Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29680 del 02/05/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29680 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
MILIA ANGELO, nato a Leonforte, il 14.2.1940 ;
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania del 14.2.1940 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Paola Filippi
che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione e trasmissione
degli atti al giudice civile per le statuizioni civili ;

RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Catania ha confermato la sentenza emessa
in data 15.7.2010 dal Tribunale di Catania nei confronti dell’odierno imputato per il reato di cui
all’art. 610 c.p..
Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa a tre motivi di doglianza.
1.1 Denunzia il ricorrente, come primo motivo, la mancanza di motivazione. Osserva la difesa
dell’imputato che, nonostante fosse possibile il richiamo per relationem alla motivazione del
primo giudice, ciò nonostante la Corte territoriale aveva completamento omesso l’analisi di
alcuni motivi di gravame ; si duole, più in particolare, del mancato esame da parte del giudice
di appello di alcuni documenti che potevano inficiare la credibilità del racconto fornito dalla
persona offesa ; denunzia, inoltre, il travisamento della prova in ordine al contenuto della
deposizione dell’Ufficiale di P.g. intervenuto al momento della lite, trattandosi di una
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Data Udienza: 02/05/2016

deposizione da considerarsi in insanabile contrasto con le dichiarazioni rese dagli altri testi
escussi, ritenuti dalla Corte etnea credibili.
1.2 Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 125,
comma 3, c.p.p. per mancanza di motivazione. Si duole il ricorrente di una motivazione
meramente apparente in ordine alla valutazione del danno risarcibile quantificato in via
equitativa ed in relazione alla quantificazione della pena.
1.3 Con il terzo motivo si chiede ai sensi dell’art. 612 c.p.p. la sospensione della esecuzione

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1 Con il primo motivo si avanzano censure versate in fatto e dirette a confrontarsi
direttamente – senza neanche il medio del vizio argomentativo – con le prove dichiarative già
scrutinate dalla Corte territoriale.
2.2

E’ necessario puntualizzare, con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità sulla

motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall’art. 606,
comma 1, lettera e), cod. proc. pen., come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L.
n. 46 del 2006, che questo non concerne nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del
giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due
requisiti che lo rendono insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative
che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Ed invero, il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione si limita al riscontro dell’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali. Deve inoltre aggiungersi che il vizio della “manifesta illogicità” della motivazione
deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento
va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica “rispetto a sè stessa”, cioè
rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal
giudice di merito, che si presta a censura soltanto se manifestamente contrastante e
incompatibile con i principi della logica.
Sintetizzando sul punto, si è detto che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso
giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della
pronuncia: a) sia “effettiva” e non meramente apparente, cioè realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia
“manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da
argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non
sia internamente “contraddittoria”, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue
diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti
logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed
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della condanna civile.

esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per cassazione) in termini tali da risultarne
vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. Alla Corte di Cassazione non è quindi
consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella
prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti
propri dal giudice del merito (Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559; Sez. 6,
n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099) e non possono dar luogo all’annullamento
della sentenza le minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di

siano inequivocabilmente muniti di un chiaro carattere di decisività), posto che non costituisce
vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal
contesto. Al contrario, è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia
contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi
medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto
argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988; Sez.
2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789).
2.3 Ciò posto, non è possibile pertanto a questa Corte, come invece sollecitato dal ricorrente,
procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti finalizzata, nella prospettiva difensiva, ad una
ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice del merito. Né è
possibile comunque rintracciare alcun profilo di aporia ovvero di contraddittorietà nella
motivazione impugnata là dove la stessa, prospettando argomentazioni del tutto condivisibili,
ha fondato il giudizio di penale responsabilità dell’imputato sulla base delle credibili
dichiarazioni rese dalla persona offesa e degli altri testi escussi, peraltro estranei quest’ultimi
alla vicenda per cui è oggi processo.
3. Il secondo motivo di doglianza è inammissibile in ragione della sua genericità.
Sul punto, va precisato che tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a
pena di inammissibilità, della specificità dei motivi : il ricorrente ha non soltanto l’onere di
dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello
di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
Nel caso di specie il ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581,
comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata
corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo
al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
Sul punto, la Corte territoriale ha invero motivato sia in ordine alla quantificazione del
risarcimento del danno sia in relazione alla dosimetria della pena.
4. Il terzo motivo rimane naturalmente assorbito.
5. Ne discende che l’inammissibilità del ricorso comporta la preclusione per questa Corte della
possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 del codice di rito, quale la
prescrizione. Ed invero, la prescrizione è maturata nel caso di specie in data 18.1.2014 e
dunque successivamente alla sentenza qui impugnata.
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c

valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione (ma che non

Deve precisarsi che l’inammissibilità del ricorso per cassazione, che non consente il formarsi di
un valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità dì rilevare e dichiarare la
prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso ( Cass.
Sez. Un. n. 32 del 22.11.2000 ; Cass. n. 18641/2004 ). In buona sostanza, si è ritenuto che,
trattandosi di un atto dì parte meramente apparente e come tale improduttivo dì effetti, esso è
inidoneo a determinare l’accesso all’ulteriore stato e grado del processo, non determinando la
costituzione di un valido rapporto processuale, e ciò comportando che non scatta l’obbligo,

ogni stato e grado del procedimento, tra le quali rientra la prescrizione.
6. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento,
in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro
1000.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 2.5.2016

previsto dall’art. 609 comma 2 cod. proc. pen., di decidere sulle questioni rilevabili d’ufficio in

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