Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29694 del 13/05/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29694 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COLECCHIA RAEL CESARE nato il 09/09/1975 a LANCIANO

avverso la sentenza del 02/10/2014 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 13/05/2016, la relazione svolta dalConsigliere ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del GIUSEPPE CORASANITI
che ha concluso per

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/05/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Giuseppe Corasaniti, ha concluso per il
rigetto del ricorso. L’avv. Luigia Sicari per il ricorrente ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 2 ottobre 2014 la Corte d’Appello di l’Aquila ha confermato la
sentenza di primo grado con cui Colecchia Real Cesare è stato condannato alle pena di giustizia
per una serie di furti con analogo modus operandi commessi in studi professionali in Chieti tra
il 7 novembre ed il 14 novembre 2014, ai danni di D’Alfonso Patrizia, La Torre Claudia, D’Intino

2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta l’omessa pronuncia in relazione alle impugnate
ordinanze sospensive della prescrizione.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta la mancanza o apparenza di motivazione in
relazione alla colpevolezza dell’imputato ed alla sussistenza delle aggravanti di cui all’art. 625
comma 1° n. 2 e 99 c.p..
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione agli artt. 625
comma 10 n. 2 e 99 c.p.. Si reitera la doglianza delle irregolarità commesse nelle ricognizioni
fotografiche dell’imputato e si contesta l’aggravante del mezzo fraudolento nel furto, non
potendo ravvisarsi nelle condotte poste in essere dal ricorrente, che si è limitato ad una
richiesta di informazioni od appuntamento, una particolare abilità o particolari accorgimenti
nell’eludere le cautele a tutela del bene.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Non vi è dubbio che la ricorrente sia del tutto carente di interesse a sollevare un’eccezione
processuale in ordine alle ordinanze sospensive della prescrizione. Infatti, dato il titolo di reato
ascritto all’imputato e considerando comunque l’aumento previsto dall’art. 157 comma 2° c.p.
per la recidiva applicata dai giudici di merito, la prescrizione maturerà in data 7 novembre
2017.
Peraltro, prima dell’adozione dell’ordinanza del 29 settembre 2011 lo stesso ricorrente aveva
chiesto rinvio “nel suo esclusivo interesse e a prescrizione sospesa”.
2. Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, avendo ad oggetto
le stesse questioni, e sono inammissibili.
La censura del ricorrente in ordine alla mancanza o apparenza di motivazione in relazione alla
colpevolezza dell’imputato ed alla sussistenza delle aggravanti di cui all’art. 625 comma 1° n. 2
e 99 c.p. non coglie nel segno.
Entrambi i giudici di merito, con argomentazioni articolate e coerenti, hanno evidenziato come
l’imputato, a viso scoperto, si sia introdotto negli studi professionali in cui lavoravano le
persone offese ed abbia perpetrato ai loro danni i furti ascrittigli approfittando del
2

Laura e Catalano Erika.

momentaneo allontanamento dalle loro stanze, provocato dallo stesso imputato con il pretesto
di chiedere un appuntamento ai titolari degli studi.
La Corte territoriale ha ben argomentato il riconoscimento dell’aggravante del mezzo
fraudolento, evidenziando appunto il preordinato intento dell’agente di provocare il
momentaneo allontanamento dalla stanza delle segretarie degli studi professionali e di
approfittare di una condizione contingentemente favorevole dallo stesso determinata nella
frazione di tempo in cui le persone offese avevano momentaneamente sospeso la vigilanza sul

In ordine alla recidiva, tenuto conto che in presenza di una “doppia conforme” la sentenza
impugnata può essere integrata dalla sentenza di primo grado, saldandosi vicendevolmente in
un unico complesso argomentativo, va osservato che il giudice di primo grado ha
coerentemente argomentato l’applicazione della recidiva in considerazione della gravità e
ripetitività delle condotte ascritte al ricorrente e del notevole numero di precedenti sia specifici
che generici.
D’altra parte, le ‘censure formulate dall’imputato sono di mero fatto, in quanto finalizzate ad
una diversa valutazione del materiale probatorio operata dai giudici di merito, e sono come tali
inammissibili in sede di legittimità ove , come nel caso di specie, la valutazione contenuta nella
sentenze di merito non sia stata fatta con argomentazioni apodittiche od illogiche.
Infine, le eccezioni sollevate dal ricorrente in ordine ai presunti vizi delle ricognizioni
fotografiche si appalesano generiche. Si duole il ricorrente in modo apodittico che le fotografie
degli altri soggetti mostrati alle persone offese sarebbero state completamente diverse da
quelle ritraenti l’imputato, senza neppure fornire alcun dettaglio idoneo ad indicare quali
fattezze e caratteristiche fisiche avessero gli altri soggetti mostrati.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che
si stima equo stabilire nella misura di 1.000,00 Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2016
Il consi ere este

re

Il Presidente

proprio bene.

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