Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29621 del 04/06/2015


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 29621 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SE 1•1

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sul ricorso proposto da:
GIUBBINI WALTER N. IL 13/03/1953
avverso la sentenza n. 508/2006 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
11/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;

Data Udienza: 04/06/2015

44758/14
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’imputato GIUBBINI Walter ricorre personalmente contro l’indicata sentenza della Corte
d’Appello di Perugia che, in parziale riforma di quella emessa dal locale Tribunale in data
14.7.2009, appellata dallo stesso imputato, ha assolto l’imputato in relazione alla condotta
tenuta nei confronti dell’assistente Valerio Mascia perché il fatto non sussiste e per l’effetto ha
escluso la continuazione riducendo la pena inflitta, confermando nel resto la sentenza in ordine
al reato di cui all’art. 336 c.p. ai danni di altri agenti penitenziari.
Il ricorrente deduce:
– Violazione dell’art. 521 c.p.p. in relazione alla dilatazione dell’atto di ufficio impedito
rispetto a quello ipotizzato nell’accusa.
– Insussistenza del fatto stante la discordanza tra il certo dato documentale sul giorno in
cui il detenuto Mariano aveva chiesto di telefonare e le deposizioni dei testi. Inoltre,
inverosimile sarebbe la versione per la quale il ricorrente avrebbe tenuto in scacco
l’istituto penitenziario per un pomeriggio.
– Mancata concessione delle attenuanti generiche ed eccessività della pena.
– Con ulteriore atto personale deduce la nullità della sentenza di secondo grado per
violazione del diritto di difesa essendo stato notificato il decreto di citazione al difensore
di fiducia che sin dal 2010 aveva rinunciato al mandato. In ogni caso, deduce la
prescrizione del reato.
I primi motivi di ricorso si rivelano inammissibili.
Inammissibile è il primo motivo rispetto alla del tutto corretta risposta data dalla Corte sulla
medesima doglianza in appello rispetto alla assorbente attività di ufficio impedita costituita
dall’ingresso nella cella degli agenti. Il secondo motivo è mera riproposizione in fatto di
doglianza già mossa in appello e già rigettata sulla base delle precedenti considerazioni circa
l’impedimento opposto alla attività di ufficio. Il terzo è generico ed in fatto.
Fondato è il motivo di nullità della sentenza di appello per violazione del diritto di difesa
risultando senza seguito alcuno la rinuncia al mandato difensivo della titolare della difesa di
fiducia depositata il 5.7.2010 alla Corte di appello ed anche la richiesta dell’imputato di
nominare difensore di ufficio pervenuta alla stessa Corte il 5.2.2014, essendosi celebrato il
giudizio di appello indicando – sin dal decreto di citazione in appello – quale difensore l’avv.
Modena già rinunciataria.
Deve, però, rilevarsi la intervenuta prescrizione del reato alla data del 23.10.2014.
La sentenza deve, quindi, essere annullata senza rinvio essendo il reato estinto per
prescrizione.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Roma, 4.6.2015

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