Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29768 del 24/03/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29768 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PORCINO EMANUELE N. IL 20/08/1989
avverso la sentenza n. 774/2013 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 07/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 14,, k, FoM RON l
che ha concluso per (,Q,

Udito, per la parte civile, l’A

Data Udienza: 24/03/2015

,

i
Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Porcino Emanuele avverso la
sentenza emessa in data 7.1.2014 dalla Corte di appello di Reggio Calabria con cui, in
parziale riforma di quella in data 19.2.2013 del G.u.p. del Tribunale di Palmi all’esito
del giudizio abbreviato, con le concesse attenuanti generiche equivalenti
all’aggravante di cui al II comma dell’art. 589 c.p. e alla recidiva, rideterminava la
pena per il delitto di omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione

per il reato di cui all’art. 116 C.d.S. (capo 2) in € 2.000,00 di ammenda, per il reato di
cui all’art. 189 comma 7 C.d.S. (capo 3) in anni uno di reclusione e per quello di cui
agli artt. 110, 369 c.p. (concorso in autocalunnia, capo 4), in anni uno di reclusione,
con la sospensione della patente di guida per anni due e mesi otto.
2. Il Porcino, alla guida di una Fiat Panda e sprovvisto di patente perché revocata,
procedendo a velocità superiore a 84 Km/h in centro abitato, investiva la Fazzalari
che stava attraversando la strada, omettendo di prestarle assistenza dopo il sinistro;
inoltre, dichiarava a s.i.t. agli agenti di polizia che Gallo Antonino, che si era
falsamente incolpato dell’omicidio colposo, era il conducente della Panda (fatti
dell’1.6.2012).
3. Il ricorrente deduce i motivi di seguito sinteticamente riportati.
3.1. La violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al capo 3 della rubrica,
assumendo che al di là dell’allontanamento del Porcino che si era fermato per
sincerarsi delle condizioni della donna e per spostarla dalla sede stradale, di certo il
teste Cananzi, ritenuto inattendibile quanto al riferito soccorso prestato dall’imputato
alla donna (poiché smentito dalle immagini delle telecamere), presente sul posto,
aveva assistito alla scena ed affermato di avere personalmente chiamato il 118.
3.2. La violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al reato di cui all’art. 369
c.p. atteso il mancato riconoscimento della scriminante di cui all’art. 384 comma 1
c. p..
3.3. La violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al mancato giudizio di
prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull’aggravante e sulla recidiva, in
considerazione dell’ampia confessione resa nel corso dell’interrogatorio di garanzia.
3.4. La violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al mancato
riconoscimento della continuazione per il delitti sub capi 3) e 4) della rubrica, poiché
l’allontanamento del Porcino era finalizzato al più celere raggiungimento del
coimputato Gallo per istigarlo o convincerlo ad autoaccusarsi del fatto.
3.5. La violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine all’entità della pena
inflitta ritenuta eccessiva pur dopo il ridimensionamento operato dalla Corte di
appello, sottolineando l’accertato comportamento imprudente della vittima-pedone.
Considerato in diritto

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stradale in danno di Fazzalari Carmela (capo 1), in anni due e mesi otto di reclusione,

4. Il ricorso è infondato e va respinto.
5. E’ palese l’aspecificità delle censure che hanno riproposto in questa sede le
medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice
disattese con motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile in ordine a tutte le circostanze dedotte dalla difesa.
Va ribadita la correttezza della motivazione sia in ordine alla integrazione del reato di
cui all’art. 189 comma 7 C.d.S. attesa la clamorosa smentita alla ricostruzione dei

registrata successione degli accadimenti tramite le riprese televisive.
Non meno congrua e pertinente è la motivazione addotta per negare l’integrazione
dell’invocata esimente di cui all’art. 384 c.p.. In effetti, la posizione relativa al reato di
cui all’art. 369 c.p., non era stata sottoposta al vaglio della Corte con i motivi
principali, pur dovendo i motivi nuovi di impugnazione essere inerenti ai temi
specificati nei capi e punti della decisione investiti dall’impugnazione principale già
presentata, essendo necessaria la sussistenza di una connessione funzionale tra i
motivi nuovi e quelli originari (Cass. pen. Sez. VI, n. 45075 del 2.10.2014, Rv.
260666), senonchè l’esimente è stata ritenuta rilevabile anche d’ufficio e persino in
questa sede di legittimità (da ultimo: Cass. pen. Sez. VI, n. 9727 del 18.2.2014, Rv.
259110).
La Corte territoriale, comunque, non ha correttamente ravvisato gli estremi della
invocata esimente in questione per la complessiva condotta dell’imputato. Invero, il
reato di cui all’art. 369 c.p. non si è concretizzato nella mera falsa dichiarazione resa
a s.i.t. circa l’identità del conducente dell’auto (ovvero il Gallo) al momento
dell’investimento, ma si è articolata con il preventivo accordo progettuale con il Gallo
che addirittura è stato prelevato appositamente e che si è effettivamente
autoincolpato dei fatti, confermando la tesi del Porcino. Per non dire dell’inattendibilità
del teste Cananzi.
Orbene, tali condizioni indicate in sentenza circa la situazione di pericolo
volontariamente causata dall’agente, al pari di quanto previsto nell’ambito dell’art. 54
c.p., esclude l’applicabilità della scriminante. Infatti l’esimente di cui all’art. 384 cod.
pen. postula che il soggetto passivo non si sia posto volontariamente nella situazione
di pericolo di nocumento nella libertà o nell’onore, con il causarne egli stesso
l’insorgenza (cfr. Cass. pen. Sez. VI, n. 7823, del 15.12.1998, Rv. 214756; Sez. I, n.
594 dell’8.11.1984, Rv. 167461; Sez. VI, 27.7.1995, n. 8632, Rv. 202567, conf. Rv.
167461; Sez. VI, n. 10654 del 20.2.2009, Rv. 243076).
Inoltre, non è ravvisabile l’ulteriore presupposto previsto (cfr. Cass. pen. Sez. I, n.
916 del 28.5.1968, Rv. 109247; n. 436 del 30.6.1975, Rv. 131829) per l’applicabilità
dell’istituto, al pari della specifica indicazione contenuta nell’art. 54 c.p., del requisito
della proporzionalità: specie ove si consideri che tale esimente autorizzerebbe nel

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fatti offerta dall’imputato ed oggi riproposta, ad opera delle emergenze della

caso di specie, a fronte di una ben congegnata frode architettata dall’imputato, il
sacrificio di un interesse pubblico, qual’è quello dell’applicazione della legge, al fine di
salvare un interesse privato illegittimo, qual’e quello della disapplicazione della legge
stessa.
Ricorrono gli estremi del reato di cui al capo 3): infatti in caso di incidente l’obbligo di
fermarsi e prestare assistenza agli eventuali feriti grava direttamente su colui che si
trova coinvolto nell’incidente medesimo, il quale è dunque tenuto ad assolverlo

intervento della polizia o di altra autorità già allertate, almeno fino a quando non
abbia conseguito la certezza dell’avvenuto soccorso (Cass. pen. Sez. IV, n. 8626 del
7.2.2008, Rv. 238973).
Corretta è stata l’esclusione della continuazione tra i reati di cui ai capi 3) e 4), attesa
la differente natura degli stessi e l’elemento soggettivo che li caratterizza (Cass. pen.
Sez. VI, n. 6579 del 01/02/2012, Rv. 252041). E comunque non è stata ravvisata
l’identità del disegno criminoso, artificiosamente ricostruito dalla difesa, in modo del
tutto ipotetico ed inverosimile.
Quanto alla determinazione della pena, il giudice del merito, con la enunciazione,
anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133
cod. pen., come nel caso di specie che pure ha rideterminato in minus la pena inflitta
in primo grado, assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: tale
valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica
esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez.
II, 19.3.2008 n. 12749, Rv. 239754), né, tanto meno, la considerazione di tutte le
circostanze prospettate dalla difesa al riguardo.
Inoltre, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in
cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass.
pen. sez. III, 16.6.2004 n. 26908 rv. 229298), e ciò è da escludere nel caso di specie.
6.Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24.3.2015

indipendentemente dall’intervento di terzi e senza poter fare affidamento sull’invocato

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