Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2978 del 05/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2978 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OSAGIE IROGHEHI EFE N. IL 22/08/1992
ODIANOSE GIFT N. IL 12/12/1985
avverso la sentenza n. 1917/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 08/07/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO MATTEO SOCCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. al 0P0 ,C,341 e ve Mi”
che ha concluso per LL p,se,t of e e p-ce 01,-5 5) .

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 05/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte d’Appello di Bologna con sentenza dell’ 8 luglio 2014, ha

riformato, parzialmente, la sentenza del tribunale di Reggio Emilia (21 marzo
2014, rito abbreviato), che aveva condannato Osagie Iroghehi Efe, alla pena di
anni 2 e mesi 8 di reclusione e con la multa di C 14.000,00, con la riduzione per
il rito, e Odianose Gift, ad anni 2 e mesi 2 di reclusione ed C 12.000,00 di multa,

1-bis, del T. U. stup. -Odianose Gift veniva altresì assolta dalla detenzione e
cessione di marijuana, detenzione di gr. 58,200 e cessione di gr. 18.800- e ha
rideterminato la pena per Osagie, riconoscendo l’ipotesi del quinto comma
dell’ad 73 T. U. stup. (solo per la cocaina e non per la droga leggera) in anni 2 e
mesi 2 di reclusione ed C 12.000,00 di multa, ritenuta la continuazione ex art 81
cod. pen.
La pena per Odianose restava identica a quella irrogata in primo grado.

2.

Osagie Iroguefi Efe e Odianose Gift propongono ricorso per

cassazione a mezzo dei propri difensori deducendo i motivi di seguito enunciati,
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma1, disp. att., c.p.p.
2. 1. Osagie. Primo motivo. Mancanza contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione in relazione alla condanna per la cessione di gr.
18,08 di marijuana all’egiziano Hassan Kotb Abouzaid Amro; erronea
applicazione della legge, art 63 comma 2, cod. pen., per l’utilizzazione nei suoi
confronti delle dichiarazioni rese dall’egiziano Hassan.
L’indicazione del colore della pelle e del numero di cellulare, ritenuti
elementi idonei per la colpevolezza da parte della Corte di appello, non sono
elementi certi per l’attribuzione della condotta di spaccio, senza un
riconoscimento fotografico e ulteriori accertamenti sul telefono in uso
all’imputato, infatti il telefono potrebbe essere stato usato solo quel giorno
dell’arresto; l’affermazione dello spaccio vicino all’abitazione dell’imputato, non
trova nessun elemento di prova nelle acquisizioni processuali, se non in fonti
confidenziali; il luogo della cessione e dell’arresto (in via Emilia in direzione
Modena, che è lunga svariati Km) sono indeterminati, e comunque l’abitazione

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con la riduzione per il rito, per il reato di cui all’art. 110 cod. pen. e 73, comma

dell’imputato – via tamburini n. 13 Reggio Emilia, dista alcuni Km dal luogo
ritenuto dell’arresto.
Hassan, per la difesa, invece di acquirente potrebbe essere lo spacciatore;
e avrebbe dovuto, quindi, sentirsi non come persona informata dei fatti, ma
quale persona sottoposta alle indagini, in relazione al possesso dello
stupefacente – gr. 18,08 di marijuana-; Hassan ritenuto tossicodipendente dalla
Corte di appello non risulta tale, ma solo un consumatore di “fumo”, marijuana;

anche al ricorrente Odianose, terzo motivo del suo ricorso.
Pena eccessiva, e diniego delle generiche e della sospensione, manifesta
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sul punto (art 606,
comma 1 lettera e, del cod. proc. pen.).
Le modifiche legislative seguite alla sentenza della Corte cost., sent. n. 32
del 2014 non sono state adeguatamente considerate della Corte di appello; nella
sentenza si determina la pena riconoscendo il comma 5, dell’art. 73, T. U. stup.,
per lo spaccio della cocaina, e ritenuta la continuazione, p.b. anni tre ed C
15.000,00, aumento di mesi 3 per l’art 81 cod. pen., e ridotta per il rito;
ometteva completamente la Corte di appello l’individuazione della condotta
(reato) più grave, esclusa la cessione di coca, per l’applicazione del comma 5
citato, la detenzione di droga leggera diventa il fatto più grave, e quindi la Corte
non ha tenuto conto dei limiti edittali scaturiti dalla citata sentenza della Corte
costituzionale.
Odianose Gift – nel suo terzo motivo di impugnazione- aggiungeva la
sostanziale violazione del divieto della reformatio in peius.
L’omessa concessione delle generiche è immotivata, trattandosi di
incensurato e giovane, nonché di fatto reato modesto. La facoltà di non
rispondere non può essere usata per il diniego delle generiche.
Ha chiesto pertanto in via principale l’annullamento senza rinvio con
l’assoluzione ex art 530, comma 1 o comma 2, cod. proc. pen. perché il fatto
non sussiste o l’imputato non lo ha commesso; in via subordinata la
rideterminazione della pena con le generiche e la sospensione (annullamento con
rinvio).

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“efir,4

2. 2. Secondo motivo, parzialmente comune – sul calcolo della pena-

3. Odíanose. Primo motivo. Inosservanza o erronea applicazione della legge
e relativo vizio della motivazione, essendo l’imputata non punibile perché
convivente.
La Corte di appello giunge all’attribuzione della responsabilità sulla base
della modalità di custodia della droga (diversi punti comuni dell’abitazione) e la
mancanza di altre fonti di sostentamento dei due imputati, pur nel possesso di
valori. Invece la Odianose doveva assolversi perché semplicemente convivente e
senza nessun contributo causale all’azione delittuosa dell’Osagie; dalla semplice

o il possesso in capo all’imputata della droga.
3.

1. Secondo motivo. Erronea applicazione della legge penale per la

mancata qualificazione del fatto nell’art 73 comma 5, T. U. stup.
La Corte di appello non ha tenuto conto dei numerosi principi
giurisprudenziali in materia. Soli 236 gr. di droghe leggere, con le modalità e i
mezzi in oggetto, dovevano far inquadrare il reato nell’ipotesi lieve del comma 5
citato.
4. Terzo motivo. Violazione di legge in relazione all’art. 597, comma 3 cod.
proc. pen.
La Corte di Appello nonostante la sentenza della Corte costituzionale n. 32
del 2014, e la ritenuta lieve entità (art. 73, quinto comma, T. U. stup.) per la
cocaina non ridetermina la pena. Ciò comporta la violazione del principio di
divieto di reformatio in peius. Infatti con il ritenuto quinto comma dell’art. 73,
citato, il delitto più grave viene ad essere la detenzione della droga leggera, il cui
trattamento sanzionatorio è stato modificato per l’intervento della Corte
costituzionale.
Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
5.

I ricorsi sono fondati sul trattamento sanzionatorio, in relazione

all’intervento della torte costituzionale e alle modifiche legislative.
Nel nostro caso nella sentenza si è irrogata una pena per Osagie di anni
2 e mesi 2 di reclusione ed C 12.000,00 di multa riconosciuta l’ipotesi di cui
all’ad 73, comma 5, T. U. stup. – per la sola cocaina-, per Odianose una pena di
anni 2 e mesi 2 di reclusione ed C 12.000,00 di multa, ritenuta la continuazione
3

5.717

frase “le mele non sono mature” non può desumersi la compartecipazione attiva

dei reati per entrambi, e la decisione impugnata ha motivato sul trattamento
sanzionatorío, nei seguenti termini: “Osagie, pb 3 anni di reclusione ed euro
15000,00 di multa, da aumentare ex art 81 cod. pen. di tre mesi ed C 3.000,00
e ridurre per il rito di un terzo; Odianose, la pena base risulta congrua: lo
scostamento dal minimo edittale e la mancata concessione delle attenuanti
generiche si giustificano per il quantitativo stesso della droga detenuta e

il

contesto oggettivo…”.
La sentenza non tiene conto dell’intervento della Corte costituzionale n.

Per í delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la pena o
l’aumento di pena, in relazione alle così dette “droghe leggere” deve essere
oggetto di specifica rivalutazione da parte dei giudici del merito, alla luce della
più favorevole cornice edittale applicabile per tali violazioni, a seguito della
sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato la
incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-vicies ter della legge 21 febbraio 2006, n.
49 – che ha convertito il d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 – e ha determinato, in
merito, la reviviscenza della più favorevole disciplina anteriormente vigente.
(Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015 – dep. 28/05/2015, Sebbar, Rv. 263717).
Nella nostra ipotesi si discute di droghe leggere (vedi imputazione).
Quando i giudici del merito hanno determinato, nel caso di specie, il
trattamento sanzionatorio, essi hanno giudicato utilizzando í parametri normativi
previsti dalla legge al momento del commesso reato ma diversi rispetto a quelli
stabiliti dalle leggi successive, e dall’intervento della Corte costituzionale già in
essere al momento delle decisioni.
La previsione sanzionatoria, reintrodotta per effetto della sentenza della
Corte costituzionale, stabilisce per le sostanze stupefacenti, di cui alle tabelle II e
IV dell’art. 14 la pena della reclusione da due a sei anni oltre la multa da
5.146,00 a 77.468,00 C a differenza del regime dichiarato incostituzionale che
prevedeva la pena da sei a venti anni di reclusione e da 26.000,00 a 260.000,00
C di multa; per l’art 73, quinto comma, T. U. stup. la pena reintrodotta per
effetto della sentenza della Corte costituzionale, stabilisce per le sostanze
stupefacenti, di cui alle tabelle II e IV dell’art. 14 la pena della reclusione da sei
mesi a quattro anni oltre la multa da 1.032,00 a 10.329,00 C. Il successivo
intervento legislativo, ha rivisto la struttura del quinto comma dell’art. 73, citato,
prevedendo una fattispecie costituente titolo autonomo di reato e non più
circostanza attenuata del reato base di cui all’ad 73, primo comma T. U. stup.
(decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla

s/P9 “>1

32 del 2014, in Gazzetta ufficiale del 5 marzo 2014, n. 011.

legge 21 febbraio 2014, n. 10, e poi ulteriormente modificato con il decreto
legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio
2014, n. 79) con la previsione della pena da sei mesi a quattro anni e della multa
da C 1.032,00 ad C 10.329,00.
Il trattamento sanzionatorio pertanto va rivisto applicando la norma più
favorevole, come risultante dall’intervento della Corte costituzionale citata e dalle
modifiche legislative. Sarà il giudice del merito che dovrà individuare la norma
più favorevole ex art 2 del cod. pen., in relazione alla concreta fattispecie; anche

decisione impugnata nella detenzione della sostanza stupefacente leggerarelativamente alla riconosciuta ipotesi del quinto comma solo per la cocaina, e
non per la droga leggera, per entrambi gli imputati. Per Odianose inoltre è
fondato il motivo sulla eccepita reformatio in peius (art. 597, comma 3, cod.
proc. pen.), poiché al riconoscimento dell’ipotesi del quinto comma, dell’art. 73
T. U. stup. la pena è rimasta immutata.
La sentenza deve pertanto annullarsi limitatamente al trattamento
sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della corte di Appello di Bologna.
6. Il ricorso risulta infondato nel resto.
La sentenza della Corte di appello è esaurientemente motivata sia sul
punto della responsabilità e sia sul punto della non ricorrenza dell’ipotesi dell’ad
73, quinto comma, del T. U. stup.
Le dichiarazioni accusatorie di Hassan (che forniva descrizione del
venditore – Osagie- e il suo numero di telefono) sono pienamente utilizzabili,
poiché egli non risulta indagato (semplice asSuntore di stupefacenti) e neanche
sospettato, inoltre le sue dichiarazioni hanno trovato conferma nella successiva
perquisizione, come ritenuto dalla sentenza impugnata con motivazione
adeguata e logica. L’acquirente di modiche quantità di sostanza stupefacente, nei
cui confronti non siano emersi elementi indizianti di uso non personale, deve
essere sentito nel corso delle indagini preliminari come persona informata dei
fatti e come testimone in dibattimento, essendo irrilevante, a tal fine, che egli
possa essere soggetto a sanzione amministrativa per l’uso personale, derivando
da ciò la utilizzabilità delle dichiarazioni rese nelle rispettive qualità. (Sez. 3, n.
2441 del 09/10/2014 – dep. 20/01/2015, D’Onofrio e altro, Rv. 261953).
Per Odianose il suo concorso nei reati è stato esaurientemente e
logicamente motivato nella sentenza della corte di appello. Il convivente del
soggetto autore di attività di “spaccio” di sostanze stupefacenti ne risponde a
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S. P e C.2

44112rd ■’

rideterminando, se del caso, il reato più grave – che è stato individuato nella

titolo di concorso ove abbia quanto meno agevolato la detenzione della sostanza,
consentendone l’occultamento, mentre non ne risponde se si sia limitato a
conoscere di tale attività. (Sez. 3, n. 9842 del 10/12/2008 – dep. 04/03/2009,
Gentiluomini, Rv. 242996). In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la
distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro
soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un
comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo
causale alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un consapevole

forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente.
(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’affermazione di responsabilità a
titolo di concorso del titolare dell’abitazione che aveva offerto ospitalità al
detentore dello stupefacente, consentendogli l’uso di una cantina per custodire la
droga e che, al momento della perquisizione, aveva tentato di occultare le chiavi
dell’autovettura all’interno della quale erano custodite le chiavi della predetta
cantina). (Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015 – dep. 20/08/2015, Caradonna e
altro, Rv. 264454). Nel nostro caso la sentenza impugnata applica i sopra visti
principi di diritto enunciati da questa Corte con motivazione immune e da vizi
logici, individuando l’attiva partecipazione, della convivente, nel mettere a
disposizione i locali dove lo stupefacente era abilmente celato in più punti, e
nell’assenza di altri redditi.
Per l’insussistenza del quinto comma dell’alt 73, citato, la
contemporanea detenzione di diversi tipi di stupefacenti (cocaina e droghe
leggere) già risulterebbe idonea per l’esclusione della lieve entità. In tema di
stupefacenti, l’attenuante del fatto di lieve entità, di cui all’art. 73, comma
quinto, del d.P.R. n. 309 del 1990, non è configurabile nel caso dì detenzione di
sostanze di differente tipologia, a prescindere dal dato quantitativo, trattandosi
di condotta indicativa della capacità dell’agente di procurarsi sostanze tra loro
eterogenee e, per ciò stesso, di rifornire assuntori di stupefacenti di diversa
natura, così da recare un danno non tenue al bene della salute pubblica tutelato
dalla norma incriminatrice. (Fattispecie relativa alla detenzione di 20,875 grammi
di eroina, di 5,176 grammi di cocaina e di 1,401 grammi di hashish). (Sez. 3, n.
26205 del 05/06/2015 – dep. 22/06/2015, P.M. in proc. Khalfi, Rv. 264065).
Anche l’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche
(Osagie) risulta adeguatamente motivata, senza errori logici o giuridici, nella
sentenza impugnata, nell’individuazione della non occasionalità della condotta.
La decisione sulla concessione o sul diniego delle attenuanti generiche è rimessa
alla discrezionalità del giudice di merito, che nell’esercizio del relativo potere
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contributo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in

agisce con insindacabile apprezzamento, sottratto ai controllo di legittimità, a
meno che non sia viziato da errori logico-giuridici. (Sez. 2, n. 5638 del
20/01/1983 – dep. 14/06/1983, ROSAMILIA, Rv. 159536).
I ricorsi su questi punti devono, quindi, rigettarsi.

PQM

sentenza impugnata ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna.
Rigetta i ricorsi nel resto.
Così deciso il 5/11/2015

Annulla con rinvio limitatamente alla determinazione della pena la

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