Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29677 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29677 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sui ricorsi proposti dal
1. Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Genova nei
confronti di
2. MAMONE Gino, nato a Cittanova (RC) il 03/07/1961
3. STRIANO Paolo, nato a Genova il 03/01/1967
e da
MAMONE Gino, nato a Cittanova (RC) il 03/07/1961
avverso la sentenza del 13/11/2013 della Corte di Appello di Genova (n. 2603/2013);
esaminati la sentenza impugnata, i ricorsi del P.G. e dell’imputato Mamone e lette le
memorie difensive depositate dagli imputati;
udita in pubblica udienza la relazione del consigliere Giacomo Paoloni;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Vito D’Ambrosio,
che ha concluso per l’annullamento della sentenza con rinvio al Tribunale di Pescara;
udito il difensore del ricorrente imputato Mamone, avv. Alfredo Gaito, che ha
insistito per l’accoglimento del ricorso, in subordine associandosi alla richiesta del P.G.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa il 21.3.2012, all’esito di giudizio celebrato con rito ordinario
in contumacia dei due imputati, il Tribunale di Genova ha riconosciuto Gino Mamone e
Paolo Striano colpevoli dei reati di corruzione propria antecedente, attiva e passiva, loro
rispettivamente ascritti (al Mamone in qualità di amministratore della Eco.Ge. s.r.l. e allo

Data Udienza: 24/06/2014

Striano in qualità di consigliere comunale di Genova) e lo Striano anche del reato di
istigazione alla corruzione propria ex artt. 319 e 322 co. 4 c.p.
Reati commessi a Genova nel gennaio 2007 (consumazione 31.1.2007) e venuti in
luce nel quadro di servizi di captazione vocale (telefonica e ambientale) e di acquisizione
documentale attivati nell’ambito di una più estesa indagine (denominata “Mensopoli”) per
vicende di corruzione, emissione di false fatture e riciclaggio, dalle quali emergevano le
posizioni di rilievo penale dei due imputati per gli episodi costitutivi degli odierni reati, sì
da determinare -previa separazione degli atti- il loro autonomo rinvio a giudizio.

ha condannato lo stesso Striano alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione e il Mamone
alla pena di tre anni di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge per entrambi.
La sentenza è stata appellata dai due imputati, che hanno formulato censure di
carattere processuale e censure relative al merito valutativo delle emergenze probatorie.
2. Giudicando sulle impugnazioni dei due prevenuti, la Corte di Appello di Genova,

con la sentenza del 13.11.2013 indicata in epigrafe, accogliendo il primo e assorbente
motivo di censura, comune ai due imputati, concernente le addotte nullità ex art. 179
c.p.p. delle loro rispettive citazioni a giudizio innanzi al Tribunale, ha annullato la
decisione di primo grado ai sensi dell’art. 604 co. 4 c.p.p., per ritenuta “nullità delle
notifiche dei decreti di citazione agli imputati nel giudizio di primo grado con conseguente
nullità di tutti gli atti successivi e della sentenza impugnata”, e ha ordinato restituirsi gli
atti al Tribunale di Genova per l’ulteriore corso di giustizia.
2.1. Sul punto con l’appello del Mamone si osservava che l’imputato, interrogato

dal p.m. il 13.1.2010, aveva revocato l’anteriore elezione di domicilio presso il difensore
di fiducia avv. Andrea Campanile del Foro di Genova (pur confermato in tale sua specifica
qualità), eleggendo domicilio nella sede della società Eco.Ge. s.r.l. da lui amministrata.
Erroneamente il decreto dispositivo del giudizio era stato notificato al domicilio eletto
presso il citato difensore di fiducia. Con l’effetto che il Mamone “non è mai stato messo a
conoscenza del procedimento instaurato a suo carico”,

restando contumace. A ciò

Il Tribunale, unificati sotto il vincolo della continuazione i reati ascritti allo Striano,

dovendosi aggiungere che anche l’estratto della sentenza di condanna è stato
impropriamente notificato nel revocato domicilio eletto presso il difensore. La

“omessa

citazione dell’imputato” aveva comportato, per l’appellante, la nullità assoluta e insanabile
(art. 179 c.p.p.) del primo giudizio (e in limine della sua declaratoria di contumacia).
L’analoga censura ex art. 179 c.p.p. formulata con l’appello dello Striano segnalava
l’erroneità della notificazione del decreto dispositivo del giudizio nel domicilio eletto
dall’imputato presso lo studio di uno dei suoi due difensori di fiducia, l’avv. Alessandra
Poggi del Foro di Genova (codifensore con l’avv. Nicola Scodnik dello stesso Foro). Tale
elezione di domicilio era stata effettuata dallo Striano il 20.5.2008 nel diverso
procedimento penale originario (in cui la sua posizione era stata poi archiviata), nessuna

2

l

dichiarazione o elezione domiciliare essendo stata da lui ritualmente effettuata nell’attuale
procedimento penale, separato dal primo. La pregressa elezione di domicilio, ad avviso
dell’appellante, “non poteva spiegare alcun effetto nel presente giudizio, ancorché lo
stesso si configuri come geneticamente collegato a quello originario, attesa l’alterità che
contraddistingue i fatti contestati”.
2.2. La Corte di Appello di Genova ha giudicato fondate le eccezioni di nullità del

primo giudizio sollevate dagli imputati, osservando -quanto al Mamone- che sono provate
per tabulas la sua revoca dell’elezione di domicilio presso il difensore, con coeva nuova

notificazione del decreto dispositivo del giudizio al domicilio eletto “presso il difensore di
allora, non più valido perché sostituito da altro a seguito di revoca espressa”. Sicché si
verte in ipotesi di nullità assoluta ai sensi dell’art. 179 c.p.p.

“per omessa citazione

dell’imputato”, che non ha avuto conoscenza del procedimento a suo carico, a prescindere
dall’avviso dato al difensore di fiducia (al riguardo la sentenza di appello cita la decisione
di questa S.C. Sez. 3, 4.12.2012 n. 46819, Ceccarelli, non massimata).
Quanto alla posizione del coimputato Striano, la Corte distrettuale ha rilevato che
lo stesso non ha mai eletto domicilio nel presente procedimento, nessun rilievo dovendosi
riconoscere all’esistenza di genetico collegamento con l’altro originario procedimento. I
due procedimenti hanno avuto percorsi autonomi e diversi e il domicilio eletto da Striano
nell’ambito del primo non può estendere la sua validità anche al secondo procedimento.
3. La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione dal Procuratore

Generale della Reptibblica di Genova e dal difensore dell’imputato Mamone.
3.1. Con il ricorso proposto nell’interesse del Mamone si precisa che l’impugnazione

è proposta unicamente con riguardo alla errata individuazione del giudice del

“rinvio

restitutorio”, da individuarsi nel giudice dell’udienza preliminare e non nel Tribunale
giudice della cognizione di merito, come ritenuto dalla Corte territoriale.
In vero la nullità delle notificazioni degli atti processuali all’imputato (al domicilio
eletto e poi revocato prima della chiusura delle indagini) risale all’avviso di fissazione
dell’udienza preliminare ex artt. 418 e 419 c.p.p. L’ultimo atto del processo ritualmente
portato a conoscenza dell’imputato è stato l’avviso di conclusione delle indagini (art. 415
bis c.p.p.), cui ha fatto seguito la richiesta del p.m. di rinvio a giudizio. Ne discende
l’incongruenza della restituzione degli atti disposta dalla Corte di Appello, come si precisa
in motivazione, ai soli fini di una nuova notificazione all’imputato del decreto che ne ha
disposto il giudizio davanti al Tribunale. Il Mamone aveva ed ha diritto ad una nuova e
“effettiva” celebrazione dell’intera udienza preliminare. La Corte di Appello ha focalizzato
l’attenzione sulla sola invalidità del decreto dispositivo del giudizio (art. 429 c.p.p.), pur a
fronte di puntuali censure difensive (atto di appello), segnalanti l’irritualità dell’udienza

3

“elezione di domicilio” presso la società Eco.Ge. s.r.l. di Genova, e l’avvenuta erronea

preliminare, svoltasi senza reale contraddittorio e impedendo all’imputato la possibilità di
scegliere il giudizio abbreviato.
3.2.

Con il proprio ricorso il Procuratore Generale di Genova deduce violazione di

legge per interpretazione e applicazione erronee degli artt. 179 e ss. del codice di rito.
La Corte distrettuale ha inesattamente ritenuto integrare casi di omessa citazione
dei due imputati, produttivi di nullità insanabile a norma dell’art. 179 c.p.p., le modalità
esecutive della notificazione del decreto che ha disposto il giudizio nei loro confronti,
ignorando una serie di dati di assoluto rilievo agevolmente desumibili ex actis.

domicilio presso il difensore di fiducia, provvedendo ad eleggere

(rectius a indicare)

domicilio presso la sede della Eco.Ge. s.r.I., deve constatarsi che non è intervenuta alcuna
revoca della nomina del difensore di fiducia avv. Andrea Campanile, cui è stato notificato
(nel duplice ruolo di difensore di fiducia e, erroneamente, di domiciliatario dell’imputato) il
decreto dispositivo del giudizio emesso dal g.u.p. il 28.4.2010 per l’udienza del 6.10.2010
davanti al Tribunale di Genova. In detta udienza del 6.10.2010, assente l’imputato, è
regolarmente intervenuto l’avv. Campanile, unico difensore di fiducia del Mamone, che
nulla ha eccepito in merito alla citazione in giudizio del suo assistito ed ha svolto la
propria difesa, sia articolando richieste preliminari di mezzi di prova, sia partecipando
attivamente a tutto il giudizio di primo grado fino al 29.1.2013. Data soltanto a partire
dalla quale il Mamone ha nominato, depositando l’appello contro la sentenza di condanna,
un nuovo difensore di fiducia (avv. Giancarlo Gallegra), revocando la precedente nomina.
E’ allora ben chiaro che, diversamente da quanto suppone la Corte di Appello, nel
caso di specie si è in presenza non già di una omissione totale della notificazione dell’atto
integrativo della vocatio in iudicium, omissione che sola può dar luogo alla nullità assoluta
(invalidante anche gli atti successivi) prevista dall’art. 179 c.p.p., ma di una mera
irregolarità della notificazione del decreto dispositivo del giudizio. Determinante, come
tale, una mera nullità a regime intermedio da dedursi nel termine di decadenza previsto
dal combinato disposto degli artt. 181 co. 3 e 182 c.p.p. (prima della formale apertura del
dibattimento: artt. 491, 492 c.p.p.). Con conseguenti effetti sananti della nullità non
dedotta, giusta quanto statuito dagli artt. 183 e 184 c.p.p. A sostegno del proprio assunto
impugnatorio il ricorrente P.G. evoca la giurisprudenza di legittimità formatasi sulla
tematica in esame a partire dalla decisione delle Sezioni Unite penali del 27.10.2004 n.
119/05, Palumbo, rv. 229539, secondo cui “in tema di notificazione della citazione
dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 c.p.p. ricorre soltanto
nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata
eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la
conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato; la medesima nullità non ricorre
invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di
esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p.”.

4

Con riguardo alla posizione dell’imputato Mamone, che ha revocato l’elezione di

Conoscenza effettiva dell’atto (citazione a giudizio) da considerarsi pacifica, ove si
tenga conto della costante presenza in dibattimento del difensore di fiducia dell’imputato,
che elementari doveri deontologici forensi inducono a ritenere essere stato ben informato
dal difensore sia del rinvio-citazione a giudizio, sia degli sviluppi dell’istruttoria
dibattimentale. Né in proposito hanno consistenza i rilievi additivi espressi nell’appello
circa l’irregolarità anche della notificazione dell’estratto della sentenza contumaciale di
primo grado, atteso che l’irregolarità non ha punto inciso sulla proposizione di un
tempestivo e ben articolato atto di appello da parte del Mamone.

Striano, che è stato difeso per l’intera durata delle indagini e per tutto il giudizio di primo
grado dai difensori di fiducia avvocati Alessandra Poggi e Nicola Scodnik. L’irregolarità
della notificazione del decreto che ha disposto il giudizio, avvenuta nel domicilio eletto
presso l’avv. Poggi, benché tale elezione sia avvenuta nell’originario procedimento penale
(inizialmente riunito all’attuale con nuova integrativa iscrizione nel registro delle notizie di
reato), non impedisce di constatare che l’imputato ha avuto piena conoscenza delle
imputazioni elevate dalla pubblica accusa a suo carico e del susseguente giudizio di primo
grado, “nella costante presenza dei nominati difensori di fiducia, che sono rimasti sempre
gli stessi e che nulla hanno mai eccepito né alla prima udienza davanti al Tribunale di
Genova del 6.10.2010, né nel corso di tutto il giudizio di primo grado”.
3.2.1. Con memoria depositata il 26.5.2014 il difensore dell’imputato ricorrente

Mamone, avv. Alfredo Gaito, ha inteso “replicare” al ricorso del Procuratore Generale di
Genova, denunciandone l’inammissibilità sotto duplice profilo, a prescindere dalla
qualificazione del vizio processuale fondante la decisione della Corte di Appello ligure
(nullità assoluta e/o a regime intermedio afferente alla vocatio in iudicium del prevenuto).
Innanzitutto il ricorso del P.G. è inammissibile in rapporto all’oggetto della
impugnazione. La sentenza della Corte di Appello che ha dichiarato la nullità della
decisione di primo grado ha natura e contenuto meramente processuali e non è ricorribile
per cassazione dal pubblico ministero. L’art. 608, co. 1 e co. 4, c.p.p. legittima il P.G. a
ricorrere contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di
appello o inappellabile e nei casi previsti dall’art. 569 c.p.p. o da altre disposizioni
normative. Esclusa l’ipotesi di cui all’art. 569 c.p.p. (che regola i casi di ricorso immediato
per cassazione), nel processo in esame la sentenza della Corte di Appello di Genova ex
art. 604 co. 4 c.p.p. non è né una pronuncia di condanna, né una pronuncia di
proscioglimento, ma una decisione di impulso processuale da cui scaturisce soltanto la
prosecuzione del giudizio.
In secondo luogo il P.G. lamenta una errata “interpretazione” di una norma
processuale (art. 179 c.p.p.) in cui sarebbero incorsi i giudici del gravame. Ciò colloca il
ricorso al di fuori dello spettro previsionale dell’art. 606 -co. 1, lett. c)- c.p.p., dovendosi
inferire che il P.G. non vanta un interesse concreto e attuale al proposto ricorso.

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Rilievi del tutto simili si impongono, afferma il ricorrente P.G., anche per l’imputato

Tutto ciò chiarito, la nullità della citazione dell’imputato per il giudizio di primo
grado, in virtù della quale il Mamone, erroneamente dichiarato contumace, non ha avuto
notizia del procedimento pendente a suo carico, deve essere qualificata assoluta e non
sanabile. La sentenza delle Sezioni Unite (27.10.2004, ric. Palumbo) richiamata dal
ricorrente P.G. registra un

“approccio ormai obsoleto e inattuale” alla problematica

connessa alla presunzione (relativa) di conoscenza legale di un atto, sol perché sia stato
notificato al difensore di fiducia con “efficacia surrogatoria della conoscenza effettiva
dell’atto da parte del diretto interessato”. E’ vero, in linea generale, che l’esistenza di un

ipotesi di mancanza di conoscenza degli atti processuali da parte dell’interessato
(indagato o imputato). Ma dinanzi all’eccezione difensiva di un

“nuovo legale” che,

subentrando al precedente difensore, denuncia il difetto di conoscenza del procedimento
da parte dell’assistito, l’onere di provare ex adverso la piena conoscenza degli atti da
parte dell’imputato grava sulla parte processuale portatrice di un interesse opposto
all’eccezione, cioè sul pubblico ministero. La sentenza delle SS.UU. Palumbo, del resto, è
anteriore alle decisioni della Corte E.D.U. che hanno decretato l’illegittimità del processo
italiano celebrato in absentia e che sono alla base della modifica legislativa (L. 22.4.2005
n. 60) della disciplina delle sentenze contumaciali dettata dall’art. 175 co. 2 c.p.p. in tema
di restituzione nel termine per impugnare riconosciuta all’imputato contumace.
3.2.2.

Con memoria depositata il 10.6.2014 (formalmente tardiva, perché

depositata dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 611 c.p.p.) il difensore
del’imputato Striano, avv. Nicola Scodnik, ha contestato l’ammissibilità del ricorso del
P.G. ligure, ribadendo il carattere assoluto della nullità prodotta dalla omessa citazione in
giudizio dello stesso imputato nei termini precisati dall’impugnata sentenza di appello. Lo
Striano ha eletto domicilio presso il difensore di fiducia nel 2008 e nel contesto di altro
separato procedimento penale (in occasione di perquisizione e sequestro eseguiti a suo
carico dalla p.g. il 16.5.2008). Nessun altro atto gli stato notificato nel prosieguo delle
indagini e in particolare nell’ambito del presente procedimento penale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso del Procuratore Generale di Genova è assistito da fondamento e la
sentenza impugnata va annullata con rinvio degli atti ad altra sezione della stessa Corte
di Appello di Genova perché proceda al rituale giudizio di merito di secondo grado.
L’accoglimento dell’impugnazione del P.G. distrettuale assorbe e vanifica le
doglianze espresse con il ricorso dell’imputato Mamone, rendendone ultronea l’analisi.
Senza sottacersi, per completezza espositiva, che -diversamente da quanto sostenuto
nell’odierno ricorso del Mamone- l’atto di appello dell’imputato contro la sentenza di
condanna del Tribunale non ha dedotto la nullità dell’udienza preliminare, ma -limitandosi

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rapporto di fiducia fra legale e assistito relega in casi residuali, nella prassi, le concrete

ad addurre la generica mancata conoscenza del procedimento da parte dell’imputato- ha
postulato la nullità della notificazione del solo decreto dispositivo del giudizio, nulla
adducendo in punto di rituale instaurazione dell’udienza preliminare.
Posto che, in ogni caso, la decisione della Corte di Appello oggi annullata da questa
S.C., nell’ordinare la restituzione degli atti al Tribunale, sembra fare riferimento ad una
formale restituzione proprio all’ufficio del G.U.P. ai fini dell’adozione di un corretto decreto
dispositivo del giudizio, è perfino superfluo sottolineare che l’odierno annullamento della
sentenza di appello implica l’antecedente regolarità dello svolgimento dell’udienza
vocatio), nel corso della quale l’imputato, assistito da

difensore di fiducia, ben avrebbe potuto esercitare ogni opzione processuale consentitagli
in quella fase, ivi inclusa la scelta per una decisione allo stato degli atti. Scelta di cui
incongruamente si lamenta a posteriori (con il ricorso) l’asserita preclusione.

5. Alla luce della verifica documentale esperibile attraverso gli atti processuali, il
ricorso del P.G. di Genova introducendo un vizio di legittimità integrato da errores in
procedendo, deve convenirsi con il ricorrente P.G. che la decisione della Corte di Appello
di Genova è frutto di palese errore di diritto, indotto dalla confusione tra le categorie
procedurali della omessa citazione in giudizio dell’imputato (che, sola, nella sua totale
mancanza, induce nullità assoluta e insanabile della presenza in giudizio dell’imputato) e
della semplice irregolarità o incompletezza della citazione medesima, quali quelle
verificatesi nei casi degli imputati Mamone e Striano, che produce una nullità a regime
intermedio, sanata perché non tempestivamente dedotta nei termini di legge (artt. 181
co. 2, 184 c.p.p.) dai difensori di fiducia dei due giudicabili presenti nel giudizio davanti al
Tribunale (e per l’intera sua durata). Difensori che neppure nulla hanno eccepito, giova
rimarcare, in ordine alla pregiudiziale declaratoria di contumacia dei due imputati.

5.1.. Ragioni di logicità e linearità espositive impongono di valutare i profili critici
esposti nella memoria difensiva dell’imputato Mamone, deducenti l’inammissibilità del
ricorso del P.G. di Genova. Vuoi perché la sentenza della Corte di Appello ex art. 604 co.
4 c.p.p. sarebbe inoppugnabile per il P.G. in base all’art. 608 c.p.p. (sentenza meramente
processuale). Vuoi perché, in termini consequenziali, il P.G. non sarebbe portatore di uno
specifico e attuale interesse alla impugnazione.
I prospettati rilievi critici sono privi di pregio.
Il riferimento all’art. 608 c.p.p. in punto di inoppugnabilità per il P.G. non ha
fondamento, al di là della labilità dell’argomento (le stesse ragioni militerebbero per
l’inammissibilità del ricorso dell’imputato Mamone a mente dell’art. 607 c.p.p.) e delle
perplessità pur formulabili sulla effettiva natura soltanto processuale della impugnata
sentenza della Corte di Appello di Genova (nella parte in cui, deliberando la retrocessione
del giudizio di primo grado, ha in fatto caducato, con esiti omologabili a quelli di un
proscioglimento, una sentenza di condanna resa al termine del giudizio di cognizione di

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preliminare (e della relativa

primo grado). Il vero è che, da un lato e a tutto concedere, pur accedendosi alla tesi della
natura solo processuale della sentenza di annullamento della Corte di Appello ex art. 604
co. 4 c.p.p., nessuno dubita che il pubblico ministero (e in particolare il P.G.) possa
impugnarla per cassazione, al pari di ogni altra parte processuale che vi abbia interesse,
ai sensi del combinato disposto degli artt. 568 c.p.p. e 111 Cost. Né può porsi l’accento
sul fatto che il ricorrente P.G. si sia doluto di una interpretazione processuale (quella
espressa dalla decisione di appello) e non di una specifica violazione di legge, perché il
ricorso del P.G. ligure denuncia proprio l’erronea applicazione della legge processuale per

la stabile giurisprudenza di legittimità formatasi sulla base del dictum delle Sezioni Unite
(S.U., 25.6.2009 n. 19529, P.G. in proc. De Marino, rv. 244108) non lascia spazio a dubbi
sulla legittimazione del P.G. distrettuale a ricorrere per cassazione avverso una decisione
di appello ex art. 604 co. 4 c.p.p., valutandosi -in casi affatto analoghi a quello oggetto
dell’odierno ricorso del P.G.- ben ammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza con
cui il giudice di appello abbia dichiarato la nullità della sentenza di condanna di primo
grado, rinviando gli atti al Tribunale per un nuovo primo giudizio di merito (ex plurimis:
Sez. 6, 12.1.2010 n. 14595, Naio, rv. 246678; Sez. 3, 11.4.2012 n. 23219, Gurrera, rv.
252901; Sez. 6, 26.3.2013 n. 26284, Tonietti, rv. 256860).
Né può indugiarsi sulla verifica di un concreto e attuale interesse al ricorso per
cassazione del P.G. di Genova per gli effetti di cui all’art. 568 co. 4 c.p.p., sol che si
consideri che il ricorrente P.G. impugna l’annullamento di una sentenza di condanna di
primo grado per fatti criminosi di indubbia gravità, emessa all’esito di articolata istruttoria
dibattimentale (attività tutta vanificata dall’annullamento disposto dalla Corte di Appello)
e attinta dall’imminente prodursi di causa estintiva dei reati per decorso del termine di
prescrizione (termine, che -considerato il rinvio di udienza citato dalla sentenza del
Tribunale, avvenuto su richiesta dei difensori dal 21.2.2012 al 21.3.2012, e fatte salve
eventuali ulteriori sospensioni ex lege- appare destinato a spirare il 30.8.2014).
5.2. Riprendendo il tema centrale del ricorso del Procuratore Generale, integrato

dal fallace giudizio di omissione della vocatio in iudicium degli imputati innanzi al

patente violazione degli artt. 179 e ss. c.p.p. Del resto, da un altro e complementare lato,

Tribunale, occorre subito chiarire che -come rileva il ricorrente P.G.- erroneamente la
sentenza di appello, l’appello dell’imputato Mamone e il ricorso e la memoria difensiva del
medesimo qualificano come “elezione” di domicilio la volontà dell’imputato di indicare
nella sede della società Eco.Ge. s.r.l. il luogo in cui ricevere comunicazione degli atti
processuali a lui destinati (così revocando la precedente elezione di domicilio presso il
difensore di fiducia avv. Campanile), unicamente perché così qualificata nell’atto che l’ha
recepita (interrogatorio reso al p.m. il 13.1.2010). La questione non si pone in termini
formali o nominalistici. Come noto, l’elezione di domicilio ex art. 161 c.p.p. consiste in
una scelta negoziale dell’indagato o imputato (e, dunque, in una sua manifestazione di
volontà), laddove la dichiarazione di domicilio è un atto meramente ricognitivo del suo

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io I

domicilio reale. Per la validità dell’elezione di domicilio non basta indicare il luogo in cui
eseguire le notifiche, occorrendo anche indicare la persona presso la quale le stesse
devono essere effettuate, in nome di un rapporto fiduciario con il domiciliatario, cui
l’imputato (o indagato) si affida per la ricezione e la tempestiva comunicazione degli atti
processuali a lui diretti. Ora nel caso del Mamone è agevole constatare l’imperfezione
della supposta elezione di domicilio presso la sede della menzionata società Eco.Ge. s.r.I.,
senza alcuna specifica designazione della persona ivi presente destinata a ricevere gli atti
per conto del Mamone. L’omessa individuazione di un domiciliatario già varrebbe a

degli atti presso il difensore di fiducia ai sensi dell’art. 161 co. 4 c.p.p., come è avvenuto
nel caso del Mamone e del coimputato Striano per la notificazione del decreto dispositivo
del giudizio nei loro confronti (cfr.: Sez. 5, 14.2.2013 n. 28003, Antonangeli, rv. 256318;
Sez. 6, 19.9.2013 n. 41363, Conte, rv. 256275). Apprezzata alla stregua di una
“dichiarazione” di domicilio, del pari potrebbero sollevarsi dubbi sulla sua idoneità
processuale, non essendosi in presenza di un domicilio reale (ai sensi dell’art. 43 cod.
civ.). Con l’ulteriore effetto della validità e autosufficienza della notificazione del decreto
ex art. 429 c.p.p. eseguita presso il difensore di fiducia (art. 161 co. 4 c.p.p.).
5.3. Ad ogni buon conto, anche ammettendosi l’irregolare notificazione del decreto

che ha disposto il giudizio nel domicilio “dichiarato” dall’imputato Mamone o in quello non
eletto -se non nel procedimento penale genetico da cui è stato separato l’attuale
procedimento (e senza disquisire sulla efficacia o non dell’iniziale elezione di domicilio
presso il difensore di fiducia: v. Sez. 6, 24.5.2001 n. 24083, Palombi, rv. 219537)dall’imputato Striano, notificazione dell’atto avvenuta nelle mani dei loro rispettivi
difensori di fiducia, non paiono superabili le considerazioni espresse con la menzionata
decisione delle Sezioni Unite del 27.10.2004 n. 119/05, Palumbo, quando si abbia
riguardo all’effettiva conoscenza dell’atto traslativo del giudizio che, alla luce dei rilievi
enunciati dal ricorrente P.G., deve riconoscersi in capo a tutti e due gli imputati. Rilievi
che fanno leva sulla persistente operatività ed efficacia processuale dell’assistenza legale
che essi hanno ricevuto per l’intero giudizio di primo grado e, in precedenza, per la stessa
udienza preliminare, in palese assenza delle condizioni di cui all’art. 420 bis c.p. da
nessuno dei difensori eventualmente eccepita.
Non a caso l’isolata sentenza di legittimità, in base alla quale dovrebbe ritenersi
nulla la notificazione di un atto processuale al (solo) difensore di fiducia ex art. 161 co. 4
c.p.p. in mancanza di coeva notificazione presso il domicilio eletto o dichiarato
dall’imputato (Sez. 3, 3.5.2012 n. 46819, Ceccarelli), richiamata nell’appello del Mamone
e ripresa dalla sentenza della Corte di Appello di Genova, non risulta segnalata dal
Massimario di questa S.C. Nel solco dell’orientamento ermeneutico tracciato dalle Sezioni
Unite con la sentenza Palumbo del 2004, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha
stabilmente affermato che la notificazione del decreto di citazione in giudizio in luogo

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rendere invalida la supposta elezione di domicilio, in tal modo legittimando la notificazione

diverso dal domicilio dichiarato o eletto dall’imputato (nei due casi di specie a mani dei
difensori di fiducia) integra, quando non sia stata idonea a far venire meno una reale
conoscenza dell’atto, una nullità soltanto relativa, sanata se non eccepita subito dopo
l’accertamento della costituzione delle parti (art. 491 c.p.p.). La nullità assoluta e non
sanabile (deducibile in ogni stato e grado del processo) prevista dall’art. 179 c.p.p. si
verifica, insomma, unicamente nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata del
tutto omessa ovvero, se eseguita in forme diverse da quelle prescritte dalla legge
processuale, si sia tradotta in una effettiva mancanza di conoscenza dell’atto da parte

conoscenza dell’atto ai fini di un pieno esercizio del diritto di difesa- risultino parzialmente
violate le regole sulle modalità esecutive della notificazione; casi ai quali è applicabile la
sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p. (cfr., ex pluribus: Sez. 4, 8.4.2010 n. 15081, Cusmano,
rv. 247033; Sez. 6, 21.5.2013 n. 28971, Fanciullo, rv. 255629; Sez. 6, 22.10.2013 n.
1742/14, Mbengue, rv. 258131; Sez. 2, 6.12.2012 n. 11277/13, Simionato, rv. 254873:
“Qualora il decreto che dispone il giudizio destinato all’imputato venga per errore
notificato presso lo studio del difensore di fiducia invece che al domicilio validamente
eletto sussiste una nullità non assoluta, ma a regime intermedio, come tale deducibile a
pena di decadenza nei termini previsti dall’art. 491 c.p.p., in quanto l’atto deve ritenersi
comunque giunto a conoscenza dell’interessato”).
5.4. Appare, allora, a dir poco incongruo sostenere (memoria difensiva Mamone)

l’obsolescenza o inattualità della giurisprudenza appena ricordata, ben successiva -per
altro- alle decisioni della Corte E.D.U. (sentenze: 18.5.2004, Somogyi contro Italia;
10.11.2004, Sejdovic contro Italia) che hanno dato origine alla revisione normativa (con
legge n. 60/2005) dell’istituto della restituzione nel termine per impugnare le sentenze
contumaciali o i provvedimenti decisori pronunciati in absentia (art. 175 co. 2 c.p.p.).
Istituto processuale che nell’odierno giudizio è richiamato in modo non del tutto
appropriato, se non per l’assorbente dato ontologico e diacronico della vicenda
processuale e della persistente garanzia di un effettivo diritto di difesa dell’imputato. Dato
storico incentrato sulla dinamica dell’effettiva conoscenza o meno da parte dell’imputato
di un determinato atto processuale e della stessa esistenza del processo in corso nei suoi
confronti nonché incentrato sugli indici di riconoscibilità inferenziale di tale conoscenza.
Al riguardo non senza ragione questa Corte regolatrice ha segnalato come la
regola dei rapporti intercorrenti tra il difensore investito da nomina di fiducia e l’imputato,
regola conforme a basilari canoni deontologici della professione forense, sia ispirata ad
una costante informazione degli eventi rilevanti del processo erogata dal difensore al suo
assistito. Sicché si è escluso possa avere diritto alla restituzione nel termine per
impugnare la sentenza l’imputato contumace che abbia nominato un difensore di sua
fiducia (eleggendo o meno domicilio presso il suo studio), allorché il mandato difensivo sia
stato concretamente esercitato nell’interesse dell’imputato; altresì escludendosi che

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dell’imputato. Di tal che la stessa non ricorre in tutti i casi in cui -sussistendo reale

questi, condannato in absentia, non abbia avuto conoscenza effettiva del processo e del
suo esito (cfr. Sez. 2, 27.6.2013 n. 43436, Beye, rv. 256727: “La notifica della citazione a
giudizio e dell’estratto della sentenza contumaciale nel domicilio eletto presso lo studio del
difensore di fiducia deve far ritenere, salva prova del contrario, che il condannato in
contumacia abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e del provvedimento di
condanna, sì da non aver diritto alla restituzione nel termine per l’impugnazione”).
Premesso che l’obbligo di comunicazione con il cliente sui fatti rilevanti e
sull’evoluzione stessa del processo descrive un aspetto tipico e istituzionale dell’esercizio

imputati anche in rapporto alla natura dei reati loro ascritti, fatti rientrare nel quadro della
c.d. criminalità dei colletti bianchi (Mamone è non sprovveduto titolare di una importante
impresa edile; Striano è consigliere comunale di una grande città come Genova, ove ha
ricoperto anche la carica di assessore)- che non vi è motivo per dubitare che entrambi gli
imputati si siano premurati di scegliere dei rispettivi difensori professionalmente validi e
certamente in grado di tutelare al meglio le loro istanze difensive. Ed allora la stessa
continuativa presenza, puntualmente rimarcata dal ricorrente P.G., dei difensori di fiducia
dei due imputati nel giudizio di primo grado e l’espletamento in esso (istruttoria
dibattimentale) di una costante attività di tutela degli interessi dei rispettivi assistiti,
senza rilievi di sorta su eventuali irregolarità della loro citazione giudiziale (sia in udienza
preliminare, sia nel giudizio di primo grado) e soprattutto sulla loro eventuale ignoranza
degli sviluppi delle indagini prima e del giudizio di merito poi (in assenza di elementi atti a
far ipotizzare l’eventuale interruzione di ogni rapporto con i propri assistiti), consente con
tutta ragionevolezza di escludere che i il Mamone e lo Striano non abbiano avuto piena
contezza del fatto di essere stati rinviati a giudizio dal g.u.p. e della pendenza e degli
sviluppi del giudizio di primo grado e della relativa sentenza di condanna (contro la quale
entrambi hanno proposto tempestivo appello).
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio di merito di secondo grado ad
altra sezione della Corte di Appello di Genova.
Roma, così deciso il 24 giugno 2014
Il consigliere stensore

del mandato difensivo, è agevole osservare -quando si consideri la personalità dei due

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