Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29672 del 02/05/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29672 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
GALLEU LUIGI, nato a PALAU, il 20.7.1976 ;
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari ( sezione distaccata di Sassari ) del
10.2.2015 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Paola Filippi
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ;
udito per l’imputato l’Avv. Luca Carlo Montella, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso ;

RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Cagliari ha confermato la sentenza di
condanna del predetto imputato per il reato di cui agli artt. 582 e 585 c.p..
Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa a sei motivi di doglianza.
1.1 Denunzia il ricorrente, con il primo motivo, il vizio argomentativo in relazione all’art. 52
c.p.. Si duole il ricorrente dell’erroneità della motivazione del giudice impugnato là dove non
aveva riconosciuto l’esimente della legittima difesa in suo favore, nonostante la descrizione del
fatto operata dai testi escussi avesse evidenziato una aggressione da lui subita da parte del
Murtas e del Frongia.
1.2 Con il secondo motivo si deduce di nuovo il vizio argomentativo della motivazione sempre
in relazione all’art. 52 c.p., e ciò in relazione alla mancata considerazione da parte dei giudici
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Data Udienza: 02/05/2016

di merito delle circostanze relative alla superiorità numerica degli aggressori, all’inizio della
colluttazione determinata dal Murtas, alla ulteriore circostanza relativa alla precedente
discussione che si era svolta in modo solo verbale.
1.3 Con il terzo motivo si denunzia il vizio argomentativo e la violazione di legge in relazione al
mancato riconoscimento dell’esimente della legittima difesa, e ciò con particolare rifermento
alla mancata valutazione da parte della Corte di merito della scelta del mezzo diretto all’offesa,
sul soggetto che aveva esordito con l’azione violenta e sulla insussistenza dell’aggravante

rispetto a quella dell’imputato e dunque sulla necessità della difesa.
1.4 Con il quarto motivo si deduce di nuovo il vizio argomentativo e la violazione di legge
sempre in relazione all’art. 52 c.p.. Deduce il ricorrente l’erroneità della ricostruzione del fatto
operata dai giudici del merito che avevano ricondotto la vicenda ad una “rissa”, con ciò
escludendo la concedibilità della predetta esimente.
1.5 Con il quinto motivo si censura, sotto la veste di vizio argomentativo e violazione di legge,
la interpretazione fornita dalla Corte di Appello in relazione alla causa di giustificazione della
legittima difesa.
1.6 Con il sesto motivo si propone il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 74,76,
535, 538, 539 e 541 c.p.p. in punto di pronunzia sulle questioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
I primi cinque motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto tutti versati in fatto
e diretti a richiedere alla Corte di legittimità una rivalutazione contenutistica delle prove
dichiarative già scrutinate dai giudici di merito.
2.1 Sul punto, giova in primo luogo ricordare che, in relazione al contenuto della doglianza, la
Corte di legittimità non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto, posti a
fondamento della decisione di merito. La valutazione di questi elementi è riservata in via
esclusiva al giudice di merito e non rappresenta vizio di legittimità la semplice prospettazione,
da parte del ricorrente, di una diversa valutazione delle prove acquisite, ritenuta più adeguata.
Ciò vale, in partícolar modo, per la valutazione delle prove poste a fondamento della decisione.
Ed infatti, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non può stabile
se la decisione del giudice di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con i limiti di una “plausibile opinabilità di apprezzamento”.
Ciò in quanto l’art. 606 comma 1, lett. e, c.p.p. non consente al giudice di legittimità una
diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo
al giudizio di cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati
processuali. Piuttosto è consentito solo l’apprezzamento sulla logicità della motivazione, sulla
base della lettura del testo del provvedimento impugnato. Detto altrimenti, l’illogicità della
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dell’uso di un oggetto atto ad offendere e sulla maggiore prestanza fisica degli aggressori

motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen., è quella
evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, in quanto l’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della
rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.
Orbene, secondo la giurisprudenza più recente ricorre il vizio della mancanza, della

inadeguata nel senso di non consentire l’agevole riscontro delle scansioni e degli sviluppi critici
che connotano la decisione in relazione a ciò che è stato oggetto di prova ovvero di impedire,
per la sua intrinseca oscurità ed incongruenza, il controllo sull’affidabilità dell’esito decisorio,
sempre avendo riguardo alle acquisizioni processuali ed alle prospettazioni formulate dalle parti
( Cass., Sez. IV, 14 gennaio 2010, n. 7651/2010).
Pertanto, è necessario puntualizzare, con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità sulla
motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall’art. 606,
comma 1, lettera e), cod. proc. pen., come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L.
n. 46 del 2006, che questo non concerne nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del
giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due
requisiti che lo rendono insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative
che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Ed invero, il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione si limita al riscontro dell’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali. Deve inoltre aggiungersi che il vizio della “manifesta illogicità” della motivazione
deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento
va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica “rispetto a sè stessa”, cioè
rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal
giudice di merito, che si presta a censura soltanto se manifestamente contrastante e
incompatibile con i principi della logica.
2.2 Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, osserva
subito la Corte come, in realtà, la parte ricorrente, pur avendo allegato un vizio argomentativo
della motivazione impugnata, abbia voluto invece sollecitare il giudice di legittimità ad una
“rilettura” del materiale probatorio già valutato dalla Corte di merito e già da quest’ultima
adeguatamente scrutinato, sotto il profilo argomentativo, con una motivazione che è scevra da
aporie logiche ovvero da contraddizioni.
2.3 Peraltro, il ricorso pecca anche in relazione alla violazione del principio di “autosufficienza”,
perché le testimonianze di cui si richiedeva quella inammissibile rilettura sono riportate solo
per “stralci” e non già integralmente.

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contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza se la stessa risulti

2.4 Ed infine, la motivazione risulta condivisibile e ben argomentata anche in relazione alla non
riconoscibilità, nel caso di specie, della invocata legittimità difesa, atteso che è principio
indiscusso quello secondo cui non è invocabile la legittima difesa da parte di colui che accetti
una sfida ponendosi volontariamente in una situazione di inevitabile pericolo per la propria
incolumità, fronteggiabile solo con l’aggressione altrui (Sez. 1, n. 4874 del 27/11/2012 – dep.
31/01/2013, Spano, Rv. 254697).
3. Generiche e ripetitive di questioni in fatto sono anche le censure sollevate dalla parte

inammissibili.
4. Ne discende che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta la preclusione per questa
Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 del codice di
rito (quale la prescrizione). Ed invero, la prescrizione è maturata nel caso di specie in data
16.3.2015 e dunque successivamente alla sentenza qui impugnata.
3.1 Deve invero precisarsi che l’inammissibilità del ricorso per cassazione, che non consente il
formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare
la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso (
Cass. Sez. Un. n. 32 del 22.11.2000 ; Cass. n. 18641/2004). In buona sostanza, si è ritenuto
che, trattandosi di un atto di parte meramente apparente e come tale improduttivo di effetti,
esso è inidoneo a determinare l’accesso all’ulteriore stato e grado del processo, non
determinando la costituzione di un valido rapporto processuale e ciò comportando che non
scatta l’obbligo, previsto dall’art. 609 comma 2 cod. proc. pen., di decidere sulle questioni
rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, tra le quali rientra la prescrizione.
4. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento,
in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro
1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 2.5.2016

ricorrente nel sesto motivo di doglianza che devono pertanto essere anch’esse dichiarate

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