Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29767 del 18/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29767 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TRUBIA ROSARIO N. IL 20/11/1964
avverso la sentenza n. 6011/2011 TRIB.SEZ.DIST. di
BORGOMANERO, del 20/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 18/06/2014

Osserva

Il difensore di fiducia di Trubia Rosario impugna (con atto di appello ma
correttamente qui trasmesso dalla Corte di Appello di Torino con ordinanza del
22.6.2012 ai sensi degli artt. 593, 3° comma e 568, 5 0 comma c.p.p.) la sentenza
emessa, all’esito del giudizio abbreviato, in data 20.9.2011 dal Giudice monocratico
Tribunale di Novara – Sezione distaccata di Borgomanero, che condannava il predetto,
con attenuanti generiche, alla pena di C 2.400,00 di ammenda per il reato di guida
senza patente perché revoca (art. 116 comma 13° C.d.S.).

dal momento che il Trubia, collaboratore di giustizia che si era autoaccusato di
numerosi delitti, si era messo alla guida dell’autovettura unicamente perché costretto
ad andare ad acquistare il latte per il figlio neonato. In subordine, invoca la riduzione
della pena con la concessione delle attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile poiché basato su motivi non consentiti nella presente sede di
legittimità oltre che aspecifiche, avendo riproposto in questa sede le medesime
doglianze rappresentate senza successo dinanzi al giudice di merito.
Del resto, le censure, rappresentando peraltro circostanze del tutto inconsistenti e
indimostrate, pretendono di pervenire ad una improponibile rivalutazione della prova
e si risolvono in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito
nel presente giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della impugnata
sentenza ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di
razionalità dei suoi contenuti. Si cerca, in altri termini, di introdurre quello che,
secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, esula dai suoi poteri e cioè
la “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui
apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito (Sez. Un. N.6402/97,
imp. Dessimone ed altri, RV. 207944).
Infine, premesso che le attenuanti generiche sono state concesse dal giudice a quo, si
rammenta che in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del
merito, con la enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più)
dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della
motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula
un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo,
Cass. pen. Sez. II, del 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
2

Si duole della mancata assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato

DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così de «so in Roma, il 18.6.2014

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