proc. Rrupa).

Nel caso in esame, pertanto, nessuna censura può essere validamente formulata
dalla ricorrente per la quale la sanzione amministrativa accessoria è stata applicata
cumulativamente in misura inferiore a quella prevista dalla legge.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa della ricorrente (Corte Cost.,
sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna della ricorrente medesima

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relazione ad una pluralità di reati, devono essere “cumulati” i vari periodi previsti

al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si
determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende.

P. Q. M.
Disattesa l’istanza di rinvio del difensore, dichiara inammissibile il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Così deciso in data 17 giugno 2015

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