Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29707 del 07/06/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29707 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Moschillo Saverio, nato ad Ariano Irpino, il 21/4/1946;

avverso la sentenza del 22/9/2015 della Corte d’appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giovanni
Di Leo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Antonio Villani, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

Data Udienza: 07/06/2016

i.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna ha confermato la condanna
di Moschillo Saverio per i reati di minaccia, lesioni volontarie e tentata violenza privata
commessi ai danni della propria dipendente Sanzani Elisabetta. In parziale riforma della
pronunzia di primo grado, la Corte territoriale ha invece rimodulato il trattamento
sanzionatorio, sostituendo alla pena detentiva irrogata in prime cure quella pecuniaria e
revocando la sospensione condizionale precedentemente concessa, nonché riducendo
l’ammontare della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno subito dalla parte

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando due
motivi. Con il primo deduce vizi della motivazione in merito alla ritenuta volontarietà
delle lesioni riportate dalla persona offesa avendo la Corte territoriale in proposito
ignorato nella loro integralità le dichiarazioni di segno contrario del teste Roncarati. Con
il secondo lamenta il difetto di motivazione in merito al mancato riconoscimento
dell’attenuante della provocazione, pure oggetto di specifica e argomentata richiesta
con il gravame di merito.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo di ricorso risulta invero generico. La critica svolta dal ricorrente in
merito alla ritenuta volontarietà delle lesioni si fonda, infatti, su di un brano estrapolato
dalla deposizione della teste Roncarati, le cui dichiarazioni non vengono però riproposte
nella loro integralità, il che rivela il difetto di autosufficienza del ricorso, che, peraltro,
nemmeno è in grado di evidenziare l’effettiva decisività della prova asseritamente
pretermessa. Infatti il brano riportato assume il significato probatorio preteso solo nella
interpretazione soggettivamente orientata e interessata svolta dal ricorrente, atteso
che la teste ha confermato l’azione violenta posta in essere dall’imputato nei confronti
della persona offesa, azione di per sè idonea ad integrare il reato contestato e per la
cui consumazione, è perfino superfluo ricordarlo, è sufficiente il dolo generico.
3. Quanto alle doglianze svolte con il secondo motivo, è sì vero che la sentenza
impugnata, pur avendone registrato la richiesta, non ha specificamente argomentato
sulla ritenuta insussistenza dell’attenuante della provocazione, la confutazione della
pretesa difensiva emerge egualmente dal complesso della motivazione, posto che nel
primo grado di giudizio il reato di ingiuria è stato ritenuto non punibile in ragione della
riconosciuta esimente della reciprocità delle offese e non già perché la persona offesa
fosse stata ritenuta autrice di un fatto ingiusto ai danni dell’imputato, che nemmeno il
L

civile.

ricorrente ha saputo compiutamente identificare – rivelando l’intrinseca genericità del
motivo proposto con il gravame di merito – se non nella circostanza che durante
l’alterco con il suo datore di lavoro anche la Senzani, come il Moschillo, si fosse lasciata
andare ad apprezzamenti offensivi. Circostanza che, per l’appunto, è autonomamente
valutata dal legislatore, che ne esclude l’implicito valore fondante della fattispecie della
provocazione.

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro duemila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 7/6/2016

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la

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