Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29752 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29752 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

su( ricors4 proposti da:
MAALOUL NABIL, n. 15/03/1978 in MAROCCO
MENDILI MOHAMED, n. 10/09/1979 in TUNISIA

avverso la sentenza della Corte d’appello di PERUGIA in data 16/10/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e4 ricorse;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. M. Fraticelli, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udite, per i ricorrenti, le conclusioni dell’Avv. D. Panzarola – non comparso;

Data Udienza: 11/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. MAALOUL NABIL e MENDILI MOHAMED hanno proposto separati ricorsi, a
mezzo del difensore fiduciario cassazionista, avverso la sentenza della Corte
d’appello di PERUGIA, emessa in data 16/10/2012, depositata in data
26/10/2012, con cui è stato dichiarato inammissibile l’appello avverso la
sentenza del tribunale di PERUGIA del 9/12/2011, che, previa qualificazione del

contestata al NABIL MAALOUL, condannava i ricorrenti alla pena di 1 anno di
reclusione ed C 3000,00 di multa ciascuno, per aver detenuto illecitamente a fini
di spaccio sostanza stupefacente del tipo eroina del peso di gr. 6,10 nonché per
aver ceduto a tale Spitoni Paola sostanza stupefacente del tipo eroina e cocaina
per gr. 2,12 dietro pagamento della somma di C 130,00 (fatti contestati come
commessi il 6 luglio 2011),

2. Con i ricorsi, proposti a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, viene
dedotto un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente
necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deducono, con tale motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) c.p.p., in
relazione agli artt. 591, 448 e 605 c.p.p. per aver il giudice ritenuto
inammissibile l’appello avverso la sentenza di primo grado.
La censura investe l’impugnata sentenza per aver la Corte d’appello dichiarato
inammissibile l’impugnazione ritenendo, erroneamente, che il primo giudice
avesse pronunziato sentenza di condanna ex art. 448, comma 2, c.p.p.; rilevano
i ricorrenti che la norma richiamata regoli un’ipotesi diversa e, in particolare,
l’ipotesi in cui il giudice ritenga ingiustificato il dissenso del PM ovvero il caso del
rigetto della richiesta; nel caso in esame, diversamente, il giudice aveva
pronunciato ordinaria sentenza di condanna, riconoscendo i ricorrenti
responsabili, condannandoli ad una pena corrispondente a quella indicata
nell’originaria richiesta di patteggiamento, senza vi sia stata alcuna richiesta in
tal senso da parte della difesa; detta ipotesi, pertanto, non potrebbe applicarsi al
caso in esame, ovvero al caso in cui vi era stata una richiesta dinanzi al giudice
del dibattimento nel corso del processo per direttissima, applicandosi solo al caso
in cui la richiesta ex art. 444 c.p.p. sia effettuata davanti al gip e venga rigettata
ovvero al caso in cui vi sia stato dissenso del PM.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2

fatto nell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73, T.U. Stup. ed esclusa la recidiva

3. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.

4.

Ed invero, l’inappellabilità della sentenza emessa ai sensi del combinato

disposto degli artt. 444 e 448 c.p.p., resa a seguito della valutazione del giudice
che ha ritenuto ingiustificato il rigetto della richiesta di patteggiamento proposta
davanti al primo giudice, è stata autorevolmente affermata dalle Sezioni Unite di

che non è appellabile dall’imputato la sentenza di applicazione della pena
pronunciata dal giudice che, in chiusura del dibattimento, ritenga ingiustificato il
dissenso espresso dal P.M. o il provvedimento di rigetto della richiesta, poiché
tutte le sentenze che applicano la pena su richiesta delle parti hanno analoga
natura e, salvo particolari disposizioni normative, esplicano i medesimi effetti
(Sez. U, n. 36084 del 24/06/2005 – dep. 06/10/2005, Fragomeli, Rv. 231806).

5. Ritiene il Collegio che la previsione di legge secondo cui “Nello stesso modo il
giudice provvede dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio
di impugnazione, quando ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero e
congrua la pena richiesta dall’imputato”

(art. 448, comma 1, ultima parte,

c.p.p.) è sicuramente applicabile anche al caso di specie in cui vi è stata una
richiesta dinanzi al giudice del dibattimento nel corso del processo per
direttissima, atteso che la tesi secondo cui si debba limitarne l’applicabilità solo
al caso in cui la richiesta ex art. 444 c.p.p. sia effettuata davanti al gip e venga
rigettata ovvero al caso in cui vi sia stato dissenso del PM – secondo la
prospettazione difensiva dei ricorrenti – è frutto di un’erronea esegesi del testo,
atteso che la norma richiamata non ne limita l’applicabilità alla fase delle indagini
preliminari (secondo quanto sostenuto dalla difesa, essendo riferibile solo alla
richiesta effettuata davanti al “gip”), ma dispone che “allo stesso modo” debba
provvedere il giudice “dopo la chiusura del dibattimento di primo grado” (come
avvenuto nel caso in esame, essendo evidente la piena assimilabilità – per
identità di ratio rispetto alla disposizione richiamata – tra il caso in cui si
pervenga al dibattimento a seguito di giudizio direttissimo a quello in cui vi si
pervenga diversamente), come anche “nel giudizio di impugnazione”.

6. Solo per completezza, deve escludersi che ricorrano le condizioni per una
rivalutazione del trattamento sanzionatorio ex art. 609 c.p.p. da parte di questa
Corte, non essendo la pena inflitta una pena illegale, anche a seguito delle
modifiche normative recentemente intervenute con riferimento alla nuova
3

questa Corte con la sentenza Fragomeli che, sul punto, hanno infatti affermato

fattispecie autonoma dell’art. 73, comma 5, TU Stup.; ed infatti, a fronte della
pena edittale oggi prevista (da mesi 6 ad anni 4 di reclusione, oltre alla multa da
1032 a 10329 €, come oggi previsto per effetto delle modifiche operate dalla
legge 16 maggio 2014, n. 79), il giudice di prime cure ha accolto una richiesta di
applicazione della pena che indicava come pena base quella di anni 1 e mesi 6 di
reclusione ed € 4.500,00 di multa, pena rientrante ampiamente nei limiti edittali.

c.p.p., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i. ricors,c. e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 11 giugno 2014

Il Presidente

7. I ricorsi devono essere, dunque, rigettati. Segue, a norma dell’articolo 616

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