Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29772 del 31/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29772 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CORBO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VENETTACCI CLAUDIO N. IL 20/10/1980
avverso la sentenza n. 1816/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
05/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CORBO;

Data Udienza: 31/05/2016

R. G. 1544 / 2016

Con l’epigrafata sentenza la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza di
primo grado del Tribunale di Latina, che aveva condannato Claudio Venettacci per il
reato di evasione dalla detenzione domiciliare, commesso il 14 agosto 2007, e gli aveva
irrogato la pena di due mesi e venti giorni di reclusione.
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso l’avvocato Luca Amerdeo
Melegari, quale difensore di fiducia del Venettacci, deducendo, con un unico motivo,
violazione di legge in rapporto all’affermazione della responsabilità penale per la mancata
applicazione dello stato di necessità, per essere la condotta dell’imputato, in stato di
cronica tossicodipendenza, determinata dall’assoluta impellenza di procurarsi sostanza
stupefacente in conseguenza di un malore.
Il ricorso è inammissibile perché contiene censure manifestamente infondate. La
sentenza impugnata, infatti, ha correttamente richiamato il principio di diritto enunciato
da Sez. 6, n. 45068 del 24/09/2014, Pettinari, Rv. 260664, secondo cui non ricorre lo stato di
necessità di cui all’art. 54 cod. pen. in relazione ad una condotta di evasione solo perché
questa è posta in essere da soggetto tossicodipendente che versa in crisi di astinenza,
costituendo tale situazione la conseguenza di un atto di libera scelta e quindi evitabile da
parte dell’agente, e potendo l’interessato sia ricorrere all’assistenza di pronto soccorso
mediante il servizio 118, sia chiedere al giudice procedente l’autorizzazione a recarsi
presso il Sert. Deve solo aggiungersi che tale principio costituisce affermazione costante
nella giurisprudenza di legittimità (cfr., ad esempio, Sez. 3, n. 2179 del 06/12/1984, dep.
1985, Pallini, Rv. 168149).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
che stimasi equo determinare in misura di 2.000,00 (duemila).
P. Q. M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa
delle ammende.
Roma, 31 maggio 2016
Il consigliere estensore
Anto io Cori:

Il Presi
Vincenzo

Motivi della decisione

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