Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29769 del 24/03/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29769 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GELASIO BARBARA N. IL 28/07/1971
avverso la sentenza n. 6409/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 25/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MAS SAFRA
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Udito il Procuratore Ge rale in persona del Dott.
“01)0712/v
che ha concluso per 2, /2e. jt
Pf”

Udito, per la parte civil

vv

Data Udienza: 24/03/2015

Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Gelasio Barbara avverso la sentenza
emessa in data 25.3.2014 dalla Corte di appello di Bologna confermava quella del
Giudice monocratico del Tribunale di Forlì in data 29.4.2011 con cui la predetta era
stata condannata alla pena di mesi 9 di reclusione ed € 360 di multa per il reato di
furto aggravato dalla destrezza di un portafogli e 4 DVD (fatto del 26.8.2006).
2. Deduce il vizio motivazionale ed il travisamento del fatto, assumendo che le

tale da escludere la colpevolezza dell’imputata.
Si duole, inoltre, della ritenuta sussistenza dell’aggravante della destrezza.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è inammissibile essendo la prima censura non consentita nella presente
sede e, la seconda, manifestamente infondata ed aspecifica.
4. Invero il primo motivo, risolvendosi in una alternativa ricostruzione del fatto, tende
ad una rivalutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimità.
Infatti, giova sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema
Corte, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in
via esclusiva al giudice di merito” (Sez. Un. n.6402/97, imp. Dessimone ed altri, Rv.
207944).
La seconda censura, invedé, riprÓporie ancora una volta la medesima doglianza
rappresentata senza successo in appello e da quel giudice disattesa con motivazione
ampia ed assolutamente plausibile. Infatti è stato affermato che “è inammissibile il
ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare
non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata
non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art.
591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv.
216473 e successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Invero, ricorrono certamente gli estremi dell’aggravante contestata dal momento che,
benché, non risulti che l’imputata abbia in alcun modo distratto la persona offesa, di
certo riuscì ad impadronirsi del portafogli lasciato incustodito sul bancone e ad
occultarlo, nonostante la persona offesa non l’avesse mai persa di vista.
E’ stato affermato, al riguardo, che “In tema di furto, sussiste l’aggravante della
destrezza quando l’agente approfitti di una condizione contingentemente favorevole o
di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente sospesa la

2

dichiarazioni della parte offesa potevano essere anche interpretate in diverso modo,

..

vigilanza sul bene perché impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in
luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro (Cass. pen. Sez.
VI, n. 23108 del 7.6.2012, Rv. 252886).
5. Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma che, alla luce dei
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in favore

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000= in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24.3.2015

della cassa delle ammende.

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