Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29766 del 04/03/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29766 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
CLERICI ALFREDO N. IL 11.01.1968;

Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI MILANO in data 9 aprile 2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona del dott. Giulio Romano che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.

2.

Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Milano ha confermato la
sentenza del GUP presso il Tribunale di Milano, appellata dall’imputato Clerici
Alfredo. Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena ritenuta di
giustizia per il reato – così come ritenuto in sentenza- di tentato furto
aggravato ai danni di Antony Souza Passos, di porto di strumento da taglio
atto ad offendere e di resistenza a pubblico ufficiale.
Avverso tale decisione ricorre il Clerici lamentando difetto di motivazione e
richiamando a riguardo le dichiarazioni della parte offesa
CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso va dichiarato inammissibile.
La Corte territoriale nel confermare il giudizio di penale responsabilità a carico
del Clerici ha infatti escluso che potesse ritenersi l’attendibilità della parte
offesa, in relazione alle condizioni psico fisiche della stessa nel corso della
notte, prendendo invece in esame le risultanze aliunde acquisite, nonché
1

Data Udienza: 04/03/2015

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende_
Così deciso nella camera di consiglio del 4 marzo 2015
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

espressamente la stessa narrazione del fatto da parte dell’imputato. La
sentenza impugnata risulta pertanto congruamente e logicamente motivata e
pertanto non censurabile in questa sede. Del resto l’unico motivo di ricorso, è
formulato in termini del tutto generici; l’atto di impugnazione omette
qualsivoglia indicazione degli elementi di fatto che, sulla scorta della
ricostruzione giuridica offerta, dovrebbero rendere palese il vizio della
decisione impugnata. Ai sensi dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c),
l’impugnazione deve enunciare, tra gli altri, “i motivi, con l’indicazione
specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni
richiesta”. L’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), commina la sanzione
dell’inammissibilità dell’impugnazione quando venga violato, tra gli altri, il
disposto dell’art. 581 c.p.p. Come costantemente affermato da questa Corte
(tra le altre, sez. 6, 30/10/2008, Arruzzoli ed altri, rv. 242129), in materia di
impugnazioni, l’indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell’art.
581 c.p.p., lett. c), costituisce di per sè motivo di inammissibilità del proposto
gravame.
Lo stesso ricorrente prospetta l’esistenza di ipotesi formulate dalla difesa in
ordine a possibilità alternative rispetto alla colpevolezza dell’imputato. Ma
compito di questa Corte non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del
Giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a
dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incompiutezza strutturale della
motivazione della Corte di merito; incompiutezza che derivi dalla presenza di
argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o
fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla
collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro
ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo
dirompente dell’equilibrio della decisione impugnata, oppure dall’aver assunto
dati inconciliabili con “atti del processo”, specificamente indicati dal ricorrente
e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che
la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto, determinando
al suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2, n. 13994 del
23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n. 20370 del
20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584 del
05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del
26/09/2006, imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989).
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso fa seguito l’onere delle spese
del procedimento nonché del versamento di una somma in favore delle cassa
delle ammende che, anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n.186
del 2000, stimasi equo fissare in 1000,00 euro.

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