Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29693 del 13/05/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29693 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D’AMBROGIO ALFONSO nato il 03/03/1982 a VASTO

avverso la sentenza del 24/04/2014 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 13/05/2016, la relazione svolta dalConsigliere ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del GIUSEPPE CORASANITI
che ha concluso per

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/05/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Giuseppe Corasaniti, ha concluso per il
rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 24 aprile 2014 la Corte d’Appello di l’Aquila ha confermato la
sentenza di primo grado con cui D’Ambrogio Alfonso è stato condannato alle pena di giustizia
per furto ex art. 624 bis c.p. di alcuni beni mobili di proprietà di Bellano Nicola da quest’ultimo
custoditi all’interno di un proprio casolare di campagna.

affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stato dedotto il vizio di motivazione nella valutazione delle
prove in base alle quali il ricorrente è stato ritenuto l’autore del furto.
L’istruttoria dibattimentale non ha neppure provato che il ricorrente fosse il proprietario
del furgone attraverso cui gli autori del furto si diedero alla fuga o ne avesse comunque la
disponibilità, non potendosi attribuire comunque nessuna valenza alla circostanza che
l’imputato non ha inteso rendere dichiarazioni.
2.2 Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all’art. 624 bis
c.p. , essendo mancato qualsiasi approfondimento per qualificare il casolare di campagna, ove
è stato perpetrato il furto, come privata dimora.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 62 n. 4 c.p. ed il vizio di
motivazione.
Rileva il ricorrente che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi su tale
specifica doglianza contenuta nei motivi d’appello, rilevando che la configurabilità
dell’attenuante ha fondamento nello scarso valore economico dei beni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile.
Non vi è dubbio che il ricorrente, nel contestare la valutazione del materiale probatorio
operato dalla Corte di merito in ordine agli elementi che hanno portato alla sua identificazione,
oltre a formulare una censura di merito, come tale inammissibile in sede di legittimità, si è
limitato a reiterare i motivi d’appello senza confrontarsi con le articolate argomentazioni di
entrambi i giudici di merito.
Va, in proposito, rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di
specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di
specificità, che comporta, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.,
l’inammissibilità (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 , Rv. 255568; Sez. 5, 27.1.2005 n. 11933,
rv. 231708; Sez. 5, 12.12.1996, n. 3608, p.m. in proc. Tizzani e altri, rv. 207389).
2

2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato

E’ pertanto evidente che se il motivo di ricorso si limita – come nel caso in esame- a
riprodurre il motivo d’appello, viene meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e
ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il
provvedimento impugnato, invece di essere destinatario di specifica critica argomentata, è di
fatto del tutto ignorato (tra le tante, Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012, Pierantoni; Sez. 6 n.
22445 del 8 maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27 gennaio
2005, Giagnorio, rv. 231708).
Va peraltro osservato che la completezza e logicità della motivazione dei giudici di merito

presenza di una “doppia pronuncia conforme”, la motivazione della sentenza di secondo grado
va ad integrarsi reciprocamente con quella di primo grado, saldandosi in un unico complesso
argomentativo (cfr., in motivazione, Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550).
Orbene, i giudici di merito hanno illustrato i plurimi elementi di prova che hanno portato alla
individuazione del D’Ambrogio quale autore del furto, essendo stati rinvenuti nel furgone
utilizzato per il furto numerosi documenti comprovanti non solo la proprietà in capo al
ricorrente dell’automezzo ma anche l’attualità dell’uso (tra i quali una multa per una infrazione
stradale), oltre ad essere stati valorizzati elementi di natura logica quali la mancanza di
denunce di furto riguardanti il furgone e la mancanza di ricostruzione alternative da parte dello
stesso ricorrente. In proposito, deve condividersi che anche il silenzio serbato dall’imputato quale condotta processuale – può essere considerato dal Giudice, che può desumere da esso
“argomenti di prova” utili per la valutazione degli elementi di prova aliunde acquisiti.
In questo senso, si è pronunciata questa Corte quando ha affermato che al giudice non è
precluso valutare la condotta processuale dell’imputato, coniugandola con ogni altra
circostanza sintomatica, con la conseguenza che egli, nella formazione del suo libero
convincimento, ben può considerare, in concorso di altre circostanze, la portata significativa
del silenzio su circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo (Sez. 2″, n. 22651 del
21/04/2010 Rv. 247426).
2. Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
Va osservato che, ai fini della sussistenza del delitto di furto in abitazione di cui all’art. 624 bis
cod. pen., “luogo destinato a privata dimora” deve intendersi qualsiasi luogo, non pubblico, in
cui una persona si trattenga, in modo permanente oppure transitorio e contingente, per
compiere atti di vita privata o attività lavorative (Sez. 4, n. 20022 del 16/04/2008 Rv. 239980;
Sez. 5, n. 10187 del 15/02/2011, Rv. 249850). Non vi è dubbio che in tale nozione rientri
pienamente il casolare di campagna.
3. Il terzo motivo è inammissibile.
Il ricorrente si duole che la Corte di merito non ha risposto al motivo concernente l’attenuante
di cui all’art. 62 n. 4 c.p. ma sul punto va osservato che la censura dedotta in appello si
appalesava generica, essendosi il ricorrente limitato a richiedere la concessione dell’attenuante

3

emerge dalla lettura della sentenza impugnata integrata da quella di primo grado dato che, in

di cui all’art. 62 n. 4 c.p. senza indicare minimamente gli elementi fattuali a sostegno di tale
richiesta, elementi che sono stati indicati tardivamente solo nel ricorso per cassazione.
Correttamente la Corte territoriale non ha risposto ad un motivo palesemente generico.
Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e tale situazione, implicando
il mancato perfezionamento del rapporto processuale, cristallizza in via definitiva la sentenza
impugnata, precludendo in radice la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per
prescrizione intervenuta successivamente alla pronuncia in grado di appello (Cfr., tra le altre,
Sez. U, n. 21 dell’11/11/1994, Cresci, Rv. 199903; Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011, Morra,

In proposito, il termine di prescrizione è maturato solo in data 29.12.2014 mentre la
sentenza d’appello è stata pronunciata in data 24.4.2014.
Alla declaratoria d’i,namrnissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che
si stima equo stabilire nella misura di 1.000,00 Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2016
Il consigliere e

ore

Il Presidente

Rv. 250328, in motivazione).

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