Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29772 del 24/03/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29772 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SENTINA ANTONINO N. IL 20/06/1983
avverso la sentenza n. 693/2014 CORTE APPELLO di CATANIA, del
17/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore Geerale insw4sona del Dott.
che ha concluso per /
1-i149U0

Udito, per la parte c . ile, l’Avv
Udit i difensor

Data Udienza: 24/03/2015

Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Sentina Antonino avverso la
sentenza emessa in data 17.6.2014 dalla Corte di appello di Catania che, in riforma
della sentenza emessa in data 14.11.2013 dal G.u.p. del Tribunale di Catania all’esito
del giudizio abbreviato, rideterminava la pena inflitta al predetto in anni tre di
reclusione ed € 4.000,00 di multa con interdizione temporanea dai pubblici uffici e per
il delitto di cui agli artt. 81 cpv. c.p. e 73 co. 1 e 1 bis dPR 309/1990 (detenzione di

2. Rappresenta la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al mancato
riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui al 5° comma dell’art. 73 dPR 309/1990,
alla misura sproporzionata della pena inflitta e al diniego delle attenuanti generiche.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è infondato e va respinto.
4. Giova premettere che il difensore aveva rinunciato al primo motivo di appello che
concerneva la penale responsabilità.
La motivazione addotta in ordine alla quantificazione della pena è del tutto congrua ed
esente da vizi di sorta, avendo la Corte territoriale tenuto nel debito conto la
riviviscenza per effetto della sentenza n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale, della
pena antecedentemente prevista per le droghe leggere dall’art. 73 1° comma dPR
309/1990. Altrettanto dicasi per quanto posto a base del diniego delle attenuanti
generiche, laddove è stata richiamata la gravità dei fatti ed esclusa, con congrua
argomentazione, la rilevanza a tal fine della confessione nel frattempo intervenuta.
Del resto, la commisurazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice
di merito ed è adeguatamente motivata alla stregua della giurisprudenza di questa
Corte di legittimità secondo la quale il giudice del merito, con la enunciazione, anche
sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod.
peri. (come nel caso di specie), assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione:
tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica
esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez.
II, del 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754). Del pari, la concessione o meno delle
attenuanti generiche è giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice,
sottratto al controllo di legittimità. Infatti “ai fini della concessione o del diniego delle
circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli
elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a
determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento
attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di
esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso” (Cass. peri. Sez. II, n. 3609 del
18.1.2011, Rv. 249163).
2

Kg. 1,5 di marijuana e cessione di gr. 98 della medesima sostanza con la recidiva).

Quanto all’ipotesi attenuata di cui al 5 0 comma dell’art. 73 dPR 309/1990, le ragioni
del rigetto del relativo motivo di gravame si rinviene sostanzialmente in quegli stessi
elementi (cioè “dell’elevato quantitativo della droga detenuto dal Santina, della
gravità del fatto che denota un’attività organizzata diretta allo spaccio di stupefacente
e della personalità dell’imputato soggetto pregiudicato”) esplicitamente richiamati ai
fini della determinazione della pena che quindi, implicitamente, escludono (specie con
il richiamo all’elevato quantitativo dello stupefacente detenuto) l’integrazione degli

5. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24.3.2015

estremi della più modesta fattispecie criminosa invocata.

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