Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29645 del 20/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29645 Anno 2016
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAGUSA IVANO N. IL 10/01/1987
avverso l’ordinanza n. 1329/2015 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 07/01/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. VtA9,0 42’hkegi eRt
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Data Udienza: 20/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, sezione per
il riesame, ha parzialmente accolto l’istanza di riesame dell’ordinanza di custodia
cautelare in carcere emessa nei confronti di Ragusa Ivano dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro il 3.12.2015, sostituendo la
custodia in carcere con gli arresti domiciliari.
Il Tribunale ha condiviso il giudizio di sussistenza di gravità indiziaria in
ordine alla partecipazione del Ragusa al sodalizio criminoso facente capo a Perna

sostanza stupefacente, nonché in ordine alla commissione di alcuni reati-fine. In
particolare il Tribunale ha ritenuto che il Ragusa avesse nell’ambito del sodalizio
il ruolo di custode dello stupefacente.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Ragusa a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Marcello Manna.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt.
309, co. 5 e 9, 268, co. 6, 178 lett. c) cod. proc. pen. e 89 disp. att. cod. proc.
pen.
Rammenta il ricorrente che il Tribunale ha ritenuto che fosse onere della
difesa documentare sia il mancato rilascio da parte della Procura dei files
concernenti le conversazioni intercettate dagli inquirenti, sia che gli stessi si
rendevano necessari per il procedimento di riesame. Ad avviso dell’esponente
tale interpretazione lede il diritto di difesa ed é erronea.
2.2. Con un secondo motivo deduce vizio motivazionale in relazione alla
identificazione del Ragusa nel ‘gemello’ del quale si parla in alcune conversazioni
intercettate e che risulta indicato in un foglio manoscritto che si reputa dagli
inquirenti riportare la contabilità della cosca, nonché in relazione alla
individuazione di Ragusa Ivano quale conversante nella intercettazione
dell’11.2.2015, n. 1695. Circostanze tutte poste dal Tribunale a fondamento del
giudizio di gravità indiziaria in relazione alla posizione del Ragusa.
Inoltre, si lamenta che si sia ritenuta tale gravità in merito alla
partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso nonostante sia stato
riconosciuto che il Ragusa aveva una posizione non di primo piano ed era stato
coinvolto in due singoli episodi.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso é infondato.
3.1. Quanto al primo motivo, risulta ormai acquisito nella giurisprudenza di
questa Corte che la richiesta del difensore di accedere alle registrazioni di
comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione di un’ordinanza di
custodia cautelare, determina l’obbligo per il pubblico ministero di provvedere in

Marco che, operante nel territorio del comune di Cosenza, era dedito al traffico di

tempo utile – rispetto alla decisione del tribunale del riesame, il quale deve
decidere, senza dilazioni, incompatibili con la specifica procedura “de libertate” -,
e che la violazione di detto obbligo, sebbene non incida sulla utilizzabilità degli
esiti delle intercettazioni, comporta che di esse il giudice non possa tener conto
fino a quando non sia soddisfatto il diritto della difesa di prendere cognizione
diretta delle captazioni (Sez. 4, n. 46478 del 21/10/2011 – dep. 14/12/2011,
Saihi, Rv. 251434). Tanto si afferma sulla scorta dell’arresto delle S.U. secondo il
quale l’illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dal rifiuto o

del loro deposito ai sensi del quarto comma dell’art. 268 cod. proc. pen.,
l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente
trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzati ai
fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, dà luogo ad una nullità di
ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc.
pen., in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova,
che non inficia l’attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sé
considerati. Pertanto, ove tale vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di
riesame ed il Tribunale non abbia potuto acquisire il relativo supporto fonico
entro il termine perentorio di cui all’art. 309, nono comma, cod. proc. pen., le
suddette trascrizioni non possono essere utilizzate come prova nel giudizio “de
libertate” (Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010 – dep. 27/05/2010, Lasala, Rv.
246907).
Allo stato risulta oggetto di ricostruzioni contrastanti il tema degli oneri
incombenti sulla difesa che intenda dedurre la nullità di ordine generale a regime
intermedio derivante dal non aver ottenuto l’accesso ai supporti magnetici o
informatici contenenti le registrazioni di conversazioni telefoniche o di riprese
audiovisive, utilizzate per l’emissione dì un provvedimento di coercizione
personale. Per un primo orientamento, il difensore è gravato da un duplice onere
probatorio consistente sia nel provare la tempestiva richiesta rivolta al P.M. in
vista del giudizio di riesame sia l’omesso o il ritardato rilascio della
documentazione richiesta (Sez. 2, n. 43772 del 03/10/2013 – dep. 25/10/2013,
Bathiri, Rv. 257304). Per un secondo, quando la difesa ha assolto l’onere di
dimostrare che la richiesta di rilascio di copia dei supporti magnetici o informatici
delle registrazioni di conversazioni telefoniche o di riprese audiovisive, utilizzate
per l’adozione dell’ordinanza cautelare, è stata effettivamente e
tempestivamente presentata al P.M., sulla stessa non può ritenersi incombente
l’ulteriore onere di documentare il fatto negativo rappresentato dal mancato
riscontro alla richiesta da parte del P.M. Formulando tal ultimo principio la Corte
ha precisato che il Tribunale – ove lo ritenga necessario – può effettuare il

dall’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima

riscontro presso l’ufficio competente sul mancato adempimento della richiesta e
sulle sue eventuali ragioni, valutando altresì la tempestività della richiesta di cui
si assume la mancata evasione (Sez. 6, n. 28156 del 17/06/2014 – dep.
30/06/2014, Bottino, Rv. 262141).
In questa sede non occorre entrare nella divergenza interpretativa; in ogni
caso, infatti, viene rimarcata la necessità che la richiesta sia tempestiva rispetto
all’udienza del Tribunale del riesame. Tale fattore si proietta anche sull’operato
dell’ufficio di Procura, che deve adempiere all’obbligo del rilascio di copia in

discussione in sede di riesame. Ciò evidenzia il carattere necessario della
esplicitazione, nella richiesta indirizzata all’ufficio di Procura, della finalità della
medesima e quindi della correlazione con il giudizio di riesame.
Correttamente, quindi, il Tribunale ha posto l’accento sull’assenza di
specificazione delle finalità del rilascio di copia.
3.2. Quanto al secondo motivo, esso é infondato.
Va in primo luogo ricordato che, in caso di ricorso per cassazione avverso un
provvedimento di riesame in tema di misure cautelari personali, allorchè sia
denunciato vizio di motivazione, le doglianze attinenti alla sussistenza o meno
dei gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari possono assumere
rilievo solo se rientrano nella previsione di cui all’articolo 606, comma 1, lettera
e), cod. proc. pen., se cioè integrano il vizio di mancanza o manifesta illogicità
della motivazione. Esula, quindi, dalle funzioni della Cassazione la valutazione
della sussistenza o meno dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, essendo
questo compito primario ed esclusivo dei giudici di merito e, in particolare,
prima, del giudice al quale è richiesta l’applicazione della misura e, poi,
eventualmente, del giudice del riesame (ex pluribus, Sezione II, 17 settembre
2008, Fabbretti ed altri). Principio costantemente ribadito, tanto in relazione alla
natura del sindacato della Corte di legittimità, che deve limitarsi a quanto risulti
“prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, quando alla
impercorribilità di una verifica della sufficienza e della razionalità della
motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011 – dep.
04/01/2012, Siciliano, Rv. 251761).
3.3. Nel caso che occupa il Tribunale ha specificamente giustificato
l’identificazione di Ragusa Ivano con la persona soprannominata ‘gemello’,
facendo riferimento alla captazione telefonica nella quale Giannone Giovanni
chiede a Minieri Andrea il numero telefonico del ‘gemello’ e fa poi riferimento a
‘Ivanuzzo’; alla conversazione in auto tra il Chiappetta ed il Cairo, che, alla
ricerca del ‘gemello’ si recano a casa di Ragusa Ivano (non trovandolo); della
conversazione nella quale il Minieri e Francavilla Pasquale evocano la proposta

tempi che ne permettano l’utilizzo da parte della difesa nell’approntamento della

fatta al ‘gemello’, ovvero Ragusa Ivano, di accednere un finanziamento a none
del fratello Ragusa Alessandro Marco. A tanto il ricorrente contrappone una
asserita assenza di autonoma motivazione, che valesse a superare i rilievi mossi
dall’indagato all’ordinanza cautelare. Ma ciò non risponde al vero, poiché é
proprio in risposta a quei rilievi che il Tribunale ha evidenziato quanto si é
appena esposto.
Quanto alla asserita occasionalità del contributo reso dal Ragusa, tale da
dover far escludere la partecipazione al sodalizio, il Tribunale ha evidenziato la

all’associazione; ovvero la ‘confidenza’ ricevuta dal Chiappetta (cfr. pg . 6). Su
tale aspetto il ricorrente non ha formulato alcun rilievo, sicché il motivo risulta
aspecifico, perché non si confronta con l’argomentazione del giudice.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20/4/2016.

circostanza dalla quale ha ritenuto di dedurre l’intraneità del Ragusa

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