Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29692 del 13/05/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 29692 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TODISCO GIUSEPPE nato il 06/08/1965 a ROMA

avverso la sentenza del 16/10/2014 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 13/05/2016, la relazione svolta dalConsigliere ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del GIUSEPPE CORASANITI
che ha concluso per

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 13/05/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Giuseppe Corasaniti, ha concluso per
l’annullamento senza rinvio per intervenuta depenalizzazione.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 16 ottobre 2014 la Corte d’Appello di l’Aquila ha confermato
la sentenza di primo grado con cui Todisco Giuseppe è stato condannato alla pena di giustizia
per avere, in concorso con Gironimo Milena, giudicata separatamente, apposto o fatto apporre
la falsa firma di girata “Porreca Raffaele” su un assegno.

affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta la natura meramente apparente della
motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha ritenuto la penale responsabilità del
ricorrente senza valutare le deduzioni contenute nell’atto di appello in ordine alle risultanze
istruttorie ed all’elemento psicologico.
Sarebbe, inoltre, apodittica l’affermazione della Corte di merito secondo cui il ricorrente,
anche ove non avesse apposto la firma di girata falsa, avrebbe comunque concorso nel falso.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotto il difetto assoluto di motivazione.
Si duole il ricorrente che è stata irrogata la pena di 1 anno di reclusione motivandola
solo con i precedenti penali dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile.
Non vi è dubbio che il ricorrente si sia limitato a reiterare i motivi d’appello senza confrontarsi
con le articolate argomentazioni di entrambi i giudici di merito.
Va, in proposito, rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di
specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di
specificità, che comporta, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.,
l’inammissibilità (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568; Sez. 4, 18.9.1997 , rv.
210157; Sez. 5, 27.1.2005 n. 11933, rv. 231708).
E’ pertanto evidente che se il motivo di ricorso si limita – come nel caso in esame- a
riprodurre il motivo d’appello, viene meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e
ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il
provvedimento impugnato, invece di essere destinatario di specifica critica argomentata, è di
fatto del tutto ignorato (tra le tante, Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012, Pierantoni; Sez. 6 n.
22445 del 8 maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27 gennaio
2005, Giagnorio, rv. 231708).

2

2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato

Va peraltro osservato che il ricorrente, nel riproporre come motivo l’erronea valutazione
della prova, formuli una censura di merito, sollecitando una diversa valutazione del materiale
probatorio operata dal giudice di merito con argomentazioni congrue ed immuni da vizi logici e
come tali inammissibili.
Con riferimento alla lamentata insussistenza dell’elemento psicologico, va osservato che la
prova della consapevolezza da parte dell’imputato della falsità dell’assegno emerge dalla
condotta dello stesso imputato, come ricostruita nella sentenza impugnata: il ricorrente,
invitato dalla cassiera della banca a regolarizzare l’assegno perché difettava della firma di

dunque usciva dai locali e rientrava qualche istante dopo con la firma di girata compilata.
Il dolo del falso emerge inconfutabilmente dal rilievo, evidenziato dai giudici di merito, che
il Porreca, soggetto cui era stato sottratto il titolo, non si trovava fuori dai locali della banca.
L’assegno fu quindi compilato nella firma di girata ” a nome Porreca” da altro soggetto e di ciò
il Todico ne era pienamente consapevole quando rientrò nella banca con l’assegno compilato.
Erra il ricorrente quando sostiene che la Corte sia venuto meno al proprio obbligo
motivazionale per non aver asseritamente risposto alle specifiche doglianze contenute nell’atto
di appello.
A tal proposito, va osservato che costituisce una regola generale per le pronunce emesse
in sede di impugnazione che il giudice non è tenuto a prendere in considerazione ogni
argomentazione proposta dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi le ragioni che
sorreggono la decisione adottata, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo (Sez.
1, n. 6128 del 07/11/2013 – dep. 10/02/2014, Mancuso, Rv. 259170).
2. Il secondo motivo è inammissibile.
Va osservato che la determinazione del trattamento sanzionatorio rientra nell’ambito di un
giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei
soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della
pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre
2010, Straface, rv 248737).
Nel caso di specie, la valutazione del giudice di secondo grado è immune da censure
avendo lo stesso motivato la concreta quantificazione della pena, discostandosi dal minimo
edittale, in ragione della personalità del reo evincibile dai precedenti penali.
Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e tale situazione,
implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale, cristallizza in via definitiva la
sentenza impugnata, precludendo in radice la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del
reato per prescrizione intervenuta successivamente alla pronuncia in grado di appello (Cfr., tra
le altre, Sez. U, n. 21 dell’11/11/1994, Cresci, Rv. 199903; Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011,
Morra, Rv. 250328, in motivazione). In proposito, il termine di prescrizion aturato in data
11.11.2014 mentre la sentenza d’appello è stata pronunciata in data 16.10. 2014.
3

girata del Porreca, apparente traente, dichiarava che lo stesso si trovava fuori alla banca,

Alla declaratoria d’i nammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che
si stima equo stabilire nella misura di 1.000,00 Euro.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2016
Il Presidente

Il consigliere es

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA