Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29640 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 29640 Anno 2016
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Fontana Andrea, nato il 15/03/1977
Ballarini Riccardo, nato il 01/01/1967
Spinsanti Francesco, nato il 06/11/1972
Graus Massimiliano, nato il 31/01/1975
Nicoletti Daniele, nato il 03/09/1975
avverso la sentenza n. 724/2005 del 27/02/2014 della Corte di appello di Ancona
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità di tutti i ricorsi;
udito il difensore, avv. Cesare Gai, per il ricorrente Graus, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso;
uditi i difensori, avv. Cinzia Molinaro, quale sostituto dell’avv. Mario Scaloni, e
Fabrizio Hinna Danesi, per i ricorrenti Fontana e Ballarini, che hanno concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore, avv. Simonetta Crisci, per il ricorrente Nicoletti, che ha
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore, avv. Monica Clementi, quale sostituto dell’avv. Marina
Magistrelli, per il ricorrente Spinsanti, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

Data Udienza: 23/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1.La Squadra Mobile della Questura di Ancona con informativa 11 febbraio
2002 comunicava di avere appreso da fonti confidenziali dell’esistenza di una
organizzazione criminale dedita allo spaccio di droga, del tipo cocaina ed ecstasy,
attiva nel territorio del Comune di Camerano e ruotante, in particolare, attorno
alle figure di Fontana Andrea, Ballarini Riccardo e Spinsanti Francesco.

uso ai predetti, servizi che consentivano di accertare frequenti contatti dei
medesimi con una pluralità di soggetti dediti all’uso di sostanze stupefacenti, tra
i quali Taffi Federico, Vecchietti Gabriele, Falcioni Michele e Babini Paolo.
Sulla base delle risultanze dell’espletata attività captativa, si procedeva in
data 17 aprile 2002 all’arresto in flagranza di Graus Massimiliano, Nicoletti
Daniele e Ballarini Riccardo (i primi due, fornitori romani del gruppo di
Camerano, erano stati sopresi nel possesso di grammi 215 circa di cocaina).
L’arresto veniva convalidato e veniva emessa ordinanza cautelare.
In sede di esecuzione dell’ordinanza cautelare, venivano effettuate
perquisizioni, personali e domiciliari nei confronti degli arrestati e di diversi
soggetti che dalle conversazioni telefoniche intercettate erano risultati in
contatto con gli stessi. In particolare, venivano così rinvenuti e sequestrati
grammi 9,4 di hashish a Andrea Fontana.
Ad esito delle indagini preliminari, Taffi Federico, Vecchietti Gabriele,
Falcioni Michele e Babini Paolo venivano tratti a giudizio per il reato di detenzione
illecita di sostanza stupefacente in concorso; mentre Graus Massimiliano,
Nicoletti Daniele, Fontana Andrea, Ballarini Riccardo e Spinsanti Francesco sono
stati tratti a giudizio per rispondere del reato di partecipazione ad una
associazione a fine di spaccio (capo A) di sostanze stupefacenti (e in particolare
di cocaina e di hashish), che avrebbe operato nel territorio di Camerano di
Ancona tra il mese di febbraio ed il mese di giugno 2002.
In particolare in detto contesto associativo:
– al Graus veniva contestato di essere colui che riforniva di stupefacente il
c.d. “gruppo di Camerano” (costituito dal Fontana, dal Ballarini e dallo
Spinsanti);
– al Nicoletti veniva contestato di essere stato complice del Graus nelle
acquisizioni dai rifornitori di quest’ultimo e nei successivi trasporti di droga, oltre
che detentore di gran parte della droga di loro proprietà;
– al Fontana veniva contestato il ruolo di persona deputata a mantenere
contatti per la ricezione e per il pagamento dello stupefacente. Precisamente: di

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Venivano autorizzati servizi di intercettazione telefonica sulle utenze in

essere colui che si riforniva di stupefacente dal Graus (che si sarebbe avvalso
nella sua illecita attività della complicità del Nicoletti), fissava il prezzo che i
clienti dovevano pagare e il quantitativo di stupefacente da vendere, partecipava
con il Ballarini e con lo Spinsanti alle decisioni sul prezzo e sulla quantità di
droga da acquistare, ritirava i soldi da detti clienti;
– al Ballarini veniva contestato di aver utilizzato i locali del circolo Acli di
Camerano, di cui era gestore, per nascondere, dividere e spacciare lo
stupefacente; di aver partecipato con il Fontana e con lo Spinsanti nel prendere

soldi da acquisire dai clienti;
– allo Spinsanti veniva contestato di aver partecipato con il Fontana e con
il Ballarini nel prendere le decisioni sul prezzo e sulle quantità di droga da
acquistare e di aver ritirato i soldi da acquisire dai clienti.
Agli imputati Graus, Nicoletti, Fontana, Ballarini e Spinsanti venivano
inoltre contestati due reati fine. Precisamente:
– l’episodio di spaccio continuato di cocaina e di hashish, di cui al capo B),
avvenuto in Camerano, Sirolo e a Roma in correlazione all’itinerario di
rifornimento da Roma ad Ancona e poi a Camerano, fino al maggio 2002; nonché
– la detenzione a fini di spaccio di grammi 215, 10 di cocaina (suddivisa in
3 involucri, posti dietro il pannello laterale posteriore sinistro della vettura BMW,
condotta dal Nicoletti e sulla quale viaggiava anche il Graus), accertata al Casello
di Ancona Sud il 17 aprile 2002 e contestata al capo C).
In sede di udienza preliminare, tutti gli imputati chiedevano di definire la
propria posizione nelle forme del rito abbreviato (come per l’appunto è
avvenuto: per gli imputati Taffi, Vecchietti, Falcioni e Babini all’udienza del 17
febbraio 2004; per gli altri, alla successiva udienza del 7 luglio 2004).

2.La Corte di appello di Ancona confermava la sentenza con la quale il
Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di quella città:
-aveva dichiarato Graus Massimiliano, Nicoletti Davide, Fontana Andrea,
Ballarini Riccardo, colpevoli del reato di associazione finalizzata al narco traffico
(di cui al capo A), del traffico di stupefacenti, in particolare cocaina e hashish (di
cui al capo B) e della detenzione, per farne commercio, di grammi 215,10 di
cocaina (suddivisa in 2 involucri, posti dietro il pannello laterale posteriore
sinistro della vettura Bmw, condotta dal Nicolettí e sulla quale viaggiava anche il
Graus);
– aveva dichiarato Spinsanti Francesco colpevole del traffico di
stupefacenti, in particolare cocaina ed hashish (di cui al capo B), assolvendolo

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le decisioni sul prezzo e sulle quantità di droga da acquistare e di aver ritirato i

nel contempo dal reato di cui al capo A), perché il fatto non costituisce reato, e
dal reato di cui al capo C), per non aver commesso il fatto.
La sentenza di primo grado veniva integralmente confermata in appello
anche in punto di trattamento sanzionatorio, laddove:
– Graus Massimiliano, Fontana Andrea, Ballarini Riccardo e Nicoletti
Davide, concesse le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione tra i tre
reati in contestazione, venivano condannati: alla pena di anni 6 e mesi 1 di
reclusione (il primo ed il secondo), alla pena di anni 5 e mesi 8 di reclusione (il

– Spinsanti Francesco – previa esclusione della connessione teleologica,
previa concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulle residue contestate
aggravanti – veniva condannato (si ribadisce, per il solo reato di cui al capo B)
alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione ed euro 14 mila di multa.

3.Avverso la sentenza della Corte territoriale proponevano ricorso tutti i
suddetti imputati.

4.Graus Massimiliano, tramite difensore di fiducia, articolava 4 motivi di
doglianza.
4.1.Nel primo deduceva vizio di motivazione in punto di affermazione
della sua penale responsabilità per il delitto associativo, con il contestato ruolo di
fornitore della droga al Fontana ed al Ballarini, con l’ausilio del Nicoletti.
Il ricorrente sosteneva che la Corte territoriale era pervenuta a
conclusioni illogiche sulla base di una superficiale ed illogica interpretazioni delle
intercettazioni disposte e delle circostanze del suo arresto, avvenuto in data 17
aprile 2002, unitamente al Nicoletti. Deduceva ancora che, sulla base degli atti, a
suo carico avrebbe potuto essere ravvisata soltanto una attività di episodico
trasporto della sostanza stupefacente di cui al capo C), per la quale era confesso,
ovvero, tutto al più, ulteriori operazioni di fornitura di stupefacente al Fontana
(gestite in assoluta autonomia e nelle quali sarebbe rimasto suo malgrado
coinvolto il Nicoletti nella veste di mero accompagnatore). Aggiungeva che non
era risultato che lui, pur adeguatamente monitorato, avesse intrattenuto rapporti
sospetti con chicchessia, ad eccezione del Fontana (che, nel limitato lasso
temporale accertato, si era limitato a rifornire di stupefacente nei termini riferiti
in sede di interrogatorio). Nei suoi confronti sarebbero difettati gli elementi
costitutivi del delitto contestato, in quanto: a) era risultato soltanto il suo
rapporto con il Fontana ed era risultata la sua estraneità ad ogni rapporto con il
Taffi, il Vecchietti, il Falcioni ed il Babini (che a loro volta erano risultati aver
intrattenuto rapporti con i soli Ballarini e Fontana); b) non aveva mai avuto

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terzo) ed alla pena di anni 5 e mesi 2 di reclusione (il quarto);

accesso alla sede Acli, che, secondo l’assunto accusatorio, avrebbe rappresentato
per l’associazione il luogo deputato allo spaccio; c) aveva assunto al momento
dell’arresto una condotta collaborativa.
4.2. Nel secondo il ricorrente deduceva vizio di motivazione anche in
relazione all’affermazione di penale responsabilità per il narcotraffico di cui al
capo B). Osservava che, pur essendo lui recluso da tempo, gli erano state
contestate condotte alle quali lui non aveva potuto in alcun modo partecipare; e
che il laconico richiamo ai contenuti delle intercettazioni telefoniche mai avrebbe

4.3. Nel terzo il ricorrente deduceva violazione di legge: per essere i
decreti di proroga delle intercettazioni del tutto immotivati; per essere stata
affidata i cosiddetti brogliacci di ascolto una prova necessariamente correlata ad
attività di perizia e per aver utilizzato impianti esterni a quelli in dotazione alla
Procura della Repubblica. Si lamentava che la Corte territoriale aveva
dimenticato che la palese irritualità delle operazioni di intercettazione
comportava la riconducibilità della dedotta nullità proprio tra quelle che non
potevano ritenersi superate dalla operata scelta di procedere nelle forme del rito
abbreviato.
4.4. Nel quarto infine il ricorrente deduceva vizio di motivazione in
relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio, in quanto la Corte
aveva omesso di considerare il contenuto confessorio delle dichiarazioni da lui
rese, il suo stato di incensuratezza, la sua vita anteatta, la sua scarsa capacità a
delinquere (desumibile dal fatto che, a suo dire, il pagamento della sostanza
stupefacente sarebbe avvenuto tramite bonifico) e la riconducibilità dei fatti
nell’alveo dell’art. 73 comma 5 D.P.R. N. 309/1990.

5.Fontana Andrea e Ballarini Riccardo, tramite il comune difensore di
fiducia, articolavano a loro volta 4 motivi di doglianza.
5.1. Nel primo i ricorrenti deducevano violazione di legge in punto di
ritenuta utilizzabilità delle espletate intercettazioni. Secondo l’assunto dei
ricorrenti, il decreto autorizzativo era motivato per relationem (alla richiesta del
PM, la quale a sua volta richiamava i dati contenuti nelle note riepilogative di PG)
ed i successivi decreti di proroga non sarebbero motivati in maniera specifica.
5.2. Nel secondo, i ricorrenti deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione in punto di affermazione di penale responsabilità per il reato
associativo, potendosi al più ravvisare a loro carico il concorso nei singoli ed
eventuali fatti illeciti commessi.
Al riguardo, i ricorrenti – dopo essersi soffermati sui requisiti strutturali
che l’ipotizzata organizzazione avrebbe dovuto possedere al fine di concretizzare

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potuto giustificare la propria condanna.

la contestata fattispecie incriminatrice, nonché sulla eventuale condotta di
partecipazione all’associazione – rilevavano che gli elementi accusatori erano
costituiti dagli esiti delle intercettazioni telefoniche, di difficile comprensione ed
rimasti privi di riscontro obiettivo. I ritardi nei pagamenti o le lamentele sulla
qualità della sostanza nulla provavano sulla sussistenza di un rapporto
associativo, ma al più potevano essere rilevanti in ordine ai tre episodi di
acquisto o cessione di stupefacenti contestati nei capi di imputazione. Le
conversazioni intercorrenti quotidianamente tra loro riguardavano per lo più

paese. Analoghe considerazioni valevano anche per i rapporti intercorrenti tra il
Fontana ed il Graus: il primo era amico da lunga data del secondo e, alla luce di
tale circostanza, andava letto il dato per cui il primo poteva pagare con ritardo lo
stupefacente acquistato dal secondo. D’altronde il Fontana si riforniva di
stupefacente, oltre che dal Graus, anche da altri soggetti. La mancanza di una
cassa comune e la mancata conoscenza tra alcuni membri della contestata
associazione avrebbero dovuto condurre i giudici di merito a qualificare i fatti al
più come accordo occasionale volto alla realizzazione di specifici episodi di
spaccio di sostanze stupefacenti, peraltro riconducibili alla violazione di cui
all’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/1990.
5.3. Nel terzo, i ricorrenti deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione in punto di affermazione di penale responsabilità per il reato
associativo, potendosi al più ravvisare a loro carico l’ipotesi attenuata di cui
all’art. 74 comma 6 del citato d.P.R. n. 309/1990. Ciò in quanto entrambi
versavano in una condizione di vera e propria incapacità finanziaria, tanto da non
riuscire a far fronte neppure al pagamento della sostanza acquistata, ed erano
dunque privi di mezzi e risorse finanziarie necessarie per l’approvvigionamento di
quantitativi rilevanti. Inoltre, soltanto una parte dello stupefacente sequestrato
era destinato allo spaccio, alla luce del loro stato di tossicodipendenza.
5.4. Nel quarto motivo, i ricorrenti deducevano violazione di legge e vizio
di motivazione in punto di mancato contenimento della pena nei minimi edittali,
avuto riguardo alla loro incensuratezza, alla loro condizione di soggetti
tossicodipendenti ed all’atteggiamento collaborativo assunto nel corso del
processo.

6.Nicoletti Daniele, tramite il suo difensore di fiducia, articolava due
motivi di ricorso.
In detti motivi, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in
punto di affermazione di penale responsabilità per il reato di associazione
finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti.

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l’organizzazione di cene con amici e le serate in discoteca ovvero fatti avvenuti in

Al riguardo, il ricorrente rilevava che, a suo riguardo, il Giudice
dell’abbreviato si era limitato ad osservare che il suo ruolo pera “più marginale e
defilato”, mentre la Corte di appello aveva omesso di valutare a suo carico la
sussistenza del reato di cui al capo A). Secondo il ricorrente, dalle indagini era
risultato soltanto che alcune persone, che tra di loro si conoscevano e che
condividevano la medesima propensione al consumo di sostanze stupefacenti, si
trovavano a consumarle insieme o con altre persone e, all’uopo, si rivolgevano
spesso a persone conosciute che erano in grado di procurare dosi di cocaina o di

Casello di Ancona Sud, unitamente al coimputato Graus, mentre provenivano
insieme da Roma; e che, a bordo dell’auto, di sua proprietà e da lui guidata, era
stato rinvenuto il quantitativo di cocaina di cui al capo C); detto unico episodio
non avrebbe dovuto portare alla condanna per il reato di cui al capo A). D’altra
parte dalla sentenza impugnata non si sarebbe desunto il criterio in base al quale
un imputato (Spínsanti Federico) era stato ritenuto estraneo dal preteso
consesso criminoso e lui, invece, era stato ritenuto intraneo. In conseguenza
dell’esclusione del reato di cui al capo A), la pena a lui irrogata avrebbe dovuto
essere rideterminata.
Per queste ragioni, secondo il ricorrente, la sentenza impugnata doveva
essere annullata per insussistenza del reato associativo o per mancanza
dell’elemento psicologico, ovvero, in subordine, per la rideterminazione del
trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra Corte di appello.

7. Spinsanti Francesco, tramite il suo difensore di fiducia, articolava 4
motivi di ricorso (allegando, oltre al decreto di intercettazione 20 febbraio 2002
ed i relativi decreti di proroga, anche il verbale 14/12/2002 di perquisizione
locale e personale ed il verbale di interrogatorio 12/5/2003).
7.1. Nel primo deduceva vizio di motivazione e violazione di legge in
punto di ritenuta utilizzabilità delle esperite intercettazioni telefoniche. Il
ricorrente rilevava che: le risultanze delle intercettazioni telefoniche erano l’unico
elemento probatorio a suo carico per il fatto di cui al capo B); detto elemento
non poteva essere utilizzato perché il decreto di intercettazione telefonica 20
febbraio 2002 era privo di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi
di reato ed in ordine all’assoluta indispensabilità delle stesse ai fini del prosieguo
delle indagini. Il Gip si sarebbe rimesso alla valutazione della PG per
l’apprezzamento delle suddette due condizioni, senza dar prova di una effettiva
valutazione critica del contenuto degli atti richiamati e recepiti, tanto più che il
decreto autorizzativo aveva omesso di riferirsi singolarmente a ciascuno dei
coíndagati. Anche i decreti di proroga erano privi di adeguata motivazione,

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hashish. Ricordava il ricorrente di essere stato arrestato, nell’aprile 2002, al

soprattutto in riferimento alla sua persona, menzionata soltanto a motivo della
indicazione dell’utenza telefonica intercettata. Peraltro, alcuni di essi (in
particolare, il primo decreto di proroga del 13 marzo 2002 ed il secondo decreto
di proroga del 26 aprile 2002) erano intervenuti dopo la scadenza del termine
indicato con il precedente decreto, con la conseguenza che avrebbero dovuto
essere dotati di un autonomo compiuto apparato argomentativo.
7.2. Nel secondo motivo il ricorrente deduceva violazione di legge e vizio
di motivazione per essere le argomentazioni della Corte di appello prive di

motivi di appello (come invece avrebbe dovuto per assolvere il proprio obbligo
motivazionale in conformità dell’art. 111 comma 6 Cost e dell’art. 125 comma 3
c.p.p.). La Corte si sarebbe limitata a valorizzare una situazione di “droga
parlata”, ritenuta riferibile ad attività di spaccio, senza tuttavia indicare
circostanze cui ancorare il convincimento della disponibilità da parte sua di
stupefacenti da destinare al traffico.
7.3. Nel terzo il ricorrente deduceva violazione di legge e vizio di
motivazione in punto di affermazione di penale responsabilità per il reato
ascrittogli. Il ricorrente affermava che i giudici di merito avevano fondato la loro
decisione sulla sommaria trascrizione operata da parte della PG di talune
conversazioni intercettate. Aggiungeva che dalle stesse non era emerso alcun
suo intervento nell’attività di rifornimento e di cessione dello stupefacente; e che
nelle stesse non si faceva mai menzione di sostanza stupefacente e neppure
riferimento a termini metaforici rievocativi. Ricordava che lui non era mai stato
trovato in possesso di droga e neppure in possesso di somme di denaro tali da
giustificare l’illecita attività di traffico degli stupefacenti. In difetto di riscontri
obiettivi, era stata affermata la sua penale responsabilità sulla base della mera
interpretazione delle intercettazioni.
7.4. Nel quarto, infine, il ricorrente deduceva violazione di legge e vizio di
motivazione in punto di ritenuta non applicabilità dell’ipotesi di cui all’art. 73
comma 5 D.P.R. N. 309/1990.
Osservava il ricorrente che, benché il capo di imputazione di cui al capo
B) recava espresso riferimento a detta norma, entrambi i giudici di merito
avevano ritenuto detto riferimento frutto di un errore materiale (del quale
tuttavia il pubblico ministero aveva ritenuto di non dover richiedere la correzione
in nessuno dei due giudizi di merito). La scarsa offensività della condotta a lui
addebitata avrebbe dovuto essere desunta: dal fatto che lui non era mai stato
trovato in possesso di sostanza stupefacente o di strumenti notoriamente
destinati all’attività di spaccio; nonché dal fatto che in nessuna delle
conversazioni intercettate, addotte a suo carico, gli interlocutori faceva

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completezza in relazione alle specifiche doglianze che aveva formulato con i

riferimento a sostanza stupefacente ovvero a specifici quantitativi della stessa.
Ricordava il ricorrente che era stato lui stesso in sede di interrogatorio a riferire
di aver smarrito presso il circolo ACLI di Camerano un grammo di cocaina, ma
aggiungeva che detto elemento avrebbe dovuto indurre a ritenere l’uso
personale della sostanza, ovvero, in subordine, la violazione dell’ipotesi di cui
all’art. 73 comma 5.

1.1 ricorsi non sono fondati e, pertanto, non possono essere accolti.

2.Non fondati sono i motivi relativi agli esiti della espletata attività
captativa (motivo terzo del ricorso Graus e motivo primo del ricorso Spinsanti).
2.1.Quanto all’utilizzo di impianti esterni a quelli in dotazione alla Procura
della Repubblica, evocato nel terzo motivo del ricorso Graus, occorre in primo
luogo dar atto che il Giudice dell’udienza preliminare, con ordinanza resa
all’udienza dell’Il maggio 2004, ha respinto l’eccezione di inutilizzabilità
sollevata dalle difese, osservando che le operazioni di intercettazione telefonica
erano state effettuate presso i locali della Procura della Repubblica mediante la
dotazione tecnica ivi installata.
Il ricorrente non si è confrontato con detta motivazione e non ha allegato
al ricorso il decreto dal quale dovrebbe risultare l’utilizzo di impianti esterni a
quelli in dotazione alla Procura. Pertanto, il ricorso Graus sul punto deve ritenersi
aspecifico e, quindi, inammissibile.
In ogni caso, quand’anche fosse ammissibile, il motivo sarebbe comunque
infondato, in quanto, nel giudizio abbreviato, rilevano soltanto le ipotesi
riconducibili alla categoria sanzionatoria dell’inutilizzabilità cosiddetta
“patologica”, inerenti, cioè, agli atti probatori assunti

contra legem, la cui

utilizzazione è vietata in modo assoluto non solo nel dibattimento, ma in tutte le
altre fasi del procedimento (Cass., Sez. un., n. 16 del 21/06/2000-dep.
30/06/2000, Tammaro, Rv. 216246); mentre, secondo la più recente
giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. 2, sent. n. 3606 del
14/1/2014, Garzo ed altri, Rv. 258541), le questioni relative alla legittimità degli
impianti diversi da quelli in dotazione della Procura della Repubblica non possono
essere ricondotte nell’alveo dell’inutilizzabilità patologica: come tali, al di là delle
asserite violazioni, si è in presenza di acquisizioni probatorie pienamente
utilizzabili nel giudizio abbreviato (Sez. 6, sent. n. 2930 del 23/10/2009, dep.
2010, Ceroni e altri, rv. 246129).

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CONSIDERATO IN DIRITTO

2.2. Quanto alla motivazione del decreto di intercettazione telefonica 20
febbraio 2002 e dei successivi decreti di proroga (rispettivamente del 13 e del 28
marzo 2002, del 10 e 26 aprile 2002, nonché del 10 maggio 2002), occorre in
primo luogo ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità:
a) la motivazione dei decreti autorizzativi delle operazioni in ordine alla
sussistenza di gravi indizi di reato ben può esaurirsi, stante la loro natura di
decreto, nell’esposizione sommaria degli elementi dai quali è dato desumere la
probabilità dell’avvenuta consumazione di un reato, non essendo necessaria

esame critico di essi (Sez. 2, sent. n. 2873 del 21/04/1997, Viveri, Rv. 208757);
b) è legittima la motivazione “per relationem” dei decreti autorizzativi
quando in essi il giudice faccia richiamo alle richieste del P.M. ed alle relazioni di
servizio della polizia giudiziaria, ponendo così in evidenza, per il fatto d’averle
prese in esame e fatte proprie, l'”iter” cognitivo e valutativo seguito per
giustificare l’adozione del particolare mezzo di ricerca della prova (Sez. 5, sent.
n. 24661 del 11/12/2013, dep. 2014, Adelfio ed altri, Rv. 259867);
c) la motivazione dei decreti di proroga può essere ispirata anche a criteri
di minore specificità rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione,
potendosi anche risolvere nel dare atto della constatata plausibilità delle ragioni
esposte nella richiesta del pubblico ministero (Sez. 4, sent. n. 16430 del
19/3/2015, Carattozzolo, Rv. 263401).
Ai suddetti criteri risulta essersi adeguato il Gip nell’emettere il decreto
autorizzatorio ed i successivi decreti di proroga (tutti allegati al ricorso Spinsanti)
D’altra parte, già il Giudice dell’udienza preliminare, con la citata
ordinanza 11 maggio 2004, aveva respinto la corrispondente eccezione difensiva,
rilevando che i decreti di proroga erano stati congruamente motivati, con
indicazione degli indizi di reità e con rilievo della indispensabilità di detto
strumento investigativo per la prosecuzione delle indagini.
E la Corte territoriale, nella impugnata sentenza (p. 22-23), a tali
considerazioni ha aggiunto il rilievo che la motivazione del primo decreto
autorizzativo del 20 febbraio 2002 e dei successivi decreti di proroga era «stata
sempre specifica, essendo stata data adeguata ragione della sussistenza dei
gravi indizi di reato e dei vari sviluppi investigativi (contatti di Ballarini e
Spinsanti, affiancati dal Fontana, presso il bar Bosco e presso il circolo Acli con
soggetti pregiudicati; scambi di danaro/stupefacente; conversazioni criptiche
(“striature nere”) con tale Massimo (Graus) e così via…)». La Corte territoriale
non soltanto ha escluso che nel caso di specie la motivazione era stata “per
relationem” (cioè con richiamo delle argomentazioni addotte dal PM, che a sua
volta avrebbe richiamato le richieste dell’Autorità di Pg operante); ma ha

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un’esposizione analitica di tali elementi e tanto meno l’evidenziazione di un

affermato che essey era consistita «nell’esplicita evidenziazione, da parte del
Giudice per le indagini preliminari, di specifici elementi di interesse investigativo
idonei a giustificare l’autorizzazione e le proroghe».
2.3. Quanto al rilievo (contenuto nel ricorso Spinsanti) per cui il decreto di
proroga del 13 marzo 2002 ed il decreto di proroga del 26 aprile 2002 sarebbero
intervenuti dopo la scadenza del termine indicato con i precedenti rispettivi
decreti, il ricorso è sul punto aspecifico, perché non corredato dall’allegazione dei
verbali di inizio e di cessazione delle operazioni di intercettazione telefonica che

2.4. Quanto all’asserito indebito utilizzo dei c.d. brogliacci di ascolto, la
Corte territoriale, nella impugnata sentenza (p. 23) ha ritenuto «corretta
l’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche non trascritte ritualmente (a
seguito di consulenza tecnica ex ad. 268 c.p.p.), ma riprodotte su cd.
«brogliaccio», atteso che nel giudizio abbreviato l’irritualità nell’acquisizione
dell’atto probatorio è neutralizzata dalla scelta negoziale delle parti di tipo
abdicativo, che fa assurgere a dignità di prova gli atti di indagine compiuti senza
rispetto delle forme di rito».
2.5. Infine, quanto all’assunto secondo il quale le intercettazioni non
sarebbero state ben percepite dagli investigatori preposti all’ascolto – ricordato
che, per pacifica giurisprudenza, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai
soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di
fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in
relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di
legittimità (S.U., sent. n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715) — detto
assunto è stato ritenuto non fondato dalla Corte territoriale (p.30) alla luce
dell’importante sequestro avvenuto il 17 aprile 2002, delle parziali ammissioni
effettuate dagli imputati in sede di interrogatorio, nonché della circostanza che
proprio il contesto complessivo delle telefonate, nella loro successione logica e
cronologica, davano un significato univoco all’oggetto delle conversazioni.
In definitiva, con motivazione congrua ed ineccepibile dal punto di vista
logico e giuridico, la Corte territoriale ha fatto buon governo di tutti i principi
affermati dalla giurisprudenza di legittimità, sopra richiamati.

3.Parimenti non fondati sono anche tutti i motivi concernenti
l’affermazione di penale responsabilità degli imputati per il reato associativo di
cui al capo A (motivo primo del ricorso Graus; motivi secondo e terzo dei ricorsi
Fontana-Ballarini; motivo primo del ricorso Nicoletti); e per il fatto di spaccio di
cui al capo B (motivo secondo del ricorso Graus; motivo primo dei ricorsi
Fontana-Ballarini; motivi secondo, terzo e quarto del ricorso Spinsanti).

11

solo avrebbero consentito il controllo dell’eccepito difetto di continuità temporale.

3.1. Al riguardo, giova premettere che, secondo consolidata
giurisprudenza di questa Corte regolatrice:
-per la configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico non è
richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di
notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia
pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento
del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo
alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (cfr.

– l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti sussiste anche quando sia rilevabile un vincolo durevole che
accomuna il fornitore di droga e gli spacciatori acquirenti che in via continuativa
la ricevono per immetterla nel mercato del consumo, non essendo di ostacolo
per la costituzione del vincolo associativo e la realizzazione del fine comune, la
diversità degli scopi personali e degli interessi economici perseguiti dai singoli
partecipi, sempre che si accerti la coscienza e volontà di far parte del sodalizio e
di contribuire, con la propria azione, al suo mantenimento (Sez. 2, sent. n.
10468 del 10/02/2016, Ancora ed altri, Rv. 266405; Sez. 6, sent. nn. 564 e 566
del 29/10/2015, dep. 2016, Rv. 265763 e 265764; Sez. 5, sent. n. 51400 del
26/11/2013, Abbondanza ed altri, Rv. 257991);
-l’elemento distintivo del reato associativo rispetto alla contigua
fattispecie del concorso di persone nel reato continuato (di detenzione e spaccio
di sostanze stupefacenti) va individuato nel carattere dell’accordo criminoso che
contempla la commissione di una serie non previamente determinata di delitti,
con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti che, anche al di fuori
dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati, assicurano la propria
disponibilità duratura e indefinita nel tempo al perseguimento del programma
criminoso proprio del sodalizio (Sez. 4, sent. n. 51716/ del 16/10/2013; Amodio
e altri, Rv. 257906; Sez. 5, n. 42635 del 04/10/2004, Collodo ed altri, Rv.
229906).
Dei suddetti principi risultano aver fatto corretta applicazione entrambi i
giudici di merito.
3.2. Il giudice del rito abbreviato ha ritenuto indubbia la sussistenza
dell’associazione contestata al capo A) alla luce (p. 3): «delle dichiarazioni
parzialmente confessorie rese da Fontana Andrea, Graus Massimiliano, Nicoletti
Daniele; della chiamata in correità di questi ultimi nei confronti di Ballarini
Riccardo, nonché degli importanti riscontri delle stesse desumibili dalle
risultanze delle intercettazioni telefoniche; dall’avvenuto arresto in flagranza
degli imputati Graus, Nicoletti e Ballarini con contestuale sequestro di ben 215

12

Sez. 6, sent. n. 46301 del 30/12/2013, PG in proc. Corso ed altri, Rv. 258164);

grammi di cocaina e dell’avvenuto sequestro nei confronti dell’imputato Fontana
di gr. 9,4 di hashish rinvenuti in sede di perquisizione».
Ripercorrendo le conversazioni intercettate (pp. 4-15 ), il giudice di primo
grado ha dato adeguata contezza: del fatto che fin dall’inizio dell’attività
captativa era risultata avvalorata l’ipotesi investigativa che il gruppo di
Camerano (costituito non soltanto dal Fontana e dal Ballarini, ma anche dallo
Spinsanti) fosse dedito a continuativa attività di spaccio di sostanza
stupefacente, del tipo cocaina e hashish, a favore di giovani tossicodipendenti del

ruolo «preminente» svolto dal Fontana, che si avvaleva del Ballariní (suo braccio
destro ed uomo di fiducia) nell’attività di spaccio e che manteneva in via
esclusiva i contatti con il Graus («fornitore romano del gruppo»), salvo poi
avvalersi del Ballarini per incontrare il Graus ed il Nicoletti e riceverne
materialmente la consegna dello stupefacente, così come per ogni altra
incombenza di carattere pratico (come la prenotazione dell’albergo per i due
romani e come i pagamenti al Graus); del ruolo del Ballarini, «preciso esecutore
delle direttive impartite dal Fontana» e pienamente compartecipe di ogni
determinazione concernente l’attività di spaccio, di recupero crediti e di
approvvigionamento dal fornitore romano; dei rapporti tra il Graus, il Fontana ed
il Ballarini; del fatto che, in particolare, il Fontana, dopo ogni colloquio telefonico
con il fornitore romano, informava il Ballarini e, quando trattava con il Graus
circa entità e tempi delle transazioni di droga, parlava sempre al plurale
manifestando così di agire anche nell’interesse di Ballarini; del fatto che
quest’ultimo si avvaleva dei locali del Circolo Acli di Camerano per occultare la
droga, compiere attività di spaccio, riscuotere crediti derivanti da precedenti
cessioni; del fatto che, per il gruppo di Camerano, detti locali dovevano avere la
funzione di luogo dove veniva detenuta una cassa comune e dove venuta
detenuta, consumata e spacciata la droga; della comunanza di interessi che
legava gli imputati Fontana, Ballarini e Spinsanti (desumibile dall’episodio della
cd caccia al tesoro, descritto alle pp. 7 ed 8); del ruolo del Graus e del fatto che
lo stesso doveva essere ritenuto (non già mero fornitore esterno del gruppo di
Camerano, ma) partecipe all’associazione (come si desumeva dalla circostanza
che egli era solito consegnare lo stupefacente al Fontana in conto vendita con
pagamento differito di circa un mese); del ruolo di Daniele Nicoletti, che, romano
come il Graus, accompagnava quest’ultimo per le consegne dello stupefacente al
duo Fontana-Ballarini (soggetti che conosceva come dichiarato da Graus ed
ammesso dallo stesso interessato) e forniva un “fondamentale” apporto
concorsuale, in quanto, oltre a mettere a disposizione la propria autovettura e sé
stesso come autista per effettuare i trasporti, supportava il Graus nell’attività di

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luogo (anche con maturazione di rilevanti debiti per pregresse forniture); del

detenzione e di occultamento dello stupefacente, ricevendo in cambio della sua
compartecipazione criminosa un utile (che andava sicuramente oltre la mera
riconoscenza o il mero rimborso spese).
Il Giudice di primo grado, facendo buon governo dei criteri discretivi tra
reato associativo e concorso di persone, si è soffermato sull’affectio societatis tra
gli imputati, desumendola in particolare da (p.8): a) alcune conversazioni in cui il
Fontana manifesta al Graus la sua preoccupazione perché l’hashish
precedentemente fornitogli dal secondo gli era stato contestato da due clienti,

ventilando anche il rischio di doverglielo rendere; ed il Graus condivide con il
Fontana tale timore, gli chiede ripetutamente se almeno uno dei due acquirenti
aveva trovato lo stupefacente di suo gradimento e manifesta deciso sollievo
quando il Fontana gli riferisce che l’affare con i due era comunque andato in
porto; b) dalle conversazioni nelle quali il Fontana consiglia al Graus per il futuro
di farsi accompagnare, all’atto dell’acquisto presso i suoi grossisti, da un amico
che capisca di stupefacenti e che ne assaggi e comunque di farsi dare un
campione che egli possa far provare ai suoi acquirenti per non correre
nell’interesse comune altri rischi come quello appena scongiurato; c) dalle
conversazioni nelle quali il Fontana, proprio nell’ottica della condivisione di un
comune programma criminoso, rappresenta al Graus la possibilità di ampliare la
sfera degli affari anche ad altre tipologie di stupefacenti (oltre all’hashish ed alla
cocaina), invitando l’amico ad interessarsi anche per l’approvvigionamento di
extasy; e, quando Graus gli comunica che il suo abituale fornitore non tratta più
pasticche, lo incoraggia a cercare altre persone; ed ha sottolineato (p.14) che,
«al di là dei singoli episodi accertati», era risultato costante il riferimento nelle
conversazioni intercettate a pregresse transazioni di droga «denotanti continuità,
stabilità e rilevanza del rapporto associativo», indicandone le conversazioni poste
a fondamento di detta affermazione.
E, fermo restando che la sussistenza del reato associativo prescinde dalla
sussistenza dei reati fine, il Giudice dell’abbreviato ha osservato (pp. 11-13) che
dal contenuto delle conversazioni intercettate (protrattesi, si ricordi, dal mese di
febbraio al mese di maggio 2002) erano anche emerse almeno 3 transazioni di
droga (una, avvenuta nella notte del 7 marzo 2002, relativa a 5 chili di hashish;
una seconda, avvenuta nella giornata del 15 marzo 2002, relativa a 50 grammi
di cocaina; ed una terza, avvenuta il 17 aprile 2002, relativa a 215 grammi di
cocaina), che davano contezza della rilevante consistenza dei singoli
approvvigionamenti e della importante attività di spaccio al minuto
conseguentemente alimentata. Dette transazioni – che sono intercorse tra il duo
Graus/Nicoletti ed il duo Fontana/Ballerini e che sono state analiticamente

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che avevano preso un chilo ciascuno e che lo avevano reputato di cattiva qualità,

ripercorse in sentenza – erano state tutte ricostruite esattamente sulla base delle
intercettazioni telefoniche. La terza transazione era stata anche confermata
dall’avvenuto arresto in flagranza di Graus, Nicoletti e Ballarini, mentre le altre
due erano state parzialmente ammesse dagli imputati Graus, Nicoletti e Fontana
in sede di rispettivi interrogatori.
In definitiva, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, il Giudice
dell’abbreviato ha ritenuto la sussistenza nella specie di tutti gli elementi
costitutivi della contestata associazione: l’accordo sceleris fra quattro soggetti; la

ognuno dei 4 associati aveva un ruolo specifico con creazione di una efficiente
rete distributiva e di un canale di approvvigionamento stabile e veloce; l’impiego
nell’attività illecita di mezzi finanziari di una certa rilevanza avuto riguardo alla
consistenza delle partite di droga trattate ed infine la continuità e la sistematicità
dell’attività di spaccio, peraltro concernente diverse tipologie di stupefacente.
E, non essendo risultato provato che l’imputato Spinsanti fosse
consapevole di partecipare e contribuire con la propria condotta all’associazione
di cui al capo A, ha assolto lo stesso da detta imputazione, non senza dar atto
(p.10, nonché pp. 16-18) che dalla espletata attività investigativa lo Spinsanti
risultava aver svolto «una stabile e continuativa attività di detenzione e spaccio
di sostanze stupefacenti prevalentemente del tipo cocaina, talvolta
autonomamente rispetto alla coppia Fontana-Ballarini, talvolta invece in
collaborazione con questi, di cui si avvale per l’offerta di stupefacenti, per il
recupero di crediti e per lo scambio degli acquirenti» e non senza dar atto che
egli «verosimilmente, pur agendo anche autonomamente e valendosi di propri
fornitori, spaccia anche parte della droga consegnata agli amici Fontana e
Ballarini dalla coppia Graus-Nicoletti»
3.3. D’altra parte, la Corte di appello di Ancona, nel disattendere le
doglianze difensive:
– ha rilevato che il giudice di primo grado aveva «puntualizzato come
dall’esame delle intercettazioni, sulla cui base si è fondato lo scrutinio di
colpevolezza, fosse emersa in termini eloquenti, avuto riguardo al tenore, alla
frequenza, al contesto ed agli interlocutori, la stabilità e la permanenza di
un’organizzazione, ruotante intorno al Fontana ed al Graus, dedita al traffico di
stupefacenti, anche per partite di una certa rilevanza (come dimostra il
sequestro di oltre due etti di cocaina in occasione dell’arresto 17.04.2002 e la
transazione di 5 kg. di hashish la notte del 7.03.2002); avvalendosi costoro del
consapevole supporto, rispettivamente, dei sodali Ballarini e Nicoletti»;
– ha ritenuto provate, sulla base del complesso degli esiti delle
conversazioni telefoniche captate, l’esistenza di una struttura associativa

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predisposizione di una struttura operativa stabile, sia pure rudimentale, in cui

autonoma rispetto alle tre ricostruite transazioni (p. 25 «Vi è la prova che era
stato stretto un patto in forza del quale ben quattro degli odierni imputati
portavano il loro contributo nel traffico di droga da Roma a Camerano, nella
consapevolezza che le attività proprie ed altrui ricevevano vicendevole ausilio e,
tutte insieme, contribuivano all’attuazione del programma criminoso, con
modalità operative che rispondevano ad una metodologia collaudata nella
commissione dei delitti-scopo»);
– ha evidenziato che la continuativa attività di spaccio di cocaina e di

anche negli stessi contatti telefonici tra Fontana, Ballerini e Spinsanti; e che, in
sintesi, Fontana e Graus alimentavano (con il contributo di Ballarini e Nicoletti) il
traffico sistematico e continuativo, da Roma a Camerano, di cocaina e di hashish,
destinata ad essere piazzata sul mercato della località anconetana;
– si è soffermato sulla posizione del Nicoletti, evidenziando che: a) lo
stesso aveva fornito un sostegno stabile alle trasferte di Graus, mettendo a
disposizione la sua autovettura (in almeno due dei tre episodi di traffico di
stupefacenti accertati nelle indagini), che la sera dell’arresto del 17 aprile 2002
risultava predisposta a fungere da supporto all’attività criminosa, essendo stata
rinvenuta la cocaina all’interno del pannello posteriore sinistro dell’autovettura
(circostanza questa ritenuta indicativa di un collegamento stabile della vettura
con l’attività criminosa); b) a confermare la piena consapevolezza dell’imputato
di partecipare e contribuire attivamente alla vita dell’associazione, nella quale
fanno volontariamente convergere i loro contributi, come parte di un tutto, alla
realizzazione del programma comune ed autonomo rispetto alle vicende storiche
di ogni singolo episodio delittuoso sta il passo della conversazione tra Fontana e
Graus nel corso della quale quest’ultimo pretende dal Fontana un certo albergo e
poi aggiunge “quello per forza, pure Daniele vuole quello là”.
3.4. In definitiva – richiamato l’orizzonte proprio del presente scrutinio di
legittimità e rilevato che la motivazione delle due sentenze di merito,
concordando nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a
fondamento delle rispettive decisioni, valgono a saldarsi in un unico complesso
corpo argomentativo (cfr. Sez. 1, sent. n. 8868 del 26/6/2000, Sangiorgi, Rv.
216906) – i giudici di merito hanno sviluppato un conferente percorso
argomentativo, relativo all’apprezzamento del compendio probatorio dei reati di
cui ai capi A) e B), che risulta immune da censure rilevabili da questa Corte
regolatrice.
In particolare, sul presupposto della ravvisabilità di un sodalizio criminale
dedito al narcotraffico in presenza di un vincolo durevolft,che accomuni il fornitore
di droga e gli spacciatori acquirenti che in via continuativa la ricevano per

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hashish a favore di tossicodipendenti del territorio di Camerano era registrabile

immetterla nel mercato del consumo, entrambi i giudici di merito hanno
correttamente inquadrato i rapporti instauratisi tra il duo Graus-Nicoletti,
fornitori romani, ed il duo Fontana-Ballarini, acquirenti spacciatori in quel di
Camarano, nell’alveo del vincolo associativo stabile, proprio di un sodalizio dedito
al narcotraffico, in quanto la precisa distinzione dei ruoli e la presenza di regole
definite in partenza (e, quindi, programmatiche) segnava la consapevolezza di
tutti di operare all’interno di una organizzazione stabile e strutturata.
I ricorrenti hanno invocato, in realtà, una riconsiderazione alternativa del

hanno tratto dagli accertati elementi di fatto, ai fini della affermazione della loro
penale responsabilità, ma, come è noto, detta riconsiderazione è inammissibile
nella presente sede.
3.5. Congrua è stata la motivazione dei giudici di merito anche laddove:
a) hanno escluso la ricorrenza nel caso di specie dell’ipotesi attenuata di cui
all’art. 74 comma 6, in considerazione del fatto che detta ipotesi attenuata
richiede che l’associazione sia costituita per commettere i reati previsti dall’art.
73 comma 5, mentre nel caso di specie era risultata la potenzialità
dell’organizzazione di procurarsi anche rilevanti quantitativi di droga, quali sono i
5 chili di hashish e i 215 grammi di cocaina accertati, destinati a soddisfare
esigenze di consumo di più tossicodipendenti apprezzabilmente protratte nel
tempo (cfr. sentenza di primo grado, pp. 15-16; sentenza impugnata, p. 34); b)
hanno escluso la riconducibilità del fatto di cui al capo B) all’ipotesi attenuata di
cui all’art. 73 comma 5, in considerazione del dato quantitativo, nonché della
potenzialità offensiva, per nulla minima, dell’attività di spaccio posta in essere
dagli imputati.

4. Infine, infondati sono i motivi concernenti il trattamento sanzionatorio
(motivo quarto ricorso Graus; motivo secondo ricorso Nicoletti; motivo quarto
ricorsi Fontana-Ballarini)
Come noto, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione
delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per
quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su
detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Sez. 6, sent. n. 36382 del 4/7/2003, Dell’Anna, Rv.
227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Sez. 6, sent. n.
9120 del 2/7/1998 n. 9120, Urrata, Rv. 211583), ma afferma anche che le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c. p., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o

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compendio probatorio, proprio con riguardo alle inferenze che i giudici di merito

ragionamento illogico (Sez. 3, sent. n. 26908 del 22/4/2004, Ronzoni, Rv.
229298).
Si tratta di evenienza che non sussiste nel caso di specie.
Invero, il Giudice dell’abbreviato: ha concesso a tutti gli imputati le
attenuanti generiche tenuto conto del loro stato di incensuratezza, del
sostanziale leale comportamento processuale e dell’esigenza di adeguare la pena
al caso concreto; ha ritenuto, quanto a Spinsanti Francesco (condannato per il
solo reato di cui al capo B), le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate

imputati Fontana, Ballarini, Graus e Nicoletti; ha correttamente individuato per
questi ultimi come reato più grave il reato associativo ed ha calibrato per
ciascuno di detti 4 imputati la pena in relazione al diverso ruolo da ciascuno
svolto (dunque in misura superiore al minimo edittale per gli imputati Fontana e
Graus, stante il ruolo preminente dagli stessi svolto; in misura meno elevata, ma
superiore al minimo edittale nei confronti del Ballarini, “braccio destro” del
Fontana; in misura pari al minimo edittale per Nicoletti stante la sua posizione
più defilata).
E la Corte di appello ha riconosciuto la congruità del trattamento
sanzionatorio, «con pene calibrate in modo del tutto proporzionato all’apporto in
concreto fornito da ogni partecipe dell’operativià dell’associazione per
delinquere»

5. Dal rigetto dei ricorsi consegue per legge la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23/06/

aggravanti; ha ritenuto il vincolo della continuazione tra i fatti contestati agli

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