Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29719 del 08/06/2016


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Penale Ord. Sez. 5 Num. 29719 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
c/
AMICO CONSUELO nato il 01/02/1988 a PRATO

avverso l’ordinanza del 23/02/2015 del GIP TRIBUNALE di FIRENZE
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO STANISLAO
SCARLINI;
lette/sentite le conclusioni del PG

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 08/06/2016

RITENUTO IN FATTO
1 – Con ordinanza del 23 febbraio 2016 il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Firenze rigettava l’istanza di dissequestro dei beni appresi, il 6
agosto 2015, a Cristian Balestra, quale provento di una serie di furti in
abitazione, istanza avanzata da Consuelo Amico, convivente del Balestra, non
essendovi prova che gli stessi fossero di proprietà della donna e che non fossero,
pertanto, il profitto dei reati consumati dall’indagato.
2 – Avverso tale ordinanza propone ricorso Consuelo Amico, a mezzo del

Con l’unico motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell’art.
253 cod. proc. pen., ed il difetto di motivazione sotto un duplice profilo.
In primo luogo la motivazione del provvedimento impugnato è del tutto
apparente posto che si limita a ripetere gli argomenti della pubblica accusa, non
affrontando le specifiche doglianze dedotte dalla istante e, in particolare, non
fornendo prova del fatto che gli oggetti in questione sarebbero un provento dei
reati commessi dal convivente.
In secondo luogo la difesa aveva provato che almeno uno dei beni sottoposti
a sequestro era in possesso della Amico fin da epoca precedente la commissione
dei furti ascritti al convivente (vi era una foto, non allegata al ricorso, che
ritraeva un anello al dito della medesima). Inconferente era allora quando
dedotto dal giudice circa la mancata prova della lecita provenienza del
medesimo.
Il nesso dei beni sequestrati (con un sequestro probatorio) con i reati era
poi probabilistico e non dotato della necessaria concretezza.
3 – Il Procuratore generale di questa Corte chiedeva venisse dichiarata
l’inammissibilità del ricorso in considerazione dell’esaustività della motivazione
del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
1 – La ricorrente, infatti, non può dolersi della mancata prova della
provenienza da delitto dei beni sequestrati posto che il nesso pertinenziale degli
stessi ai delitti consumati è questione che attiene all’indagato e non a persona
estranea al procedimento che, al più, deve assumere la proprietà, a sé
riconducibile, degli stessi.
Prova che era certo possibile, per oggetti di valore, con la produzione delle
fatture di acquisto.
Parimenti non provata, e comunque dedotta in fatto, è la proprietà, del
monile fotografato, in capo alla ricorrente.

1

suo difensore.

6 – All’inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, versando la medesima in colpa, anche
della somma indicata in dispositivo da versare alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma 1’8 giugno 2016.

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