Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29721 del 08/07/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29721 Anno 2016
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Udrea Sorin Adrian, nato in Romania a il 10/07/1977

avverso la sentenza del 09/06/2016 della Corte di appello di Brescia

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Felicetta Marinelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Nicola Fusaro, che ha concluso insistendo
nell’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Brescia
disponeva la consegna di Udrea Sorin Adrian all’autorità giudiziaria rumena, a
seguito di mandato di arresto europeo, emesso per l’esecuzione della pena
detentiva inflittagli con sentenza «passata in giudicato ed esecutoria» di
condanna del Tribunale diTimis del 7 ottobre 2015.

Data Udienza: 08/07/2016

La Corte territoriale respingeva l’eccezione difensiva in ordine al carattere
non definitivo della sentenza di condanna, in quanto il consegnando non aveva
fornito alcuna prova in merito alla pendenza di ricorsi con effetto sospensivo.
La stessa Corte accoglieva invece il rilievo sollevato dalla difesa in relazione
ai reati per i quali era stata chiesta la consegna, che annoverano fatti per i quali
l’Udrea era stato assolto.
La Corte territoriale riteneva infine che non ricorresse la condizione ostativa
di cui all’art. 18, comma 1, lett. h), I. n. 69 del 2005 in considerazione delle

situazione non generalizzata.

2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione la persona richiesta
in consegna, enunciando tre motivi di annullamento.
Si deduce la mancanza di irrevocabilità della sentenza posta a fondamento
della richiesta di consegna, in quanto oggetto di ricorso davanti all’Alta Corte di
cassazione di Bucarest, presentato il 4 maggio 2016, ai sensi dell’art. 435 del
codice di rito rumeno.
Si denunciano inoltre le carenze del mandato di arresto europeo, in quanto
privo dei requisiti minimi richiesti dalla legge n. 69 del 2005 in ordine alla
relazione sui fatti addebitati e alla descrizione delle circostanze del reato
(compresi, data, luogo e data di partecipazione).
Infine si lamenta la mancata richiesta alle autorità rumene di garanzie sul
trattamento penitenziario a cui dovrà essere sottoposto il consegnando, alla luce
dei criteri fissati da ultimo dalla Corte di giustizia U.E. il 5 aprile 2016 in caso di
consegna verso Stato membro nel quale sia documentato il rischio concreto di
trattamento inumano e degradante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

2. Infondato è il primo motivo di annullamento.
Il codice di procedura penale romeno (legge n. 135 del primo luglio 2010),
entrato in vigore il 7 febbraio 2014, annovera il ricorso per «revisione», previsto
dall’art. 435 dello stesso codice, tra i c.d. rimedi straordinari (Capitolo V),
soggetto ad un vaglio preventivo di ammissibilità, all’esito del quale la Corte di
cassazione «può» decidere di sospendere l’esecuzione della sentenza impugnata
(art. 441 « Suspendarea executarii»).

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condizioni inumane del sovraffollamento delle carceri rumene, trattandosi di

Allo stato il ricorrente ha soltanto provato di aver attivato tale rimedio
straordinario, senza tuttavia nulla documentare in ordine alla sospensione
dell’esecuzione della sentenza di condanna.
Ciò premesso, va ribadito il principio di diritto che, in presenza di rimedi
straordinari proposti dal consegnando avverso la sentenza per la cui esecuzione
è stato emesso il mandato di arresto europeo, la natura esecutiva della sentenza
emessa dalle autorità dello Stato di emissione (come, nel caso in esame,
espressamente indicato nello stesso m.a.e.) rende irrilevante che la stessa sia

2002/584/GAI del 13 giugno 2002, conferisce rilevanza alla sola esecutività, non
certo alla «irrevocabilità» della sentenza, quale condizione essenziale del nuovo
sistema di cooperazione giudiziaria finalizzato alla consegna delle persone
ricercate tra gli Stati membri dell’U.E. (Sez. 6, n. 2745 del 19/01/2012, Cinque,
Rv. 251787).
D’altra parte, una volta che l’autorità di emissione ha affermato che,
secondo le norme interne, la sentenza di condanna a carico del soggetto di cui si
chiede la consegna è divenuta esecutiva, non spetta all’autorità giudiziaria
italiana sindacare sulla base di quali presupposti normativi dell’ordinamento dello
Stato di emissione sia stata affermata la esecutività della sentenza di condanna
(Sez. 6, n. 46223 del 24/11/2009, Pintea, Rv. 245449). La nozione di
definitività, presa in considerazione dalla normativa europea, non può che
dipendere dal carattere che la sentenza possiede in base all’ordinamento dello
Stato di emissione, solo in tal modo potendo assumere un significato declinabile
in modo omogeneo nei vari Stati membri, legittimati a riconoscere e a dare
esecuzione ad una sentenza che abbia il dichiarato carattere della definitività
(Sez. 6, n. 15452 del 08/04/2016, Danciu, non mass.).

3. Anche il secondo motivo non può essere accolto.
La relazione di cui all’art. 6, comma 4, lett. a), della L. n. 69 del 2005 ha
soltanto la finalità di fornire allo Stato di esecuzione le informazioni necessarie
per esercitare i prescritti controlli sul «fatto» per il quale è chiesta la consegna
(doppia incriminabilità,

/ocus commissi delicti,

prescrizione, ecc.), nella

prospettiva della decisione quadro 2002/584/GAI che non prevede la
trasmissione del titolo nazionale di arresto.
Questa Corte ha più volte stabilito che quel rileva, al di là di superflui
formalismi, è che lo Stato di emissione abbia trasmesso la documentazione
idonea a consentire il suddetto controllo di legalità (tra tante, Sez. 6, n. 38850
del 20/10/2011, Estrada Ortiz, Rv. 250793).

3

ancora impugnabile, posto che l’art. 8, par. 1, lett. c), della decisione quadro n.

Nel caso in esame, sono state trasmesse le sentenze di condanna di primo e
secondo grado, in base alle quali la Corte di appello ha potuto effettuare le
prescritte verifiche.
Anche per la «descrizione delle circostanze della commissione del reato,
compresi il momento, il luogo e il grado di partecipazione del ricercato», richiesta
dall’art. 6, comma 1, lett. e) della legge ora citata, valgono le medesime
considerazioni.
Quel che rileva è che la definizione delle condotte per le quali è intervenuta

chiarita senza alcuna incertezza con la trasmissione delle sentenze di condanna.
D’altra parte, è la stessa legge n. 69 del 2005 a prevedere all’art. 16 che il
contenuto del mandato di arresto europeo possa essere completato con
documentazione o informazioni integrative.

4. Fondato è invece l’ultimo motivo.
4.1. Con recenti arresti (Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016; Barbu, non
mass.; Sez. 6, n. 25423 del 14/06/2016, Rusu, non mass.) questa Corte, sulla
scorta anche dell’interpretazione della decisione quadro 2002/584/GAI, fornita
dalla Grande Camera della Corte di Giustizia con sentenza del 5 aprile 2016,
proprio in relazione alla situazione carceraria in Romania, ha stabilito i seguenti
principi di diritto in relazione al motivo di rifiuto di cui all’art. 18, comma 1, lett.
h), I. n. 69 del 2005.
La circostanza che lo Stato di emissione sia membro dell’Unione europea se
da un lato giustifica l’introduzione di regole per la semplificazione delle procedure
di cooperazione giudiziaria in materia penale, basate sulla reciproca fiducia e
quindi sulla presunzione dell’osservanza dei diritti fondamentali della persona
riconosciuti dalla CEDU e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione,
necessaria al funzionamento dell’Unione stessa, dall’altro non può far tollerare
situazioni in cui sia dimostrato che il medesimo Stato, attraverso le sue autorità
nazionali, non garantisca l’effettiva protezione di tali diritti.
Per poter superare la suddetta presunzione del rispetto dei diritti
fondamentali, è peraltro necessario dimostrare che sussista il pericolo
«concreto» che la persona di cui si chiede la consegna sarà sottoposta nello
Stato di emissione a trattamenti inumani e degradanti, vietati dall’art. 3 CEDU e
dall’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E.
A tal fine, l’autorità giudiziaria italiana, quale Stato di esecuzione, qualora
stabilisca, sulla base di fonti attendibili, precise e opportunamente aggiornate
(quali, ad es. le sentenze della Corte EDU, rapporti ufficiali di organismi
internazionali intergovernativi deputati alla tutela dei diritti umani, ecc.), che vi

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la condanna e per le quali è stata chiesta la consegna dell’Udrea sia stata ben

sia il rischio di trattamento inumano o degradante dovuto alle condizioni generali
di detenzione nello Stato membro emittente, prima di rifiutare la consegna deve
accertare, attraverso informazioni complementari da chiedere allo Stato di
emissione, quali saranno «in concreto» le condizioni di detenzione previste nei
confronti dell’interessato in tale Stato membro.
La Corte di appello deve pertanto inviare allo Stato di emissione una
richiesta di informazioni complementari, ai sensi dell’art. 16 I. n. 69 del 2005,
aventi ad oggetto le seguenti informazioni: se la persona richiesta in consegna
sarà detenuta presso una struttura carceraria; in caso positivo, le condizioni di

detenzione che saranno riservate all’interessato, al fine di escludere in concreto il
rischio di un trattamento contrario all’art. 3 CEDU (ovvero il nome della struttura
in cui sarà detenuto, lo spazio individuale minimo intramurario allo stesso
riservato, le condizioni igieniche e di salubrità dell’alloggio; i meccanismi
nazionali o internazionali per il controllo delle condizioni effettive di detenzione
del consegnando).
L’inoltro attraverso l’autorità centrale garantirà sia una tendenziale
omogenea trattazione dei casi simili, sia il presidio delle autorità politiche, alle
quali spetta la competenza sull’effettivo funzionamento dei meccanismi di mutuo
riconoscimento (cfr. considerando n. 10 della decisione quadro 2002/584/GAI).
Nell’inoltrare la richiesta di informazioni complementari, la Corte di appello
deve fissare un termine adeguato che, ai sensi dell’art. 16 cit., non potrà
comunque essere superiore ai trenta giorni.
Ricevute le informazioni richieste, la Corte di appello deve valutare se sulla
base delle stesse deve ritenersi escluso il rischio concreto di un trattamento
contrario all’art. 3 CEDU e all’art. 4 della Carta.
Al fine di determinare lo spazio individuale intramurario conforme agli
standard europei, la Corte di appello deve tener conto dei principi elaborati dalla
giurisprudenza di legittimità, che ha stabilito che lo stesso va individuato in uno
spazio pari almeno a tre metri quadrati «calpestabili» (Sez. 1, n. 5728 del
19/12/2013, dep. 2014, Berni, Rv. 257924), richiamando la giurisprudenza della
Corte EDU sul punto (Corte EDU, 21/072007, Kantyrev c. Russia, n. 37213/02,
§§ 50-51; 29/03/2007, Andrei Frolov c. Russia, n. 205/02, §§ 47-49;
4/12/2012, Torreggiani c. Italia, n. 43517/09, § 68).
Laddove pervengano informazioni insufficienti ad escludere il suddetto
rischio, la Corte di appello è tenuta a rifiutare – «allo stato degli atti» in ordine
all’art. 18, comma 1, lett. h), I. n. 69 del 2005 – la consegna.
La decisione «allo stato degli atti» si giustifica in conformità alle indicazioni
fornite dalla Corte di giustizia, nella prospettiva che, entro un tempo ragionevole,
lo Stato di emissione possa prevedere per il caso concreto le condizioni essenziali

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per la consegna, ovvero il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana,
sanciti dalla Carta fondamentale dell’Unione europea.
Il che significa che, laddove l’autorità giudiziaria dello Stato di emissione
faccia pervenire, successivamente e comunque entro un termine ragionevole, le
informazioni che consentano di ritenere legittima la consegna, alla luce dei
parametri sopra indicati, il giudicato allo stato degli atti formatosi sul rifiuto della
consegna, se rende irretrattabili le altre questioni già decise, non impedisce la
pronuncia di una successiva sentenza favorevole alla consegna, in relazione ai

4.2. Nel caso in esame, fonti di sicura attendibilità provenienti dal Consiglio
d’Europa e dalla Corte EDU dimostrano come la situazione delle carceri in
Romania sia particolarmente allarmante, in relazione al loro sovraffollamento e
per le condizioni igieniche e di salubrità delle strutture: il recente rapporto del 25
aprile 2016 stilato dal Comitato sui problemi criminali del Consiglio d’Europa sul
tema del sovraffollamento carcerario («White paper on prison overcrowding»),
nel fornire un aggiornato quadro delle condizioni delle carceri in tale Stato e delle
riforme che sono state approntate sin dal 2008 per contrastare le criticità
riscontrate, ha peraltro dato atto che ad aprile di quest’anno il problema del
sovraffollamento risultava ancora irrisolto («Despite these measures the number
of prisoners is stili higher than the prison capacity of 18.986 places»).
Pertanto, spettava alla Corte di appello di attivare, prima di decidere sulla
consegna dell’Udrea, le dovute verifiche per stabilire quali saranno le modalità di
esecuzione della pena per la quale è stata chiesta la sua consegna e, in caso di
detenzione in istituto penitenziario, quali saranno in concreto le condizioni di
trattamento carcerario.

5. La sentenza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio ad altra
Sezione della Corte di appello di Brescia per nuovo giudizio in ordine alla
questione relativa alla sussistenza dell’ipotesi di rifiuto di cui all’art. 18, comma
1, lett. h), I. n. 69 del 2005, secondo i principi sopra enunciati.
Il ricorso per il resto va rigettato.
La cancelleria provvederà agli adempimenti di rito.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di
appello di Brescia per nuovo giudizio.

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nuovi elementi sopravvenuti sulle condizioni di futura detenzione.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n.
69 del 2005.

Così deciso il 08/07/2016.

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