Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29645 del 01/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29645 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Martino Eugenio, nato a San Cipriano D’Aversa il 01/09/1969;
avverso la sentenza del 23/01/2013 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23.3.2009 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
dichiarò Martino Eugenio responsabile di ricettazione aggravata e con la recidiva
lo condannò alla pena di anni 2 mesi 8 di reclusione ed € 2.000,00 di multa. In
relazione ad altri reati fu dichiarato non doversi procedere per prescrizione.

2.

L’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Napoli, con

sentenza del 23.1.2013 confermò la pronunzia di primo grado.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo:

Data Udienza: 01/07/2014

1. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle
circostanze attenuanti generiche, nonostante l’ammissione dei fatti
contestati;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla determinazione
della pena in misura superiore ai minimi edittali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

merito.
Le attenuanti generiche sono state negate in ragione della negativa
valutazione della personalità dell’imputato desumibile dai precedenti penali
specifici. È stata ritenuta irrilevante l’ammissione dei fatti “a fronte di un quadro
probatorio granitico a suo carico” (p. 3 sentenza impugnata).

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure
di merito.
La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una
valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti
dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice
dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione
alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione
della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non
eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e
globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli
specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del
20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. n. 155508; n. 148766; n.
117242).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha peraltro richiamato la pluralità e
gravità delle condotte criminose.
3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

2

\

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 01/07/2014.

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