Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29618 del 03/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29618 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Balestrazzi Giordano, nato a Castel Bolognese il 11/07/1942

avverso la sentenza del 13/02/2015 della Corte di appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio ai fini della
valutazione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen.;
udito il difensore, avv. Giovanni Bonaccio in sostituzione dell’avv. Aldo Valentini,
che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha confermato
la sentenza emessa il 16 aprile 2013 dal Tribunale di Ravenna, sezione
distaccata di Faenza, nei confronti di Balestrazzi Giordano, ritenuto colpevole del

A

Data Udienza: 03/06/2016

reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e condannato alla pena di mesi
quattro di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
I giudici di merito hanno ritenuto provata la responsabilità dell’imputato in
base alla testimonianza dell’agente Barzagli, in servizio di fronte ad una scuola
elementare, dove era giunto l’imputato, che, dopo essersi arrestato al segnale
dell’agente, aveva iniziato una lenta manovra di avanzamento, disattendendo
l’ordine impartito; invitato a fornire i documenti per la redazione del verbale di
contravvenzione, aveva minacciato l’agente ed ostacolato la sua attività,

mi ridia indietro la patente perché lei finisce male”.

2. Avverso la sentenza propone ricorso il difensore dell’imputato, che ne
chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1 inosservanza dell’art. 192 cod. proc. pen. e carenza di motivazione: la
Corte ha fondato il giudizio di responsabilità dell’imputato sulla sola deposizione
del Barzagli, ritenuta attendibile senza un vaglio approfondito della credibilità del
teste e trascurando le numerose criticità del racconto, evidenziate nei motivi di
appello; in particolare, la Corte non ha spiegato come possa ritenersi coerente il
racconto di chi, dopo aver definito l’episodio come

empasse dovuta ad una

incomprensione, risoltasi in tranquillità senza alcun pericolo per gli alunni, solo a
seguito delle contestazioni del P.m. ha affermato che il comportamento
dell’imputato era quello di ostacolarlo nell’esercizio delle sue funzioni, nonostante
l’ammissione di aver ottenuto i documenti e di essere riuscito ad elevare la
contravvenzione. Ha segnalato la confusione del teste nel riferire le frasi
pronunciate dall’imputato e l’ammissione di non essersi sentito intimorito,
essendosi trattato, come riferito inizialmente, di una incomprensione sfociata in
alterco verbale;
2.2 travisamento delle risultanze istruttorie ed inosservanza o erronea
applicazione dell’art. 337 cod. pen: la valutazione della Corte è fondata su una
lettura incompleta, parziale e frazionata della testimonianza del Barzagli, in
quanto le parole pronunciate dall’imputato esprimevano solo una critica
dell’operato del Barzagli, in ordine alle modalità della segnalazione eseguita dallo
stesso e all’illegittimità della violazione contestata, come riconosciuto dalla
stessa persona offesa, piuttosto che denotare la volontà di opporsi e di
ostacolare un atto dell’ufficio dell’agente, comunque compiuto;
2.3 violazione dell’art. 131-bis cod. pen.: la norma, entrata in vigore
successivamente al deposito della sentenza impugnata, può applicarsi nella
fattispecie stante la minima offensività della condotta, l’integrale risarcimento del
danno, l’incensuratezza dell’imputato, gravato da un isolato precedente per una

2

dicendogli “lei questo lo fa per ripicca, perché le ho detto che è incompetente, e

contravvenzione del 2006, coperta da indulto, la sporadicità del fatto e la
prognosi favorevole formulata dai giudici di merito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il primo e secondo motivo di ricorso sono inammissibili, perché

manifestamente infondati, a differenza del terzo motivo, che può trovare
accoglimento.

lettura alternativa del fatto e delle risultanze istruttorie, ritenuta preferibile e più
aderente al contesto fattuale, inammissibile in questa sede, deputata solo al
controllo del percorso motivazionale adottato dai giudici di merito e non ad una
rilettura degli atti processuali e delle prove.
Nel caso di specie i giudici di merito hanno giustificato la decisione con
argomentazioni logiche, respingendo la tesi difensiva della contraddittorietà del
racconto della persona offesa, che, pur a fronte delle contestazioni, ha sempre
confermato la narrazione dell’episodio in modo coerente e dettagliato.
In particolare, hanno respinto la lettura alternativa e riduttiva, proposta
dalla difesa, che riconduce l’episodio ad una incomprensione dovuta ad una non
corretta segnalazione del Barzagli, equivocata dall’imputato, che in buona fede
aveva ritenuto di poter riprendere la marcia, ritenendo che le espressioni
offensive e minacciose utilizzate dall’imputato integrano il reato, a nulla
rilevando che la attività del pubblico agente non fosse stata di fatto ostacolata o
impedita né che il pubblico agente non si fosse sentito intimorito dalla reazione
impetuosa dell’imputato.
I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi affermati da
questa Corte, secondo i quali perché sia integrato il delitto di cui all’art. 337 cod.
pen. non è necessario che sia impedita, in concreto, la libertà di azione del
pubblico ufficiale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi
al compimento di un atto di ufficio o di servizio, indipendentemente dall’esito
positivo o negativo di tale azione e dall’effettivo verificarsi di un ostacolo al
compimento degli atti predetti (Sez. 6, n.46743 del 06/11/2013, Rv. 257512).

2. Fondato è il terzo motivo.
Nella sentenza n. 13682 del 25.02.2016 le Sezioni Unite hanno stabilito che
l’art. 131- bis cod. pen. si applica ad ogni fattispecie criminosa, nella sussistenza
dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla medesima norma, e hanno
ricondotto l’innovazione di diritto penale sostanziale, che disciplina l’esclusione
della punibilità, alla nozione di disciplina più favorevole che sopravviene e deve

3

°-19

Il ricorrente censura la decisione della Corte di appello, proponendo una

trovare applicazione retroattiva, secondo le regole sostanziali poste dall’art. 2,
comma 4, cod. pen. e secondo le modalità applicative proprie delle regole
processuali poste dall’art. 609, comma 2, cod. proc. pen.: quindi, sia a seguito di
deduzione e richiesta specifica, pure tardiva, nel giudizio di legittimità, sia con
rilievo d’ufficio e ciò, anche nel caso di ricorso originariamente inammissibile in
relazione ai motivi concretamente enunciati con l’atto di impugnazione.
In particolare, le Sezioni Unite hanno ritenuto applicabile l’istituto nel
giudizio di legittimità anche quando la sentenza impugnata sia anteriore alla

da parte della Corte di cassazione nel caso in cui la valutazione sulla particolare
tenuità del fatto sia ricavabile dalla motivazione, trattandosi di valutazione della
condotta, delle conseguenze del reato e del grado di colpevolezza, rimessa al
giudizio di merito e non al giudice di legittimità, che si limita ad applicare la
legge, esercitando i poteri attribuitile in via ordinaria dagli artt. 620, comma 1,
lett. a), e 129 cod. proc. pen.: pertanto, la Corte di cassazione non valuta con
proprio apprezzamento se quei presupposti sussistono, ma prende atto della loro
presenza o della loro esclusione alla luce della motivazione del giudice del
merito.
Nel caso in esame non risultano espressamente apprezzati come esistenti
tutti i presupposti oggettivi e soggettivi essenziali per l’applicabilità della causa di
non punibilità invocata né può ritenersi, comunque, operata dai giudici di merito
una valutazione della tenuità del fatto, desumendola implicitamente dal mite
trattamento sanzionatorio e dai benefici concessi all’imputato, in quanto
rispondenti a criteri diversi da quelli che attengono alla minima offensività del
fatto.
Trattandosi di valutazione complessa preclusa a questa Corte e rimessa ai
giudici di merito, la sentenza impugnata va annullata con rinvio limitatamente a
detto punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata sul punto relativo alla configurabilità della
causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. e rinvia per nuovo giudizio ad
altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 03/06/2016.

novella legislativa, come nella fattispecie, prevedendone la diretta applicazione

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