Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29649 del 21/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29649 Anno 2016
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CITTERIO RODOLFO N. IL 05/11/1959
avverso l’ordinanza n. 110/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
13/01/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI,
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. O reote p9e-exmAr,u0

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 21/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 13 gennaio 2016 la Corte d’Appello di Milano rigettava
l’istanza di riparazione presentata da Citterio Rodolfo per la dedotta ingiusta detenzione
sofferta con la custodia cautelare in regime di arresti domiciliari dal 26 luglio al 15
dicembre 2010, data in cui la misura veniva revocata dal G.I.P. che con sentenza 6
maggio 2013 dichiarava poi non luogo a procedere per insussistenza del fatto, in

corruzione continuata per atti contrari ai doveri d’ufficio, attribuitigli nella sua veste di
membro effettivo della Commissione Comunale di Vigilanza di Milano.
2. In detta ordinanza la Corte territoriale riteneva che il richiedente avesse, con il
proprio comportamento e atteggiamento gravemente colposo, concorso a dare causa alla
misura cautelare de qua e ravvisava, pertanto, grave colpa ostativa al riconoscimento
dell’indennizzo di cui all’art.314 c.p.p. In particolare evidenziava che dalle conversazioni
telefoniche captate – il cui contenuto era stato riportato nell’ordinanza applicativa della
misura – era emerso che il Citterio spendeva il suo ruolo di membro della Commissione di
Vigilanza e quello di Presidente del SILB (Sindacato italiano locali da ballo) per indurre i
gestori a richiedere la sua intermediazione per il disbrigo e la celere risoluzione delle loro
pendenze, altrimenti bloccate da impedimenti burocratici, ovvero insanabili perché contra
legem, circostanza che nel corso dell’interrogatorio l’indagato non aveva potuto negare in
quanto evidente.
3. Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Citterio affidato
a due motivi.
3.1. Con un primo motivo lamenta mancanza o illogicità della motivazione in merito
alla sussistenza del requisito della colpa grave, in quanto da aprile 2009 a maggio 2010
aveva avanzato ripetute istanze al P.M. per conoscere il contenuto dei fatti addebitati e
per essere sentito e messo a confronto con la persona che lo accusava. Proprio
l’attuazione del richiesto contraddittorio aveva portato alla conclusione del procedimento
con la sentenza di non luogo a procedere ed alla instaurazione di un procedimento penale
a carico del Savoca per calunnia.
3.2. Con un secondo motivo denuncia erronea applicazione di legge e mancanza o
illogicità della motivazione, sempre in merito alla sussistenza del requisito della colpa
grave, stante l’erronea lettura delle intercettazioni telefoniche che indicavano contatti del
tutto fisiologici tra l’allora indagato ed i suoi interlocutori, essendo legittimo anticipare al
gestore del locale la data del sopralluogo del funzionario comunale Centonze Aldo ed
anche concordarla. In ogni caso la Corte aveva adoperato parametri di valutazione della
sussistenza della responsabilità penale obliterando quelli specificamente propri del diritto
alla riparazione. Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria difensiva, di replica alle
conclusioni di rigetto del ricorso formulate dal P.G.

relazione ai reati di concussione continuata in danno di tale Savoca Alberto e di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso sono infondati.
2. La circostanza che il Citterio non era stato interrogato nonostante reiterate
richieste, e dunque non era stato messo nelle condizioni di esporre le proprie ragioni
difensive, benché non presa in considerazione dalla Corte di Milano, non appare rilevante
atteso che a seguito della notifica del provvedimento di proroga del termine per le

facoltà di presentare memorie per chiarire la sua posizione.
Di contro, la condotta ritenuta colposa è stata desunta dalle intercettazioni presenti
nel processo, che il Citterio – come ben evidenziato dalla Corte di Milano – non ha
sconfessato nel contenuto in tal modo concorrendo, con la sua condotta gravemente
colposa, all’errore valutativo del giudice della cautela.
3. La Corte distrettuale ha fatto dunque buon governo dei principi secondo cui in
tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini del riconoscimento dell’indennizzo,
la privazione della libertà personale potrà considerarsi “ingiusta” solo qualora l’incolpato
non via abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o
gravemente colposa, giacché, altrimenti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente
la propria funzione riparatoria, dissolvendo la “ratio” solidaristica che è alla base
dell’istituto (Sez.Un., 24 dicembre 2013, n.51779), ed ha ben valutato come ostativa
all’indennizzo la condotta extraprocessuale dell’incolpato ed in particolare la grave
leggerezza dimostrata nelle conversazioni captate, elemento su cui i giudici di merito
hanno attentamente motivato ritenendolo determinante della detenzione (Sez.4, 29
gennaio 2015, n.4372).
4. Ne deriva il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché alla rifusione di quelle sostenute dal Ministero dell’Economia e
delle Finanze, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente, che liquida in
complessivi C 1.000,00.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 giugno 2016

Il Consigli

nsore

Il Presidente

indagini preliminari, notificatogli ex art.406 c.p.p., egli non si era comunque avvalso della

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