Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29700 del 05/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29700 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: RAMACCI LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TANZI CORRADO N. IL 14/04/1975
avverso la sentenza n. 665/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
21/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 05/04/2013

– che la Corte di appello di Trieste con sentenza del 21/6/2012, ha confermato la sentenza in
data 9/3/2011 del Tribunale di Gorizia, che aveva affermato la responsabilità penale di TANZI
Corrado per il reato di cui agli artt. 81 cod. pen. e 8, commi 1 e 3 d.lgs. 74\2000;
— che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunziando
violazione di legge in ordine all’applicazione della recidiva ed al mancato riconoscimento di
circostanze attenuanti generiche;
— che le Sezioni Unite (sent. 5859\2012) hanno escluso che la valutazione richiesta al giudice
possa risolversi nel solo riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali ma l’apprezzamento
dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggiore capacità a
delinquere del reo non richiede un’analitica esposizione dei criteri di valutazione, dovendosi
ritenere sufficiente l’esplicitazione, anche sintetica, delle ragioni per le quali si ritiene l’effettiva
idoneità in concreto ad indicare una più accentuata colpevolezza o una maggiore pericolosità del
condannato.
Va quindi escluso ogni automatismo nell’applicazione della disposizione di cui all’art. 99 cod.
pen., ma può ritenersi sufficiente, come nella fattispecie. il richiamo all’entità dei precedenti
penali, alla loro eterogeneità ed alla reiterazione entro un arco di tempo ristretto quale indice
sintomatico di una condizione attuale di pericolosità.
— che, secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema:
-il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche è rimesso al potere discrezionale del
giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo;
– la concessione delle attenuanti generiche presuppone la sussistenza di positivi elementi di
giudizio e non costituisce un diritto conseguente alla mancanza di elementi negativi connotanti la
personalità del reo, cosicché deve ritenersi legittimo il diniego operato dal giudice in assenza di
dati positivi di valutazione (Sez. I n. 3529. 2 novembre 1993; Sez. VI n. 6724, 3 maggio 1989;
Sez. VI n. 10690, 15 novembre 1985; Sez. I n. 4200, 7 maggio 1985). Inoltre, riguardo all’onere
motivazionale, deve ritenersi che il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli
elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare
riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque rilevanti ai fini del diniego
delle attenuanti generiche (v. Sez. II n. 3609, 1 febbraio 2011; Sez. VI n. 34364, 23 settembre
2010) con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è
suscettibile di sindacato in sede di legittimità neppure quando difetti uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato
(Sez. VI n. 42688, 14 novembre 2008; Sez. VI n. 7707, 4 dicembre 2003).
— nella fattispecie in esame, la Corte di merito, nel corretto esercizio del potere discrezionale
riconosciutole in proposito dalla legge, ha dato rilevanza decisiva all’assenza di elementi positivi
di valutazione;
— che il ricorso, conseguentemente, va dichiarato inammissibile (poiché manifestamente
infondato) e, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità — non potendosi
escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) —
consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro 1.000,00 (mille/00) alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in ROMA, nella camera di consiglio del 5/4/2013

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