Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29663 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29663 Anno 2016
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto
Castiglione Alessandro, nato il 15/07/1987

avverso l’ordinanza n. 95/2016 del 23/02/2016 del Tribunale del riesame di
Lecce

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
udito il difensore, avv. Gaetano Vitale, per il ricorrente, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 23/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale del riesame di Lecce ha rigettato la richiesta di riesame
presentata da Castiglione Alessandro avverso l’ordinanza con la quale il Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce aveva confermato la misura
cautelare della custodia in carcere, convalidando il giudizio di gravità indiziaria
formulato nei suoi confronti dal primo giudice cautelare in relazione alla ritenuta

operato in Taranto dal febbraio 2012 con permanenza e della quale avrebbero
parte, oltre al fratello Giacomo (sempre con il contestato ruolo di promotore) e a
Liuzzi Donato (con mansioni di dirigente), anche D’Andria Salvatore, Sambito
Rosario e Pizzolla Moris (con il compito di procacciatori di clientela e di venditori
al dettaglio).

2.Castiglione Alessandro ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del
Tribunale del riesame, articolando due motivi di doglianza, nei quali ha dedotto
vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla ritenuta promozione
della contestata associazione dedita allo spaccio di stupefacenti; vizio di
motivazione in punto di ritenuta adeguatezza della misura custodiale in atto
rispetto alla ravvisate esigenze cautelari.
2.1. In particolare, quanto al primo motivo, il ricorrente si duole che il
Tribunale del riesame si sarebbe limitato a motivare per relationem alla
ordinanza emessa dal Gip, senza riesaminare concretamente l’ordinanza
impugnata alla luce dei motivi di impugnazione proposti dalla difesa. Sottolinea
che nei motivi di riesame si era lamentato della sussistenza della fattispecie
associativa di cui al capo D), dell’aggravante del capo promotore; e dell’assenza
di riscontri all’intera attività di indagine. Sollecitando il controllo di legittimità sul
provvedimento impugnato, rileva che: a) a suo carico erano stati posti gli esiti
delle conversazioni intercettate all’interno dell’autovettura Ford Focus in uso a
Cesario Giuseppe e a Marangione Giuseppe, senza considerare che lui non era
stato interlocutore di nessuna di quelle conversazioni, nelle quali comunque si
parla quasi esclusivamente dell’arresto del D’Andria o comunque di una attività
di spaccio; b) nessuna attività di Pg (perquisizione, sequestro, fermo) sarebbe
stata operata nei suoi confronti per riscontrare l’assunto accusatorio
dell’esistenza di una associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti; c)
l’ordinanza impugnata nulla motiverebbe sulla sua consapevolezza di aver
operato nell’ambito di una associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti,

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promozione di una associazione dedita allo spaccio di stupefacenti, che avrebbe

e, meno che meno, sulla sua consapevolezza di aver promosso una siffatta
associazione.
In definitiva, secondo il ricorrente, il Tribunale del riesame avrebbe
effettuato una elencazione descrittiva di taluni elementi di fatto, ma non avrebbe
effettuato la doverosa valutazione critica ed argomentata delle fonti indiziarie,
singolarmente assunte e complessivamente considerate, nella prospettiva della
ravvisabilità dei necessari gravi indizi di colpevolezza per il reato in
contestazione.

riesame non aveva tenuto conto del tempo trascorso dalla commissione del fatto
per cui si procede, elemento quest’ultimo alla luce del quale proporzionata ed
adeguata sarebbe stata la misura dell’obbligo di soggiorno nel Comune di
Palagiano (distante dai luoghi dove si sono svolti i fatti per cui è processo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.

2.Conne è noto, in tema di impugnazione dei provvedimenti in materia di
misure cautelari personali, il ricorso per Cassazione è ammissibile soltanto se
denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità
della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei
fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (cfr., tra le tante, Sez. 5, sent. n. 46124 del
8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997).
Ed invero, in materia di provvedimenti de libertate, come già da tempo
precisato da questa Sezione (cfr. sent. n. 14726 del 3/2/2011, Di Rocco
Adelina), «la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi
materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi,
nè di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle
esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti
di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e
del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame
del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche
che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la
congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento
(Cass. pen. Sez. 6^, 25.5.1995 n. 2146 rv 201840), per cui non sono consentite
le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, e a fortiori

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2.3. Nel secondo motivo, il ricorrente si lamenta del fatto che il Tribunale del

ammantandosi di una pretesa violazione di legge, si risolvono in realtà nella
prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di
merito (Cass. pen. Sez. 6^, 12.11.1998 n. 3529, Rv. 212565)».
Nel caso di specie le censure addotte si risolvono nella rappresentazione di
errate valutazioni in relazione alla sussistenza della gravità indiziaria e delle
esigenze cautelari ravvisate dal Tribunale del riesame e concernono circostanze
di puro fatto non sindacabili nella presente sede di legittimità.
Di converso, come di seguito precisato, le argomentazioni addotte

congrue ed esenti da qualsiasi vizio logico o giuridico.

3.Non fondato è il primo motivo di ricorso, concernente la sussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza per la promozione dell’associazione in contestazione.
3.1.Invero, il Tribunale del riesame, quanto alla sussistenza della gravità
indiziaria della contestata associazione, ha ricordato le risultanze dell’attività di
indagine svolta in altro procedimento (c.d. operazione Serafico), che nel
novembre 2013 aveva condotto all’emissione, da parte del Gip del Tribunale di
Taranto, di una ordinanza di custodia cautelare a carico di Giacomo Castiglione
ed altri 12 (ordinanza allegata per esteso alla ordinanza impugnata davanti al
Tribunale del riesame). Una serie di segnalazioni, cui erano seguiti mirati servizi
di osservazione e rnonitoraggio, attuati mediante appostamenti e video
registrazioni, avevano in quell’indagine consentito di accertare che il vico
Serafico, abitato esclusivamente dal nucleo familiare Seprano-Castiglione, era
costantemente presidiato da giovani che, con netta distinzione di ruoli,
soddisfacevano un folto mercato di consumatori di stupefacente. La perquisizione
conseguentemente effettuata nell’immobile nella disponibilità della famiglia
Castiglione aveva portato al sequestro di materiale funzionale al
confezionamento e la successiva attività investigativa aveva acclarato la
continuatività e la sfrontatezza dell’attività di spaccio, avente luogo sempre in
vico Serafico, alla luce del sole, con la figura di Giacomo Castiglione che fungeva
da collettore finale degli incassi e con le figure degli altri spacciatori che si
alternavano nei vari ruoli di palo, vendita al dettaglio, prelievo e consegna di
approvvigionamenti, confezionamento in dosi (per lo più all’interno dell’unità
abitativa facente capo al nucleo familiare dei Castiglione, dove vennero rinvenuti,
all’atto della perquisizione, centinaia di ritagli circolari ricavati da buste di
cellophanne).
Il Tribunale del riesame ha poi analiticamente ripercorso gli esiti delle
intercettazioni ambientali, svolte nell’ambito del presente procedimento, a bordo
dell’autovettura Ford Focus in uso a Cesario Giuseppe e al nipote Marangione

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dall’ordinanza impugnata a sostegno della risoluzione assunta appaiono del tutto

Giuseppe, individuando, sia pure nei limiti di cognizione propri della fase, indici
rivelatori dell’associazione in contestazione: nei contatti tra gli indagati; nella
ripercussione che determina l’arresto di uno di loro su tutto il sodalizio e
nell’interessamento di ciascuno di essi alle vicende giudiziarie e legali degli altri;
nell’interscambiabilità di ruoli; nel commento che fanno i sodali sulla direzione
del sodalizio, indegnamente affidata ai fratelli Castiglione, denominati “padroni di
piazza”, dei quali gli adepti lamentano la cattiva gestione dell’illecito traffico;
nell’entità stessa del giro di affari, che si svolgeva in Vico Serafico, che Pizzola

settimana.
3.2.Quanto poi al ruolo svolto dall’odierno ricorrente Alessandro Castiglione
(e dal di lui fratello Giacomo), il Tribunale del riesame di Lecce – dopo aver
precisato di aver richiamato il contenuto dell’ordinanza emessa dal Gip presso il
Tribunale di Taranto nella cd “Operazione Serafico” esclusivamente al fine di
motivare che nel Vico Serafico, dove insistono le abitazioni delle famiglie
Seprano/Castiglione, aveva operato un’associazione per delinquere finalizzata al
traffico di stupefacenti – ha in primo luogo sottolineato che la posizione
dell’odierno ricorrente è emersa soltanto dal contenuto delle captazioni disposte
in questo procedimento. E, al riguardo, ha precisato Alessandro Castiglione, pur
non risultando mai interlocutore nelle conversazioni intercettate, è risultato dalle
stesse essere l’Alessandro, oggetto di riferimento nei dialoghi captati (sia perché
viene spesso nominato unitamente al fratello Giacomo; sia perché in una
conversazione viene indicato come colui che aveva da parte i soldi derivanti
dall’incidente della madre di Sabrina e gli esiti dei successivi accertamenti
investigativi avevano consentito di accertare che l’indagato conviveva con
Sabrina Aquaro, la cui madre, Rocca Vinella, era deceduta il 26 luglio 2007, a
seguito di un sinistro stradale).
Quindi, il Tribunale del riesame ha richiamato le conversazioni intercettate
(già indicate nell’ordinanza genetica della misura) che avevano avuto ad oggetto
il commento sulle modalità di gestione da parte dei due fratelli Castiglione del
commercio di stupefacenti. In particolare ha richiamato una conversazione del
19 febbraio 2012 nella quale Marangione, Liuzzi e Pizzolla avevano commentato
le circostanze dell’arresto dell’Andria, imputandone la responsabilità a Castiglione
Giacomo, che aveva consegnato nelle mani del D’Andria il pacchetto con le dosi
di cocaina e che si vantava di essere “padrone di piazza” (e dunque di essere il
gestore a livello imprenditoriale dell’attività di spaccio in quella zona della città
vecchia e di avere alle sue dipendenze un certo numero di operai). Nell’occasione
il Pizzolla e Liuzzi concordavano sulla necessità di sottrarsi alle dipendenze “dai”
fratelli Castiglione, ai quali veniva attribuito il potere di preparare e distribuire le

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quantifica nell’ordine di mezzo chilo di droga venduta in poco più di una

dosi ai vari spacciatori ed ai quali veniva rimproverato di essersi arricchiti
(mentre loro ricevevano pochi spiccioli in cambio del rischioso lavoro che
svolgevano ogni giorno); ed il Liuzzi stigmatizzava l’egoismo e l’avidità di
Alessandro Castiglione, che “da un 5 grammi fa uscire 15 pezzi” (dichiarazioni
queste che sono state ritenute dal Tribunale del riesame «fortemente
significative dell’appartenenza di Alessandro Castiglione ad una compagine
associativa» e del ruolo svolto nell’ambito della stessa: cfr. p. 10). In altra
conversazione del giorno successivo, Pizzolla Liuzzi e Sambito parlavano ancora

reso irreperibile dopo aver sottratto mezzo chilo di cocaina ai fratelli Castiglione;
mentre in una conversazione del 27 febbraio intercorsa tra i fratelli Marangione,
l’uno riferiva all’altro che, quando, alcuni giorni prima, Salvatore D’Andria era
stato arrestato, Castiglione Alessandro si era fatto carico delle spese della sua
assistenza legale. Altro accenno ai fratelli Castiglione come conclamati
spacciatori di città vecchia è stato indicato in un breve dialogo intercettato il 20
maggio sempre all’interno della Ford Focus. Ed infine ancora più rilevante è stata
ritenuta una conversazione ambientale intercettata il 6 novembre 2012, avente
ad oggetto in maniera specifica l’intensa attività di spaccio di cocaina svolta dai
fratelli Castiglione, nonché la professionalità e la competenza dagli stessi
maturata nel settore.
3.3. Occorre qui ricordare che, secondo i principi più volte affermati da
questo giudice di legittimità, il contenuto di una intercettazione, anche quando si
risolva in una precisa accusa in danno di terza persona, indicata come
concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori
dichiara di aver partecipato, non è in alcun senso equiparabile alla chiamata in
correità e pertanto, se va anch’esso attentamente interpretato sul piano logico e
valutato su quello probatorio, non è però soggetto, nella predetta valutazione, ai
canoni di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, ma alla regola generale del prudente
apprezzamento del giudice (ex plurimis, Sez. 5, sent. n. 603 del 14/10/2003,
Grande Aracri, Rv. 227815; Sez. 2, sent. n. 47028 del 03/10/2013, Rv. 257519;
Sez. 4, sent. n. 31260 del 04/12/2012, dep. 2013, Rv. 256739; Sez. 2, sent. n.
4976 del 12/01/2012, Rv. 251812).
Nel caso di specie, con motivazione congrua ed esente da vizi logici o
giuridici (pp. 3-13), il Tribunale del riesame ha ritenuto che i sopra menzionati
elementi costituiscono un quadro indiziario grave che consente di formulare un
prognostico giudizio di ragionevole probabilità in ordine alla «piena e
consapevole» partecipazione di Alessandro Castiglione alla contestata
associazione con «funzioni di promotore ed organizzatore».

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di stupefacente, del guadagno che ne ricavavano e di tale Passiatore, che si era

4.Non fondato, se non inammissibile, è il secondo motivo di ricorso,
concernente l’adeguatezza della misura custodiale in atto rispetto alle ravvisate
esigenze cautelari.
4.1. Al riguardo, occorre preliminarmente dar atto che il Tribunale del
riesame di Lecce con l’ordinanza impugnata ha confermato la misura della
custodia cautelare in carcere applicata a Castiglione Alessandro dal Gip del
Tribunale di Taranto (dunque, il ricorrente, allorquando nelle prime righe
introduttive afferma che il suddetto Tribunale del riesame aveva confermato la

Il fatto che, successivamente all’emissione della ordinanza di applicazione
della misura della custodia cautelare in carcere, detta misura sia stata sostituita
dal Gip del Tribunale di Taranto con quella degli arresti domiciliari è fatto che
sembra doversi desumere dalla intestazione del ricorso (nel quale il ricorrente
Alessandro Castiglione si qualifica come «attualmente sottoposto alla misura
della custodia cautelare degli arresti domiciliari», peraltro senza allegare al
ricorso l’ordinanza sostitutiva della misura), ma è irrilevante nella presente sede,
nella quale si discute esclusivamente della legittimità dell’ordinanza confermativa
dell’ordinanza genetica (che, si ribadisce, ha applicato la misura della custodia
cautelare in carcere anche nei confronti di Alessandro Castiglione).
4.2. Tanto precisato, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 275 comma 3
c.p.p. nella formulazione vigente, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza
in ordine al reato di partecipazione ad una associazione finalizzata al traffico
degli stupefacenti, si applica la custodia cautelare in carcere, salvo che siano
acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari ovvero
che, in relazione al caso concreto, dette esigenze cautelari possono essere
soddisfatte con altra misura.
E la giurisprudenza di legittimità, con riguardo al tempo trascorso tra la
commissione dei fatti in relazione ai quali sono state svolte le indagini e
l’applicazione della misura cautelare, ha avuto modo di affermare che, qualora il
delitto addebitato al ricorrente sia compreso fra quelli indicati dall’art. 275 c.p.p.,
comma 3, la motivazione in ordine al “tempus commissi delicti” non è richiesta,
operando per tali reati la “presunzione di adeguatezza” di cui alla norma citata
(Sez. 6, sent. n. 985 del 04/03/1996, Foti, Rv. 204912), ribadendo che, qualora
sia stata applicata la misura della custodia in carcere per uno dei delitti indicati
nell’art. 275 c.p.p., comma 3, non è necessario che l’ordinanza cautelare motivi
anche in ordine alla rilevanza del tempo trascorso dalla commissione del fatto,
così come richiesto dall’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), in quanto per tali reati
vale la presunzione di adeguatezza di cui al predetto art. 275, che impone di

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misura degli arresti domiciliari, è incorso in errore).

ritenere sussistenti le esigenze cautelari salvo prova contraria (Sez. 2, sent. n.
3322 del 13/05/1997, Letizia, Rv. 208366).
4.3. Orbene, nel caso di specie, non soltanto non sono stati acquisiti
elementi che consentano di superare la presunzione di cui sopra, ma risultano
indicati gli elementi sulla base dei quali entrambi i giudici cautelali hanno
ritenuto la custodia cautelare in carcere unica misura idonea a prevenire la
commissione di reati. All’uopo, in particolare, il tribunale del riesame ha
valorizzato:

di un elevato grado di professionalità criminale nella partecipazione ad attività
organizzate e stabili finalizzate alla consumazione di reati in materia di sostanze
stupefacenti;
– il fatto che Alessandro Castiglione rivestiva all’interno dell’associazione un
ruolo apicale, organizzava le operazioni di spaccio stando a casa ed aveva
destinato il vico dove insite la propria abitazione ad un vero e proprio mercato di
stupefacente;
– il fatto che Alessandro Castiglione è gravato da precedenti penali (tra i quali
un precedente specifico in materia di stupefacenti ed un precedente per
sottrazione di minorenni); nonché da carichi pendenti per delitti contro il
patrimonio, per tentato omicidio, per violazione (intervenuta nel mese di agosto
2014) della misura di prevenzione, per evasione (commessa nel mese di agosto
2014) e per altro episodio in materia di spaccio di stupefacenti (commesso nel
mese di ottobre 2015).
– il fatto che Alessandro Castiglione, anche dopo i fatti per i quali si procede,
ha continuato a procurarsi i mezzi necessari alla propria sussistenza perpetrando
delitti in grado di assicurargli illecite fonti reddituali;
– il fatto che, rispetto alla accertata esigenza cautelare, del tutto inadeguata
è qualsiasi altra misura e in particolare gli arresti domiciliari nelle forme di cui
all’art. 275 bis c.p.p., in quanto il cd braccialetto elettronico consente di
scongiurare il pericolo di evasione, ma non consente di scongiurare il pericolo
che l’indagato violi le prescrizioni che di consueto accedono alla misura degli
arresti domiciliari, con conseguente possibilità dell’indagato, ove sottoposto a
detta misura, di riprendere gli illeciti contatti e di riattivare l’attività criminosa
(essenzialmente gestita in casa propria).
4.4. Dunque, l’ordinanza impugnata del Tribunale del riesame di Lecce
supera positivamente il controllo consentito in sede di legittimità anche in punto
di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e di ritenuta adeguatezza rispetto
ad esse della misura della custodia in carcere (a prescindere dal fatto che, si

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– le modalità e circostanze delle azioni criminose poste in essere, indicative

ribadisce, detta misura possa essere stata nelle more sostituita dalla misura
degli arresti domiciliari).

5. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso 23/06/2016

del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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