Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29781 del 21/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 29781 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ASSENTATO VINCENZO N. IL 02/02/1981
BALTI IMANE N. IL 02/04/1984
MASSIMI MARIA PAOLA N. IL 19/03/1965
avverso la sentenza n. 17853/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
07/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore G nerale in persona d pott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difenso Avv. ( r-GpAW-C fOAA5
0-1041–1-‘■

i ,e

7

Data Udienza: 21/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 7/2/2014, in parziale
riforma della sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere, emessa in data 29/10/2012, che aveva condannato, unitamente ad
altri, alle pene stimate di giustizia Assentato Vincenzo, Massimi Maria Paola e
Batti Imane, giudicati colpevoli di plurime violazioni dell’art. 73 del d.P.R., n.
309/1990, esclusa la continuazione, rideterminò la pena nei confronti di
Assentato; ridusse la pena nei confronti di Massimi; assolto Batti dal reato

rideterminò la pena.

2. I tre imputati propongono ricorso per cassazione.

2.1. L’Assentato con l’unitaria prospettata censura denunzia violazione
dell’art. 192, cod. proc. pen. e vizio motivazionale in questa sede rilevabile, in
quanto, a suo dire, la Corte di merito, limitandosi a condividere, con globale
apprezzamento, il ragionamento del primo Giudice, era venuta meno al
dovere di rendere autonoma e compiuta motivazione, specie in punto di vaglio
delle risultanze delle intercettazioni, il cui contenuto era rimasto opinabile ed
equivoco, senza, peraltro, prendere in effettiva considerazione le osservazioni
impugnatorie del ricorrente.

2.2. La Massimi prospetta tre motivi.

2.2.1. Con il primo, denunziante vizio motivazionale, la ricorrente si
duole del mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art.
73 del d.P.R. n. 309/1990. Irragionevolmente la Corte territoriale aveva
reputato che i quantitativi numerici di cui alle intercettazioni rappresentassero
grammi (272 in totale); in ogni caso, era mancato un esame complessivo
della vicenda, in quanto la fattispecie evocata non avrebbe potuto essere
esclusa per il solo fatto che si fosse registrata reiterazione di condotta,
dovendosi valutare l’esiguità di ogni singolo episodio.

2.2.2. Con il successivo motivo, denunziante violazione di legge, la
Massimi si duole del fatto che i presunti acquisti di stupefacente erano stati
considerati non diretti ad esclusivo uso personale. Sul punto, a prescindere
dalla equivocità dei colloqui intercettati, andava osservato che gli esiti delle
captazioni avrebbero dovuto essere opportunamente riscontrati aliunde.

1

ascrittogli all’episodio n. 157 del 14/3/2010 perché il fatto non sussiste, ne

2.2.3. Con l’ultimo motivo la Massimi lamenta la mancata applicazione
delle attenuanti generiche, che avrebbero dovuto essere riconosciute a motivo
della «sostanziale incesuratezza» e della condizione di tossicodipendente.

2.3. Il Batti, adducendo violazione di legge, osserva che, fermo
restando che non si era registrato sequestro di sorta, «non si fa menzione
né del tipo di sostanza stupefacente né tantomeno del quantitativo dello
stesso», ciò avrebbe dovuto indurre il giudice a riconoscere il fatto lieve.

3. Tutti i ricorsi sono privi di giuridico fondamento, tuttavia, come
appresso si dirà, s’impone annullamento d’ufficio della statuizione in punto di
trattamento sanzionatorio in ordine alla posizione di della Massimi e del Baldi.

4. Il ricorso dell’Assentato è privo della necessaria specificità. Invero,
il ricorrente, dopo essersi a lungo intrattenuto sull’obbligo di motivazione,
denunzia sommariamente la genericità dell’assetto motivazionale della
sentenza gravata, allegando, inoltre, la violazione dell’art. 152, cod. proc.
pen., omette di puntualmente specificare in cosa sia consistita la grave
inadeguatezza argomentativa della sentenza d’appello (anche il richiamo
all’insoddisfacente vaglio dei motivi d’appello non supera mai la soglia
dell’astratta asserzione). Per converso, la Corte territoriale, sia pure in sintesi,
facendo puntuale riferimento agli esiti delle indagini (e, in particolare alle
intercettazioni) ha affermato la penale responsabilità del ricorrente, senza
incorrere in contraddittorietà o illogicità manifesta.
Ovviamente, in questa sede non è consentito sostituire la motivazione del
giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo
apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo gìudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.
Per quel che concerne l’interpretazione del contenuto delle conversazioni

di primo grado, esaminate le conversazioni rilevanti, peraltro, nella specie,
solo appena protette da linguaggio allusivo, ha cura di fornirne il significato
dissimulato, in correlazione con le altre fonti di prova, così adempiendo ad
una funzione che è di esclusiva spettanza del giudice di merito, che non può
essere censurata in sede di legittimità, non versandosi in presenza del
travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia
indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti
decisiva ed incontestabile (cfr., da ultimo, Cass., VI, 8/3/2012, n.11289). Né,
è bene soggiungere, il ricorrente fornisce in questa sede specifiche e plausibili
chiavi di lettura alternative.
Va poi soggiunto che le risultanze dell’attività di captazione non costituiscono
narrazione la quale va riscontrata, bensì accertamento probatorio in sé idoneo
a sostenere l’accusa, ove intimamente coerente e persuasivo, cioè ove
integrante indizi gravi, precisi e concordanti (cfr., da ultimo, Cass., Sez. VI, n.
3882 del 4/11/2011; ma già, Cass. n. 22391/2003, n. 21726/2004, n.
29350/2006).
Infine, è appena il caso di soggiungere che, sulla base di quanto esposto
risulta pretestuosa l’allegata violazione dell’art. 192, cod. proc. pen.

5. Non meno infondato si presenta il ricorso della Massimi, in tutti i suoi
motivi.

5.1. Quanto ai primi due non resta che riprendere quanto poco sopra
ricordato: la Corte territoriale è giunta alla conclusione che la ricorrente
avesse commesso le ipotesi delittuose a lei imputate sulla base del ragionato
vaglio probatorio non censurabile in questa sede. Così, in particolare, non
risulta in alcun modo qui contestabile la decisione di escludere, sulla base
delle emergenze processuali (quantità e qualità dello stupefacente, entità del
traffico), sia il fatto tenue, che, a maggior ragione, l’uso esclusivamente
personale. E’ appena il caso di soggiungere che, come sopra chiarito, la

3

captate devesi osservare che la Corte territoriale, in sintonia con la sentenza

valutazione delle risultanze delle captazioni, esclusa la sussistenza dei gravi
vizi motivazionali rilevabili sede di legittimità, è di esclusivo dominio del
giudice di merito, senza che occorra riscontro di sorta.

5.2. Quanto alle attenuanti generiche deve osservarsi che la Corte
territoriale ha correttamente negato la sussistenza dell’ipotesi, avendo
omesso l’appellante di financo allegare le ragioni di meritevolezza della
riduzione.

comma 5 cit., risulta priva di fondamento per quanto sopra chiarito, senza che
la circostanza della mancata individuazione del tipo di sostanza stupefacente
sia sul punto influente.

6. La sentenza, come si è anticipato, deve, tuttavia essere annullata in
punto di trattamento sanzionatorio nei confronti della Massimi e del Balti.
Ad entrambi gli imputati, infatti, risulta contestato il commercio di sostanze
stupefacenti cd. pesanti (cocaina ed eroina), identificate, tuttavia, in una
numerosa serie di ipotesi nelle quali non risulta essere stata individuato il tipo
di sostanza stupefacente, unificate ai sensi dell’art. 81, cpv, cod. pen.
Si è già condivisamente scritto che «La caducazione del D.L. n. 272, artt. 4
bis e 4 vícies ter, siccome convertito nella legge n. 49 del 21/6/2006, che
avevano sostituito il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ad opera della sentenza
della Corte Costituzionale n. 32 dell’11-12/2/2014 (depositata il 25/2/2014 e
pubblicata sulla G.U. del 5/3/2014, n. 11, 1″ Serie Speciale) impone il
riesame del trattamento sanzionatorio. Attraverso le disposizioni normative
colpite dal giudizio d’incostituzionalità il legislatore, come noto, aveva
proceduto ad equiparare le sostanze stupefacenti, prima distinte in cd.
“leggere” e “pesanti”, definendo un trattamento sanzionatorio unitario
(reclusione da sei a venti anni e multa da 26.000 a 260.000 Euro) nei
confronti dei soggetti che avevano agito essendo privi dell’autorizzazione di
cui all’art. 17 dello stesso corpo normativo. Il regime in precedenza in vigore
riservava, invece, trattamenti sanzionatori ben differenziati, a seconda la
qualità della sostanza fatta oggetto dell’illecito mercato (reclusione da otto a
venti anni e multa da cinquanta a cinquecento milioni di lire; reclusione da
due a sei anni e multa da dieci a centocinquanta milioni di lire). La riscrittura
operata con la novella oggi dichiarata incostituzionale ha fatto si che non
fosse più ritenuto rilevante specificare nei capi d’incolpazione, prima, in quelli
d’imputazione, poi, e nelle sentenze, infine, la natura delle sostanze
stupefacenti in relazione alle quali erano mosse le contestazioni. Ove risulti
4

5.3. La pretesa del Balti di vedersi riconosciuta l’ipotesi tenue di cui al

operato un tale indistinto richiamo si pone, quindi, l’esigenza di sottoporre al
giudice del merito l’assetto normativo sopravvenuto, ove più favorevole,
perché, ferma ed intangibile la scelta (adeguatamente motivando) di
mantenere il trattamento penale così come disposto, ove compatibile con il
nuovo range sanzionatorio, tenga conto, dell’art. 2 c.p., comma 4. (…) In
sede di legittimità, si è più volte chiarito (Cass., Sez. 5^, n. 345 del
13/11/2002, Rv. 224220; Sez. 1^, n. 1711 del 14/4/1994, Rv. 197464) in
siffatti casi che il rispetto del principio di legalità della pena (comb. disp. art. 2
c.p., comma 4 e art. 129 c.p.p., comma 2) impone annullamento d’ufficio

inammissibile a dar vita ad un tale esercizio officioso (in senso contrario: Sez.
2^, n. 44667 dell’8/7/2013, Rv. 257612; Sez. 5^, n. 36293 del 977/2004,
Rv. 230636; nel senso dell’ininfluenza: Sez. 6^,n.21982-del-16/5/2013) (…)
Ciò premesso, reputa il Collegio che ove si riscontri necessario, come nel caso
di specie, che, per almeno una frazione (restando irrilevante qualsivoglia
giudizio che neghi l’opera ricostruttiva facendo perno sullo scarso rilievo
quantitativo, in presenza di in un compito obbligato d’individuazione della
disposizione sanzionatoria comunque più favorevole, a seguito dell’opera
demolitoria della Corte Costituzionale) della risposta sanzionatoria rieducativa, costituita dalla pena in concreto inflitta, tener conto della lex
mitior, non resta che disporre l’annullamento sul punto della decisione.
L’annullamento non implica, come ad un approccio non adeguatamente
approfondito si potrebbe pensare, che il giudice del rinvio sia obbligato a
ridurre la pena, così da dar vita, sempre e comunque, ad un concreto
beneficio per l’imputato. Quel che, invece, s’impone è la rivalutazione sul
punto della decisione, all’esito della quale, fermo restando, ovviamente il
divieto di qualsivoglia riforma peggiorativa, esplicitati gli argomenti a
sostegno del caso, la determinazione può anche restare immutata. In
definitiva, quel che va escluso è che resti fuori dai parametri del giudizio il
criterio normativo meno afflittivo ex post emerso.
Peraltro, andando più nello specifico, anche in un passato meno prossimo
(Cass., Sez. 1^, n. 2095/08 del 19/2/2007, Rv. 238857) si è affermato che la
disciplina della continuazione attiene a un istituto di diritto sostanziale e,
come tale, soggiace, in caso di sopravvenienza di disposizioni diverse, alle
regole di cui all’art. 2 c.p. e non a quelle del diritto processuale, espresse
nella formula “tempus regit actum”, a nulla rilevando che la sua applicazione
avvenga in sede esecutiva (conf. anche a n. 12475 del 2007, &ratti, non
massimata) (…)>>. In definitiva occorre chiedersi <<(e al quesito il Collegio assegna risposta affermativa) se il vaglio in concreto del disvalore penale del fatto, al quale non può dirsi estraneo il trattamento penale edittale riservato della statuizione di merito. Salvo a registrasi contrasto sull'idoneità del ricorso dalla legge, finalizzato a quantificare l'aumento a titolo di continuazione, debba tener conto del mutato e più favorevole giudizio di rimproverabilítà, scaturito da legge successiva o, come nella fattispecie in esame, dalla riviviscenza di norma più favorevole, quale conseguenza del giudizio caducatorío della Corte Costituzionale» (Cass., Sez. 4, n. 22257 del 25/3/2014,Rv.259203). Spetterà, quindi, al giudice del rinvio, a cui gli atti vanno rimessi, effettuate le verifiche e gli approfondimenti istruttori del caso (restando inteso che, nel persistere del dubbio debba reputare l'ipotesi meno grave), ripreso a nuovo riconsiderare l'entità della pena da porre in aumento a titolo di continuazione. Le affermazioni di penale responsabilità sono irrevocabili. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Balti Imane e di Massimi Maria Paola limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli; rigetta nel resto i ricorsi dei suddetti imputati e visto l'articolo 624 cod. proc. pen. dichiara l'irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione di responsabilità dei suddetti imputati. Rigetta il ricorso di Assentato Vincenzo che condanna al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 21/5/2015. vaglio il pertinente capo, valutati tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p.,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA