Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29644 del 20/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29644 Anno 2016
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
API RAFFINERIA di ANCONA S.p.A.
Giancarlo n. 15/02/1955
COGLIATI
L ION
Francesco n. 12/03/1952
fi. 13/01/1970
DEL PREIE Mieli&
Pierfilippo n. 18/11/1957
AMURRI
Monica
n. 26/11/1967
MAIS
avverso il decreto n. 4868/2Ò14 del GTh presso il TRIBUNALE di ANCONA del 16/11/2015
visti gli atti e il ricorso;
fatta la relazione dal Cons. dott. Gabriella CAPPELLO;
lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale, in persona del dott.
Massimo GALLI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 20/04/2016

Ritenuto in fatto
1.

Con decreto in data 16/11/2015, il giudice per l’udienza preliminare di

Ancona ha disposto il rinvio a giudizio, tra gli altri, di COGLIATI Giancarlo, LION
Francesco, DEL PRETE Michele, AMURRI Filippo, MAIS Monica, e API Raffineria di
Ancona s.p.a., per il reato di cui agli artt. 113 e 589 co. 2 cod. pen., il primo anche
per il delitto di cui agli artt. 28 co. 2 lett. d) e 55 co. 3 d.lgs. 81/2008, l’ultima per
septies

d.lgs. 231/2001, ritenendo

insussistenti i presupposti per una pronuncia di non luogo a procedere ai sensi
dell’art. 425 c.p.p., alla luce degli atti d’indagine che non consentivano di affermare
la superfluità del dibattimento, valutata non solo alla luce delle emergenze agli atti,
ma anche di quelle presumibilmente acquisibili nella fase dibattimentale.
2. La difesa dei citati imputati e dell’API Raffineria di Ancona s.p.a. ha proposto
ricorso per cassazione, deducendo con un unico motivo l’abnormità del decreto
disponente il giudizio per avere il GUP deciso, all’esito dell’udienza preliminare, senza
tener conto delle eccezioni di inutilizzabilità (per violazione del diritto di difesa e di
divieti di legge) di alcuni atti d’indagine e, segnatamente, delle relazioni in cui erano
confluiti gli esiti di due accertamenti tecnici irripetibili (un’indagine autoptica e
un’indagine tecnica circa le cause dell’incidente) e delle dichiarazioni rese da uno
degli imputati nel corso delle indagini.
Quanto all’abnormità, la difesa ritiene di farla discendere dall’assunto, contenuto
nel decreto censurato, secondo cui non competerebbe al GUP decidere in ordine alle
eccezioni sollevate a difesa che contraddice il dovere del giudice in ogni fase
processuale e ogni qualvolta la decisione dipenda dalla risoluzione di una questione
come previsto dall’art. 2 co. 1 del codice di rito, avendo lo stesso GUP, a verbale di
udienza, riservato di decidere su ogni questione con il provvedimento conclusivo
della fase.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha rassegnato le sue conclusioni
scritte, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ì provvedimenti
conseguenti ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., atteso che il decreto disponente il
giudizio è atto inoppugnabile, non censurabile come abnorme, tale essendo solo
quello che non risponde ad alcuno schema processuale e che non può essere rimosso
dalla realtà giuridica, se non attraverso la denuncia della sua abnormità.
Al contrario, la questione relativa all’inutilizzabilità di alcuni atti è proponibile al
giudice del processo, senza che le deduzioni del GUP formulate sul punto possano
incidere in ordine alla decisione sull’eccezione difensiva, posto che l’eventuale
incidenza dell’accoglimento della richiesta difensiva sulla decisione del GUP non
avrebbe potuto, in ogni caso, riverberare effetto sulla impugnabilità del decreto ove il
GUP lo avesse comunque emesso.
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l’illecito amministrativo di cui all’art. 25

4. Con memoria depositata in data 12/04/2016, la difesa, preso atto delle
conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale, vi ha opposto che le parti, con il
ricorso, non hanno inteso censurare il mancato accoglimento delle eccezioni sollevate
all’udienza preliminare, bensì l’omessa pronuncia del GUP sulle stesse. Ha aggiunto
che la loro valutazione avrebbe potuto determinare un diverso epilogo dell’udienza
preliminare, almeno per alcuni imputati, anche perché esse riguardavano atti
processuali di cruciale importanza e che, in tal modo, è stato precluso agli stessi di
esplicare pienamente il diritto di difesa, anche in vista di una scelta processuale
alternativa, alla luce della diversa piattaforma probatoria sulla quale il giudizio si

resterebbe frustrata la funzione propria dell’udienza preliminare.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza delle censure con esso
formulate.
2.

Il decreto che dispone il giudizio, per il principio di tassatività delle

impugnazioni, è inoppugnabile, trattandosi di un atto di mero impulso processuale,
diretto a fondare la competenza del giudice del dibattimento a conoscere del merito e
di tutte le questioni connesse, tra cui quelle relative alle eventuali eccezioni sollevate
nel corso dell’udienza preliminare, potendo eventuali censure essere fatte valere
nella successiva fase dibattimentale (cfr. Sez. 2, n. 40408 dell’08/10/2008, Rv.
241869; Sez. 5 n. 30588 del 28/05/2008, Rv. 240429; Sez. 6 n. 51216 del
12/03/2014, Rv. 261664; n. 1230 dell’08/04/1999, Rv. 213477). Ciò vale anche se,
nel corso dell’udienza preliminare, si deduca una nullità assoluta ed insanabile,
perché la deducibilità in ogni stato e grado del procedimento non concerne il mezzo
attraverso il quale la nullità va denunziata, ma il momento della sua rilevabilità, che
in fattispecie va dedotta tra le questioni preliminari, ai sensi dell’art. 491 c.p.p. e in
relazione all’art. 181 commi 1 e 3 c.p.p. (cfr. Sez. 6 1230 del 1999 citata; Sez. 1 n.
122 del 17/03/1993, Rv. 193936).

sarebbe svolto, rilevandosi che – ove la decisione assunta fosse ritenuta legittima –

Peraltro, la presenza nel fascicolo per il dibattimento di atti inutilizzabili non dà
luogo a questioni di nullità o di inutilizzabilità, fino a quando il giudice ne disponga la
lettura o manifesti comunque la volontà di avvalersene ai fini della decisione (cfr.
Sez. 5 n. 22003 del 07/03/2013, Rv. 255650).
La non impugnabilità del decreto che dispone il giudizio, peraltro, non può essere
superata, nel caso di specie, ricorrendo alla categoria dell’atto abnorme, evocata in
ricorso. Sul punto, si consideri che, intanto il decreto che dispone il giudizio può dirsi
abnorme, in quanto lo stesso per la stranezza, la singolarità, la atipicità del suo
contenuto si ponga al di fuori del sistema processuale, sicché, non essendo esso
contemplato dall’ordinamento, l’unico rimedio esperibile per la sua rimozione è il
ricorso per Cassazione, non essendo, al contrario, sufficiente che il provvedimento

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sia inficiato da una qualsivoglia violazione di legge (cfr. Sez. 1 n. 5388 del
18/10/1996, Rv. 206083).
Nel concetto di abnormità dell’atto processuale elaborato dalla dottrina e dalla
giurisprudenza di questa Corte, infatti, oltre al suo carattere strutturale viene in
considerazione il profilo funzionale, nel senso che il vizio viene ravvisato quando
l’atto, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e
l’impossibilità di proseguirlo, ovvero quando esso provochi indebite regressioni del
procedimento, ponendosi in tal caso anche in contrasto con il principio costituzionale
di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2 (cfr. in

20/12/2007 CC. (dep. 01/02/2008), Battistella, Rv. 238240) .
Nessuna di dette evenienze è ravvisabile nel caso all’esame, l’atto non potendosi
considerare strutturalmente o funzionalmente abnorme e rimanendo, in ogni caso,
intatta la possibilità di riproporre al competente giudice del merito le rispettive
argomentazioni in punto inutilizzabilità degli atti.
Quanto al profilo concernente il preteso obbligo del GUP di pronunciarsi sulle
eccezioni di inutilizzabilità, rispetto al quale il deducente evoca un interesse delle
parti a formulare le proprie scelte processuali in base alla piattaforma probatoria che
si sarebbe delineata dopo il pronunciamento invocato, si rileva che, in sede
di udienza preliminare, il giudice non è tenuto a decidere anticipatamente, rispetto
alla trattazione del merito, le questioni riguardanti la utilizzabilità degli atti
processuali, neppure al fine di consentire all’imputato di valutare l’opportunità di
accedere al rito abbreviato, nella piena conoscenza delle prove utilizzabili, in quanto
nessun obbligo in tal senso è contemplato dalle disposizioni processuali (cfr. Sez. 3
n. 40209 del 13/05/2014, Rv. 260423; quanto alla natura del giudizio abberviato, si
rinvia anche ai principi contenuti nel fondamentale arresto delle Sezioni Unite n. 16
del 2000, Tammaro).
Peraltro, nel caso di specie, il giudice ha correttamente formulato un giudizio
anche di tipo prognostico, sullo sviluppo probatorio in sede dibattimentale, che svela
la fallacia dell’argomento difensivo che fa leva sulla decisività della pronuncia omessa
in ordine all’esito dell’udienza preliminare. Quel giudice ha infatti motivato circa la
ritenuta insussistenza dei presupposti per la pronuncia di una sentenza di non luogo
a procedere ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen., considerando non solo le
emergenze in atti, ma anche quelle presumibilmente acquisibili in dibattimento,
anche a mezzo di perizia, cosicché, anche in caso di declaratoria di inutilizzabilità
degli accertamenti esperiti nel corso delle indagini, ciò non avrebbe precluso
l’escussione del consulente sull’elaborato in qualità di testimone sui fatti accaduti in
sua presenza.
Il che vale quale implicita motivazione circa la irrilevanza di una decisione sulla
sollevata questione della utilizzabilità di quegli atti, rilevandosi che la decisione
sull’utilizzabilità di una prova nel corso dell’udienza preliminare sarebbe irrituale, in
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motivazione Sez. 6 n. 2325 dell’08/01/2014, Rv. 258252; Sez. U. n. 5307 del

mancanza di un sistema di decisione graduale sul merito della richiesta di rinvio a
giudizio, oltre che inutile. Infatti, solo una valutazione complessiva del materiale
probatorio, al momento della definizione delle diverse posizioni processuali, può
consentire al giudice di esaminare le eccezioni rilevanti ai fini della decisione resa
all’esito della discussione delle parti. Del resto, l’art. 421 cod. proc. pen. prevede che
il giudice dichiari aperta la discussione subito dopo avere compiuto gli accertamenti
relativi alla costituzione delle parti; ne’ alcun obbligo, con correlativa sanzione, è
fissato dall’ordinamento circa la decisione preliminare che il giudice dovrebbe rendere
in ordine all’inutilizzabilità delle prove (cfr., in motivazione, Sez. 3 n. 40209 del 2014

3. Dall’inammissibilità dei ricorsi discende la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e ciascuno anche a quello della somma di euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Deciso in Roma il 20 aprile 2016.
Il Consigliere est.
Gabriella Cappello

Il Presidente
Francesco Maria Ciampi

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CORTE SUPREMA DI CASSNZION£
IV Sezione Penale

citata).

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