Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2967 del 05/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2967 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MINGARELLI SAMUELE N. IL 09/08/1982
avverso la sentenza n. 2266/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
31/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO MATTEO SOCCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pc3 peo Ca he 4e.ff’t,
che ha concluso per ; 4C74~4 é ea, hi e phT0
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 05/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Ancona con sentenza del 31 gennaio 2013,
confermava la sentenza del Tribunale di Ancona del 18 giugno 2009 che
aveva condannato Mingarelli Samuele, concesse le generiche, alla pena di
anni 4 di reclusione ed C 20.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese
processuali e confisca dei beni sequestrati, con l’interdizione dai pubblici

del T. U. stup. (D.P.R. 309/1990) per coltivazione di 18 piante di marijuana
(con altezza dai 50 ai 110 cm.), e detenzione di gr. 530,00 di marijuana
essiccata , e gr. 6,00 di infiorescenze, oltre a svariato materiale per la
coltivazione. In Genga il 10 luglio 2008.
2. Mingarelli Samuele propone ricorso per cassazione a mezzo del
proprio difensore deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma1, dísp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale art. 89
e 90 cod. pen.
La Corte di Appello non aveva considerato sufficientemente il
materiale scientifico prodotto (relazione psicologica del 4 dicembre 2008, e
la valutazione psicologica del 28 gennaio 2013, che allegava al ricorso in
cassazione) e le conseguenze sulla capacità di intendere e di volere degli
stati emotivi, ai fini del vizio parziale di mente. Richiama il ricorrente la
cassazione a S.U. del 2005 nr. 9163, e critica l’interpretazione dell’ad 90 del
cod. pen. laddove esclude la rilevanza di stati emotivi e passionali.
Rappresenta alla Corte la vita (infanzia, pubertà ed adolescenza
dell’imputato) e i suoi rapporti con i genitori non proprio ideali, tanto che
all’età di 11 anni il tribunale dei minori di Ancona aveva disposto il suo
allontanamento dalla residenza familiare ed il collocamento in un istituto
((Gentile da Fabriano).
2. 2. Inosservanza della legge penale – art 26 DPR 309/1990- legge
nr. 49 del 2006.
La pianta di canapa non viene menzionata nella tabella 1, dell’ad 14,
e su questo la Corte di appello non ha fornito nessuna risposta o
motivazione.

uffici per anni 5, per il reato di cui agli art 81 c.p. e art 73 commi 1 e 1 bis

2. 3. Inosservanza della legge penale per inoffensività della condottamancanza di prova.
Il consulente aveva quantificato il principio attivo in gr. 9,323, con nr.
di dosi ricavabili in 373; se l’imputato avesse utilizzato il metanolo (come
fatto dal consulente dell’accusa) avrebbe reso inutilizzabile la marijuana;
nella casa dell’imputato non è stato rinvenuta strumentazione idonea per
l’estrazione e la preparazione dello stupefacente, `Itantomeno sostanze
chimiche o similari al metanolo”; l’abitazione infatti non può essere

risulta impossibile produrre un quantitativo di stupefacente indicato dal
consulente.
Ha chiesto quindi l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
4. La difesa ha presentato inoltre memoria, il 25 settembre 2015, con
allegati (copia relazione psicologica a firma dr Silvia Busini, copia estratto di
perizia tossicologica del Prof. Rino Froldi, copia verbale di udienza del 12
febbraio 2009), nella quale illustra i motivi sopra visti evidenziando aspetti
della personalità dell’imputato (vita familiare complessa e sofferente) non
presi in esame ai fini del vizio parziale dì mente; il riconoscimento
dell’ipotesi attenuata del comma 5, dell’ad 73 del T. U. stup. è stato negato
dalla corte d’appello che non ha considerato il dato qualitativo (contenuto di
principio attivo di media bassa qualità, relazione tossícologica allegata); la
vita dell’imputato in una casa diroccata non è sintomo di pericolosità, o di
allarme sociale per spaccio, ma rappresenta una problematica di carattere
psicologico.

CONSIDERATO IN DIRITTO
5, Il ricorso è infondato e deve respingersi.
La sentenza della Corte di Appello impugnata risponde a tutti i motivi
di impugazione con esauriente ed adeguata motivazione e il ricorrente
ripropone gli stessi motivi senza critiche specifiche, e nuove, alle motivazioni
della sentenza. è inammissibile it ricorso per cassazione fondato sugli stessi
motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia
per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente
motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo

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paragonata ad un laboratorio, e per un ragazzo poco più che ventenne

apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato. (Sez.
3, n. 44882 del 18/07/2014 – dep. 28/10/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608).
Relativamente al motivo del vizio di mente non riconosciuto, dagli atti
prodotti dal ricorrente (anche in Cassazione, come allegati) emerge solo un
eventuale e limitato disturbo della personalità e non un quadro patologico
rilevante ai fini di un riconoscimento del vizio parziale di mente, art. 88 e 89
cod. pen.

vita familiare sofferente non rileva ai fini del vizio parziale di mente, ma
come esattamente sostenuto dalla sentenza impugnata eventualmente per le
generiche, già concesse, e per la determinazione della pena. Ai fini del
riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, i “disturbi della
personalità” possono rientrare nel concetto di “infermità”, purché siano di
consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità
di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a
condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta
criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente
determinato dal disturbo mentale. (Sez. 1, n. 52951 del 25/06/2014 – dep.
19/12/2014, Guidi, Rv. 261339). Nel nostro caso la coltivazione di sostanze
stupefacenti non può essere ricollegata logicamente a sofferenze familiari o
disturbi minimi della personalità. Nella stessa relazione della Dott. Silvia
Brusini, allegata alla memoria, si legge che il ricorrente “dimostra di
possedere la capacità di svolgere un buon esame di realtà anche se tende a
leggerla con un’ottica analitica” – pagina 3-.
5. 1. La canapa è sostanza stupefacente e la sua coltivazione non
può ritenersi condotta non offensiva se il quantitativo ricavabile dalle piante
sia di rilievo, come nel caso in giudizio. Ai fini della punibilità della
coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze
stupefacenti, l’offensività della condotta non è esclusa dal mancato
compimento del processo di maturazione dei vegetali, neppure quando risulti
l’assenza di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, se gli arbusti sono
prevedibilmente in grado di rendere, all’esito di un fisiologico sviluppo,
quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il
“coltivare” è attività che si riferisce all’intero ciclo evolutivo dell’organismo
biologico. (Sez. 6, n. 6753 del 09/01/2014 – dep. 12/02/2014, M, Rv.
258998).

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Nessuna considerazione sul punto svolgono le relazioni prodotte. La

Sul punto ampia ed esauriente è la motivazione della sentenza
impugnata: “l’ampia ed organizzata attività di coltivazione posta in essere
dall’imputato, da cui era stato ricavato un rilevante quantitativo di
stupefacente (oltre mezzo kg) per svariate centinaia di dosi medie singole
efficaci, esclude, senza possibilità di dubbio, l’invocata inoffensività”.
5. 3. Il mancato riconoscimento del quinto comma, dell’art 73 T. U.
stup. è stato negato dalla sentenza impugnata oltre che per il dato
quantitativo, anche per la modalità complessiva dell’attività di coltivazione,

trovati nella disponibilità dell’imputato. La motivazione è logica e aderente ai
dati processuali. Anche questo motivo risulta quindi infondato.
6. La sentenza, invece, deve essere annullata relativamente al solo
trattamento sanzionatorio.
La Corte di cassazione, anche nel caso di ricorso inammissibile per
qualunque ragione e con il quale non vengano proposti motivi riguardanti il
trattamento sanzionatorio, può rilevare d’ufficio, con conseguente annullamento
sul punto, che la sentenza impugnata era stata pronunziata prima dei mutamenti
normativi che hanno modificato il trattamento sanzionatorio in senso favorevole
all’imputato; ciò anche nel caso in cui la pena inflitta rientri nella cornice edittale
sopravvenuta alla cui luce il giudice di rinvio dovrà riesaminare tale questione.
(Cassazione Sezioni Unite nr. 46653 del 2015, Della Fazía).
Nel nostro caso nella sentenza si è irrogata una pena di anni 4 di
reclusione ed C 20.000,00 di multa e la decisione impugnata ha motivato sul
trattamento sanzìonatorìo, riportandosi al minimo edittale: “…quantificazione
della pena (già irrogata in corrispondenza con il minimo edittale)”; per i delitti
previsti dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la pena o l’aumento di pena
calcolato a titolo di continuazione per i reati-satellite in relazione alle così dette
“droghe leggere” deve essere oggetto di specifica rivalutazione da parte dei
giudici del merito, alla luce della più favorevole cornice edittale applicabile per
tali violazioni, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale,
che ha dichiarato la incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-vicies ter della legge
21 febbraio 2006, n. 49 – che ha convertito il di. 30 dicembre 2005, n. 272 – e
ha determinato, in merito, la reviviscenza della più favorevole disciplina
anteriormente vigente. (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015 – dep. 28/05/2015,
Sebbar, Rv. 263717). Nella nostra ipotesi si discute di droghe leggere con il
vincolo dell’alt 81 cod. pen. (vedi imputazione).

4
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in articolata fase di sviluppo e pronta ad essere incrementata con i semi

Quando i giudici del merito hanno determinato, nel caso di specie, il
trattamento sanzionatorío, essi hanno giudicato utilizzando í parametri normativi
previsti dalla legge al momento del commesso reato ma diversi rispetto a quelli
stabiliti dalle leggi successive e dall’intervento della Corte costituzionale. La
previsione sanzionatoria, reintrodotta per effetto della sentenza della Corte
costituzionale, stabilisce per le sostanze stupefacenti, di cui alle tabelle II e IV
dell’art. 14 la pena della reclusione da due a sei anni oltre la multa da 5.146,00
a 77.468,00 € a differenza del regime dichiarato incostituzionale che prevedeva

Il trattamento sanzionatorio pertanto va rivisto applicando la norma più
favorevole, come risultante dall’intervento della Corte costituzionale citata e dalle
modifiche legislative.
La sentenza deve pertanto annullarsi limitatamente al trattamento
sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della corte di Appello di Perugia.

PQM
Annulla con rinvio limitatamente alla determinazione della pena la
sentenza impugnata alla Corte di Appello di Perugia.
Rigetta il ricorso nel resto
Così deciso il 5/11/2015

la pena da sei a venti anni di reclusione e da 26.000,00 a 260.000,00 € di multa.

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