Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29623 del 10/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29623 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE LIBERO EMMANUELE nato il 07/01/1960 a SAN LORENZO MAGGIORE

avverso l’ordinanza del 29/02/2016 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere CARLO CITTERIO;
/sentite le conclusioni del PG MARIA FRANCESCA LOY

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Data Udienza: 10/06/2016

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RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli con ordinanza del 29.2-14.3.2016 ha confermato la
misura degli arresti domiciliari emessa dal GIP del Tribunale di Benevento nei
confronti di DE LIBERO EMMANUELE e COLANGELO PELLEGRINO per concorso nel
reato di concussione (art. 317 cod. pen.) in danno di Umberto Conti, imprenditore

impresa individuale, nella loro rispettiva qualità di sindaco e dirigente dell’ufficio
tecnico del comune di San Lorenzo Maggiore (BN), per vicenda relativa a un lavoro
in sub-appalto dell’importo di circa un milione di euro, il 10% del quale era stato
richiesto nell’interesse dei sottoposti alle indagini.

2. Avverso tale provvedimento ricorre EMMANUELE DE LIBERO, enunciando
tre motivi di violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento a:
-1. artt. 192, commi 3 e 4, 267 e 273 cod. proc. pen., 317 e 319-quater cod.
pen.; inutilizzabilità ex art. 63 cod. proc. pen. di tutti i verbali di denuncia/s.i.t. di
Umberto Conti; inutilizzabilità ex art. 271 cod. proc. pen. delle intercettazioni
ambientali dal 25 al 28 maggio 2015; travisamento della prova.
Il ricorrente implicitamente riconosce trattarsi di punti non devoluti e trattati
davanti al Riesame, ma deduce l’ammissibilità della loro introduzione nel giudizio di
legittimità, afferendo le censure all’utilizzabilità degli atti, rilevabile anche d’ufficio
in ogni stato e grado del procedimento.
Le dichiarazioni di Conti alla polizia giudiziaria fin dall’inizio (7 maggio 2015)
avrebbero avuto carattere autoindiziante, la sua narrazione attestando contesto
riconducibile all’art. 319-quater cod. pen., avendo egli acceduto con immediatezza
alla prospettiva di ottenere un lucroso sub-appalto in maniera all’evidenza illegale,
in assenza di alcuna minaccia nei suoi confronti e il rapporto di Conti dovendo
essere con l’imprenditore che avrebbe vinto l’appalto, non indicato come
concorrente; i motivi dell’accettazione sarebbero irrilevanti, in ipotesi le stesse
difficoltà della propria impresa costituendo movente. Erronea pertanto sarebbe
l’avvenuta qualificazione della fattispecie ai sensi dell’art. 317 cod. pen..
L’ordinanza impugnata darebbe sostanzialmente atto che la registrazione delle
conversazioni ambientali tra Conti e DE LIBERO sarebbero intervenute su incarico
della polizia giudiziaria o con materiale da questa fornito: comunque il dato si
evincerebbe dal contenuto della prima denuncia del 7 maggio, della notizia di reato

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nel settore della edilizia stradale con la ditta intestata alla moglie, titolare di

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del 9 maggio con richiesta di intercettazioni audio-video, della denuncia del 13
maggio, dell’ulteriore richiesta di intercettazione del giorno 14, della denuncia del
29 maggio con consegna delle conversazioni non intercettate: da qui in particolare
l’inutilizzabilità delle due conversazioni del 25 maggio con il sindaco DE LIBERO e
del 28 maggio con l’arch. COLANGELO.
In ogni caso, sarebbe mancata risposta a quanto dedotto “oralmente” e nella
memoria 27.02.2016, sull’inattendibilità di Conti, soggetto di alto profilo

affermato dal ricorrente e rispetto al quale, nella versione difensiva, la consegna di
denaro da Conti a DE LIBERO video ripresa sarebbe stata solo parziale restituzione;
sulle contraddizioni intrinseche quanto a tempi della procedura amministrativa,
idoneità della ditta della moglie a partecipare, inesistenza elenco ditte invitate,
momento della dazione della prima parte della somma pretesa dal sindaco rispetto
ai tempi della procedura, prova dell’effettiva dazione iniziale, incoerenza tra le
somme indicate in denuncia e quelle di cui Conti parla nel colloquio del 25 maggio e
quelle eventualmente proporzionate all’effettivo sub-appalto ottenuto;
sull’irrilevanza degli argomenti di contorno indicati dal Tribunale a sostegno della
tesi accusatoria; sulla “forzatura” dell’interpretazione delle conversazioni ambientali
e telefoniche (p. 19-21 ric.); sulla svalutazione delle dichiarazioni di brio
(imprenditore titolare della ditta aggiudicatrice dell’appalto, che aveva escluso ogni
interferenza del sindaco e spiegato con ragioni tecniche il sub-appalto con la ditta
della moglie di Conti);
-2.

art. 274 cod. proc. pen., perché le esigenze relative alla lettera C)

sarebbero state motivate con mere clausole di stile, le stringenti indagini nulla
avendo accertato dopo la consegna del denaro nel luglio 2015;
-3. art. 275 in ordine alla mancata applicazione di misura meno grave, quale il
divieto di dimora nel comune dove sono svolte le funzioni di sindaco, sul punto
essendo mancata alcuna motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è, nei termini che si diranno, infondato e deve pertanto essere
rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1500 in favore della Cassa delle ammende.

2. Le due censure in rito del primo motivo sono inammissibili perché fondate
su presupposti in fatto che l’odierno ricorrente non ha sottoposto tempestivamente
al competente Giudice del merito cautelare. Se infatti è vero che una questione di

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delinquenziale e quindi in grado di intimorire il sindaco per ottenere quel prestito

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diritto pertinente al caso può essere proposta per la prima volta con il ricorso per
cassazione, tuttavia ciò è possibile solo quando non sia discusso il presupposto di
fatto (anche processuale) sul quale la questione si fonda. Così non è nella
fattispecie.
Quanto all’inutilizzabilità ex art. 63 cod. proc. pen. non risulta, dalla memoria
che il precedente difensore ha presentato al Tribunale del riesame o dal testo
dell’ordinanza impugnata, che il tema della qualità del Conti (soggetto da indagare
o teste) sia stato prospettato al Giudice del merito cautelare con un’analitica

successione temporale, per sollecitare una puntuale e specifica risposta del
Tribunale sul punto, sì da permettere poi alla parte, e quindi alla Corte, di valutare
il percorso logico-giuridico dell’argomentazione di risposta, ai sensi delle lettere C
ed E dell’art. 606, comma 1, cod. proc. pen.. Sotto questo profilo, il motivo
afferente l’applicabilità dell’art. 63 cod. proc. pen. è, allo stato, diverso da quelli
consentiti prima ancora che non specifico: quando infatti un’eccezione in rito
presuppone una determinata ricostruzione del fatto, con tutti gli apprezzamenti di
merito pertinenti (la cui motivazione è poi sindacabile), non è possibile prospettare
direttamente al Giudice di legittimità il materiale probatorio ‘grezzo’, ancorché
effettivamente in atti, quando non assolutamente ed intrinsecamente univoco. Nel
nostro caso, oltretutto, lo stesso ricorso si limita ad estrapolare singole frasi,
ignorando ad esempio (e comunque non argomentando la successione temporale e
contenutistica) le parti in cui le due ordinanze danno conto anche di un
avvertimento che indicava l’impossibilità di svolgere alcun lavoro in zona nel caso di
sottrazione alla richiesta di tangente.
In definitiva, sul punto: la memoria poneva il tema della qualificazione
giuridica (317 o

319-quater cod. pen.), ma senza un analitico esame delle

dichiarazioni di Conti anche nella loro evoluzione, e senza confronto espresso con i
punti valorizzati nell’ordinanza genetica per sostenere la costrizione assoluta (p. 18
mem., invero del tutto generica sul punto). Il Tribunale ha risposto, in termini
specifici rispetto alle deduzioni sole prospettategli, ribadendo la qualificazione ai
sensi dell’art. 317 cod. pen. e spiegando che alla luce delle diverse dichiarazioni
emergeva una posizione di vittima (p.5), pur anch’esso non provvedendo ad una
valutazione analitica delle dichiarazioni (del resto, appunto, non sollecitatagli). Il
ricorso pretenderebbe di operare adesso l’approfondimento in fatto – che pur
appare nel prosieguo del procedimento certamente necessario in relazione alle
peculiarità del caso – davanti alla Corte il che, come già ricordato, certamente è
estraneo alla cognizione del Giudice di legittimità.

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deduzione che si confrontasse con tutte le sue dichiarazioni e con la loro

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Anche l’eccezione di inutilizzabilità ex art. 271 cod. proc. pen. è, con rilievo
assorbente, del tutto generica. Attribuisce all’ordinanza genetica un’implicita
ricostruzione delle prime registrazioni di Conti quali sollecitazioni organizzate della
polizia giudiziaria: ma il GIP riferiva invece di iniziativa autonoma e di propria
iniziativa (p.4). Evidente allora, anche sotto questo aspetto, che l’odierno ricorrente
avrebbe dovuto sottoporre a serrata e specifica critica l’affermazione del GIP, per
poi fondare sulla diversa ricostruzione solo assertivamente proposta con il ricorso la
propria eccezione.

termini già nella prospettazione del tutto fumosi), sono irrilevanti in questa sede,
atteso il principio di diritto già affermato, secondo cui la denunzia dell’omessa,
inadeguata o contraddittoria valutazione, nell’ordinanza di rigetto della richiesta di
riesame cautelare, di elementi di prova presenti in atti è compatibile con il ricorso
per cassazione solo quando sulla rilevanza e sull’apprezzamento del singolo dato
e/o del complesso probatorio vi sia stata una specifica deduzione per iscritto dinanzi
al tribunale del riesame, non potendosi tali rilievi proporsi per la prima volta dinanzi
alla Suprema Corte (per tutte, Sez.6 sent. 22333 del 06/06/2012).
Le deduzioni di travisamento della prova in realtà si risolvono in censure in
fatto che meritano un approfondimento nella fase di merito, a fronte di una
motivazione pur sintetica del Tribunale sui vari punti (attendibilità di Conti, dazione
videoregistrata di somma, apprezzamento del contenuto delle conversazioni
intercettate, entità del richiesto in relazione all’evoluzione del rapporto di appalto e
subappalto), esulando dalla limitata cognizione della Corte.

3. Il secondo motivo è infondato, essendovi motivazione specifica e le censure
sostanzialmente risolvendosi in sollecitazione a preclusa rivalutazione di merito del
punto (p. 5).
E’ infondato anche il terzo motivo: il termine “quindi”, utilizzato nell’ordinanza
impugnata, collega l’apprezzamento pertinente l’idoneità della misura applicata (gli
arresti domiciliari) a quanto prima approfondito sulle esigenze cautelari e la
tipologia di condotte (avendo i Giudici del merito dato conto che proprio dalle
dichiarazioni di Conti emergeva un contesto nel quale l’attività svolta, per esempio
dal coindagato Colangelo, nell’interesse istituzionale di altri comuni veniva
strumentalizzata per agevolare l’individuazione discrezionale (concordata) di
interlocutori dei comune di cui DE LIBERO era sindaco. E qui il punto è non quello
della mancanza di una specifica pertinente ulteriore imputazione, bensì quello
dell’apprezzamento del complessivo contesto per desumere l’insufficienza cautelare

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Da ultimo le eventuali deduzioni orali, che il ricorso pare evocare (ancorché in

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di meno invasive restrizioni: si tratta di un apprezzamento di stretto merito
formulato in termini anche impliciti, ma sussistenti.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 18.6.2016

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